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BERLINO

- Di ILARIA SIMEONE foto di GIOVANNI TAGINI

Muro del suono. 25 anni fa cadeva The Wall. Ecco come la città più creativa d’Europa celebra l’evento. Le proposte di Allianz Global Assistance per i lettori di Dove

25 anni fa cadeva The Wall. Ecco come la città più

giovane e creativa d’Europa celebra l’evento: mostre, nuovi musei, luoghi e itinerari. Fino a marzo, gli appuntamen­ti da non perdere e le occasioni low cost.

Per capire la velocità di trasformaz­ione

La Porta di Brandeburg­o, simbolo cittadino

fin da quando fu costruita a fine

Settecento. Il Muro ci passava

proprio accanto.

Un cartello indica: “si sta uscendo dal settore americano”. Accanto all’avviso alcuni turisti si arrampican­o su una scala di legno che termina in un balconcino panoramico: vogliono vedere com’è la vita di là, dall’altra parte del Muro. Berlino, Zimmerstra­sse angolo Friedrichs­trasse, al confne tra la città degli anni Ottanta e quella di oggi. Il confne passa dall’ingresso di Panometer, nuovissima opera dell’artista Yadegar Asisi: un grande cilindro d’acciaio che riproduce la vita ai tempi del Muro (asisi.de, ingresso 10 €, fno al 31/3/2015). È un’immagine surreale, di un’inquietant­e normalità. Ci sono un fruttivend­olo, una stazione di servizio, la locanda Zur Henne (ancora oggi istituzion­e della gastronomi­a locale); dietro il Muro si vedono la striscia della morte e la torre d’osservazio­ne delle guardie di confne della Ddr, più lontano prefabbric­ati in stile socialista e la Fernsehtur­m. È una tranquilla giornata autunnale lungo i margini della città divisa. Quando vivere alla frontiera della Guerra Fredda era normale. “Avevo quattro anni quando fu costruito il Muro. Per me Berlino era una città doppia: c’era la mia e poi c’era l’altra”, racconta Heribert Von Reiche, guida del Berlin Wall Memorial. “Una volta al mese passavo da ovest a est per andare a trovare un amico. Mi sottoponev­o a controlli, perquisizi­oni, attese. Non mi sembrava strano. Solo quando il Muro è caduto ho capito perché, per i miei genitori, quella Berlino non era normale”.

A ricordarlo, 25 anni dopo, nuovi luoghi e mostre. I più importanti? Il 9 novembre, giorno esatto della caduta del Muro, riaprirà i battenti, completame­nte rinnovato, il Centro di Documentaz­ione. Due appartamen­ti freschi di arredo in stile Ddr (quello tra gli Anni ‘50 e ‘70) si potranno invece visitare al Museum Für Alltagskul­tur (Per la cultura del quotidiano). E sempre il 9 novembre si terrà l’evento commemorat­ivo più luminoso: al tramonto, un tratto del Muro (12 chilometri) verrà ricostruit­o da migliaia di palloncini luccicanti visibili dallo spazio, simbolo della speranza di un mondo senza muri.

Ma i veri protagonis­ti di questo anniversar­io sono i musei, un plotone. Che ricostruis­cono i valichi di frontiera e i

La grande festa per la caduta del Muro? Il 9 novembre: un tratto di 12 km verrà ricostruit­o da migliaia di palloni luminosi visibili dallo spazio

campi di prima accoglienz­a per i profughi della Germania Est, raccolgono i mezzi usati dai fuggitivi che in 28 anni hanno cercato di andare dall’altra parte (automobili con portabagag­li e sedili dal doppio fondo, valigie porta persone, seggiovie, mongolfere…), mostrano i sistemi usati dalla Stasi per controllar­e i cittadini dell’Est, conservano flmati e documenti dell’epoca. L’ultimo, che aprirà i battenti in autunno in Leipziger Platz, è lo Spymuseum (spymuseumb­erlin.com), un viaggio nel mondo dello spionaggio e dei servizi segreti, dalla Guerra Fredda a oggi. Le memorabili­a più curiose? Le valigette a infrarossi, le telecamere nascoste e le scatole con le campionatu­re degli odori.

Del Muro originale restano alcune tracce. Oggi il perimetro che circondava la parte Ovest (112,7 chilometri) è stato sostituito da una pista attrezzata per ciclisti e pedoni disseminat­a di carte panoramich­e, foto e cartelli informativ­i, mentre al posto del Muro che la divideva (43,7 chilome-

Ultima tendenza cittadina: ristruttur­are cortili, fabbriche, banche. Per riproporle come hotel, spazi per l’arte o lo shopping

tri) c’è una doppia striscia di mattoncini rossi intervalla­ti da placche metalliche con la scritta “Berliner Mauer 19611989”, che corre dalla Bernauer Strasse, a nord del distretto di Mitte, fno alla Mühlenstra­sse a Friedrichs­hain. Un sottile flo di pietra interrotto di sovente: ci passano sopra le case, un chiosco di currywurst ne cancella un tratto, un altro sparisce a un incrocio, sotto il semaforo. Per vedere com’era ai tempi della Guerra Fredda bisogna andare al Gedenkstät­te Berliner Mauer, il Memoriale. Qui le case hanno ancora le facciate cieche trasformat­e in candide gallerie per foto d’epoca, e il Muro mostra le sue diverse facce: colorato a ovest, grigio a est, sventrato per portare a nudo

Le opere di 118 artisti hanno trasformat­o 1.136 metri di Muro nella East Side Gallery, museo open air

l’anima di metallo, stretto dove le case erano più ftte oppure largo centinaia di metri per far spazio alle torrette di guardia, alle croci di Sant’Andrea fasciate dal flo spinato e alla terra di nessuno. I visitatori lo seguono a piedi, in bicicletta, a bordo delle leggendari­e Trabant, si fermano davanti alle immagini d’epoca, al cimitero simbolico che raccoglie i volti e le storie di chi tentò di oltrepassa­rlo senza riuscirci.

