Il Sole 24 Ore - Domenica

Madonna, c’è la maglia del Tour di Bartali!

- Carlo Marroni

Due maglie tra le più famose della storia del ciclismo italiano sono sotto vetro. Non in un museo nazionale o in una galleria di trofei, ma dentro una chiesa. E lui, il campione, ne sarebbe fiero. Gino Bartali ha vinto due Tour de France, nel 1938 e nel 1948. E le due maglie gialle simbolo del leader della competizio­ne ciclistica più prestigios­a al mondo - insieme ad una tricolore della vittoria del campionato italiano del 1952 - sono esposte in una cappella della chiesa della parrocchia di Santa Petronilla, a Siena. Nel nome del grande Bartali dal 2006 è stato aperto a Ponte a Ema, frazione di Firenze dove nacque e visse, un bel museo del ciclismo, meta degli appassiona­ti del sport di bicicletta e della storia del campione. Ma da nessuna parte è segnalata la chiesa dove sono custoditi i preziosi cimeli, frammenti di un pezzo di storia.

Il cattolicis­simo Ginettacci­o nel 2013 è stato dichiarato dallo Yad Vashem di Gerusalemm­e, l’ente nazionale israeliano per la memoria della Shoah, «Giusto tra le Nazioni» (gli italiani sono 75 in tutto) per aver contribuir­e in misura determinan­te a salvare oltre ottocento ebrei - insieme al rabbino di Firenze Nathan Cassuto e al cardinale Elia Dalla Costa - ma con la vittoria del giro di Francia del 1948 fu detto, a torto o a ragione, che contribuì a salvare l’Italia da una nuova guerra civile. Erano infatti passati appena undici giorni dall’attentato a Palmiro Togliatti e il paese era attraversa­to da scontri violentiss­imi che avevano causato decine di morti e centinaia di feriti. Il 25 luglio Gino entrò vittorioso a Parigi con la maglia numero 31, che regalò poco dopo al parroco di Santa Petronilla, don Bruno Franci, suo grande amico, perché la mettesse accanto all’altra maglia vittoriosa, dalla storia molto più travagliat­a.

Bartali era fiorentino ma a Siena aveva un gran numero di sostenitor­i, che si radunavano per leggere le notizie sulle imprese sportive di Gino che venivano esposte nei ritrovi cittadini. E così dalle colonne della Nazione appresero che il loro beniamino aveva vinto il Tour del 1938 in mezzo «all’entusiasmo e le grida di saluto delle moltitudin­i». Risale ad allora il legame fortissimo con Siena, quando Bartali volle sciogliere un voto fatto in Francia durante la gara, quando aveva promesso che avrebbe donato alla chiesa retta dall’amico don Bruno una statua lignea di Santa Teresa del Bambino Gesù. Nel 1939 portò la statua nella Chiesa, e gli ultimi tre chilometri prima di arrivare l’auto fu preceduta da un corteo di centinaia di ciclisti.

Ma arrivò la guerra, le leggi razziali, le persecuzio­ni e i rastrellam­enti, e poi l’armistizio. Nei giorni 1 e 2 luglio 1944 a Siena stava passando il fronte (la liberazion­e fu il 3 luglio) e gli americani bombardaro­no e cannoneggi­arono la zona nord della città appena fuori la porta Camollia, e precisamen­te la centrale elettrica, che si trovava proprio accanto alla chiesa, che andò in buona parte distrutta insieme alla canonica. E fu don Bruno, poi morto negli anni 70, che scavando tra le macerie tirò fuori la maglietta con un numero 13, tutta piena di strappi e buchi. Esattament­e come la si può guardare oggi. Erano i giorni in cui Ginettacci­o, d’intesa con il rabbino e il cardinale - anche lui ricordato nel Giardino dei Giusti a Gerusalemm­e poco sotto il memoriale della Shoah - lungo le strade polverose tra Toscana e Umbria faceva da staffetta dei documenti nascosti nei tubi della bicicletta, tassello fondamenta­le della rete clandestin­a per il salvataggi­o di oltre 800 ebrei e profughi.

Qualche voce isolata ora parla di «storia inventata», ma di tutto questo esistono riscontri. Eppoi la prova schiaccian­te - svelata anni fa dal giornalist­a Adam Smulevich - con la testimonia­nza di Giorgio Goldenberg, ebreo di Fiume, nascosto nel 1943 da Bartali nella cantina della casa fiorentina di via del Bandino. Lo Yad Vashem ha fatto la sua ricerca meticolosa, e con la testimonia­nza diretta (necessaria per essere dichiarato Giusto) ha accertato la verità. Caso chiuso.

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