Il Sole 24 Ore - Domenica

RENATO RASCEL, COMICO DELL’ASSURDO

- Roberto Escobar

«Esubito arriva la sera. Perché arriva la sera? Di giorno non può, lavora». Di chi è questa esplosione di comicità assurda, se non di Renato Rascel? La si ritrova ascoltando Evviva l’allegria, un suo vecchio disco, un 33 giri del 1958. Nato il 27 aprile 1912 e morto il 2 gennaio 1991, trent’anni fa, all’anagrafe si chiamava Renato Ranucci. Pare che, dovendo scegliere un nome d’arte, abbia preso quello di un profumo in voga nel primo Dopoguerra, Rachel, e che poi abbia tolto l’h per evitare che lo si pronuncias­se all’italiana. A uno stupido censore fascista – e quando mai i censori sono intelligen­ti? – che voleva imporgli una e finale per rendere il nome più autarchico, si dice abbia risposto che lo avrebbe fatto appena avessero cambiato Daniele Manin in Daniele Manino. O vero o ben pensato, l’aneddoto si adatta alla sua divertita e divertente capacità di giocare con le parole, spesso cantando. Per gioco qui si intende una bufera incoerente di immagini e suoni. A proposito di bufera, poco prima della guerra, ma quando già è nell’aria, Rascel inventa e canta il più noto fra questi suoi giochi: «È arrivata la bufe-era, è arrivato il tempora-ale, chi sta bene e chi sta ma-ale, e chi sta come gli par». Nel 1951, settant’anni fa, la stessa strofa e la stessa canzone tornano nel dimenticat­o, anzi dimenticat­issimo Napoleone. Girato da Carlo Borghesio, scritto fra gli altri da Leo Benvenuti – che poi lavorerà a film come Guendalina, L’uomo di paglia, La ragazza con la valigia, Amici Miei – e fotografat­o “in seconda” da Carlo Di Palma, il film corregge la Storia. Dovendo essere magistra vitae, così vi si dice, è bene riscriverl­a, facendo dell’Imperatore Bonaparte non più un

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Renato Rascel in uno scatto giovanile
Nel trentennal­e della morte. Renato Rascel in uno scatto giovanile

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