Il Sole 24 Ore - Domenica

ALLA SCOPERTA DEL SESTO SENSO

- Davide Paolini

Prima eravamo in quattro, poi cinque, ora siamo in sei. Non è la filastrocc­a di un gruppo di bambini all’asilo, bensì il possibile coro di una brigata di cucina, che scopre addirittur­a un sesto senso. Ma non ne bastavano cinque per farci almanaccar­e? Per lungo tempo, direi secoli, il quartetto dei recettori: dolce, salato, amaro, aspro, è rimasto padrone della nostra percezione, fino a quando dal Sol Levante, non è emerso l’umami, chiamato anche per chiari motivi di arrivo sul «mercato» del gusto, il quinto.

Questo sconosciut­o recettore è stato scoperto all’inizio del’900, dal giapponese Kikunae Ikeda, professore di chimica dell’Università di Tokyo.

Lo scienziato, noto goloso impenitent­e, lo ha individuat­o mentre gustava, in maniera voluttuosa, la zuppa dashi (base di tutta la cucina nipponica) con un’abbondate quantità di un tipico ingredient­e locale: l’alga Komba.

Il quinto senso non è retaggio solo giapponese; in realtà è un vero e proprio gusto sapido universale, piacevole che proviene da glutammati e da diversi ribonucleo­tidi (tra cui inosinato e guanilato), che si trovano in molti alimenti della cucina del Sol Levante, quali il katsuobush­i (tonno essiccato), il miso, i funghi shitake essicati, molti pesci (in primis il brodo), anche nei formaggi, soprattutt­o nel parmigiano reggiano.

In realtà ci sono pure molti piatti della tradizione italiana che esaltano l’umami, quali l’acqua pazza, che altro non è che un fondo di olio, aglio, peperoncin­o e pomodori, che si uniscono agli umori sapidi e grassi dei pesci.

Quando il quintetto dei recettori pareva regnare in tranquilli­tà, eccoti spuntare, imprevisto, un sesto senso, capace di far cambiare i testi di sensoriali­tà: sweet umami. La paternità della scoperta, è tuttora incerta, sebbene per prima a pubblicarn­e il riconoscim­ento, è stata la nutrizioni­sta e austriaca,food resercher Hanni Rutzler, autrice di un interessan­te food report annuale.

La combinazio­ne dolceumami pare sia un ottimo e moderno generatore di sapori, che permette ai cucinieri di incorporar­lo in una serie di ricette, quali salsa di soia e frutta per salse o marinature, oppure utilizzarl­o come equilibrio umami di patate dolci e zucca. E ancora verdure e alghe di mare combinate con frutta secca o uvetta, che possono dar vita ad una sorprenden­te insalata.

Comunque, così come per l’umami, il miso è protagonis­ta nello sweet umami, soprattutt­o come adattament­o naturale nella pasticceri­a, dove la dolcezza, ricca di umami conferisce alla preparazio­ne nuove opportunit­à di creazione di sapori distintivi.

Mi chiedo a quando la scoperta del settimo senso, vista l’esplorazio­ne dei ricettori dil cervello sia senza fine, anche se confesso di non riconoscer­e spesso umami e sweet umani. Così è se mi piace

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