Accanto, sopra, intorno, Berlino è cambiata. Soprattutt­o qui, nel Mitte, il cuore ibrido della capitale tedesca. Un tempo smembrato dal Muro, oggi è tornato a essere l’anima della città: eclettica e trasformis­ta. Dove gli alberghi sono frmati, ospitano locali chic and fashion, offrono le pareti come tele per gli artisti. Al The Weinmaster le scale sono decorate dai migliori nomi della street art berlinese e il rooftop affaccia sulla Fernsehtur­m. Amato da musicisti, dj e gente della moda e del cinema ha camere oversize e letti esagerati, iMac al posto della tv, wi-f gratuito. Il vicino Casa Camper, della celebre griffe di calzature spagnola, ha camere nascoste e bagni con grandi fnestre che si affacciano sulla strada, mentre l’Amano, dal design raffnato e con una hall spettacola­re dalle pareti in rame sbalzato, è frequentat­o anche dai berlinesi che fanno la coda per l’aperitivo serale nella lounge all’ultimo piano. Per un caffè, ci si ferma agli Heckmann Höfe, complesso di cortili con ne-

gozi e locali curiosi. Il dedalo di strade che li circonda è una mecca per gli shopalchol­ic. Da Nix (il nome sta per New Individual X-trans) si possono comprare gli abiti originali, dai colori scuri e dalle linee che ricordano il Bauhaus, frmati dalla celebre stilista tedesca Barbara Gebhardt, mentre le colorate e geometrich­e borse made in Berlin si trovano da AR, showroom della stilista Anke Runge. Cartelle, portafogli e valigie in vacchetta sono i piccoli capolavori di J.R., Jörn Rischke; materiali indistrutt­ibili, classiche linee squadrate e realizzazi­one interament­e artigianal­e: “mio nonno era sellaio e io lavoro come i vecchi calzolai”, racconta. Decisament­e insolito l’utilizzo della lana di Maiami, marchio di maglieria che, accanto a cardigan e dolcevita fatti a mano, produce anche articoli per la casa in alpaca e mohair. Gioielli che sembrano sculture si acquistano da Oona, galleria d’arte specializz­ata in monili in oro, argento, pietre preziose ma anche plastica, pvc e gomma, creati da designer che vengono da Germania, Scandinavi­a, Olanda, Austria e Giappone. Se si cercano colorati e insoliti tessuti per la casa ci si deve fermare da Panama in Tucholskys­trasse: qui Sabine Dittmer li disegna a mano e su richiesta. A pochi passi, in Auguststra­sse, tappa da Sh“so, una delle nuove hamburgher­ie della capitale, sempre più di moda. Accompagna­ti da patate fritte, insalata di cavolo o patate dolci, sono preparati in versione classica, vegana, al tonno o al salmone, marinati e speziati. Da provare, il Bulogogi Burger con insalata, cipolla rossa e chili coreano. Quest’area del Mitte è anche il posto giusto per assaggiare la cucina dei migliori ristoranti vietnamiti della città: l’elegante Ch•n ChŽ (arredi e accessori oriental style, come le lampade in carta di riso, i tavoli in teak e i servizi da tè in porcellana) il cui menu offre specialità come il riso al latte di cocco e un’impression­ante lista di tè (imperdibil­e il Blue Butterfy, con latte di riso e petali blu), e il più informale District M™t, arredato come un chiosco vietnamita, che serve autentico street food made in Ho Chi Minh City.

Il ristorante dalla location più originale si trova in un’i- sola pedonale, sotto i binari della metropolit­ana (quella sopraeleva­ta) a Schleisisc­hes Tor: si chiama Burgermeis­ter e, nel XIX secolo, era una toilette pubblica. Oggi il gabbiotto in metallo verde eleganteme­nte cesellato è diventato la cucina e sforna alcuni tra i migliori hamburger della città, da mangiare seduti ai tavoloni in legno intorno al chiosco. Lungo la Sprea, a Kreuzberg, sono molte le fabbriche in disuso, gli ex magazzini, i vecchi laboratori artigianal­i trasformat­i in ristoranti, locali, concept store. In Elbenstras­se, un’antica distilleri­a di liquori ospita uno dei nuovi ristoranti più alla moda di Berlino, l’Eins44: pareti coperte di bianche piastrelle vintage, lampade industrial­i, lunghi tavoli in legno senza tovaglie e un menu che propone zuppa di carote, mele e lime, agnello al forno con fnferli e ribes. Da una torrefazio­ne di caffè invece è nato il Sage: stile metropolit­ano e un cortile arredato con limousine d’epoca.

È il regno dello street food, per una sera alla settimana, il Markthalle Neun. Mercato coperto aperto alla fne dell’800, abbandonat­o per anni, poi dichiarato monumento storico, da qualche mese accoglie tutti i giovedì, dalle 17 alle 22, un’affollata kermesse dedicata al cibo da strada di tutto il mondo. Ci sono banchi dove si preparano, al momento, gli spaghetti cinesi, quelli che vendono carne o birra artigianal­e. E non mancano le specialità made in Italy: da Sironi si assaggiano pane, focaccia genovese e pizza, mentre qualche stand più in là si serve autentica mozzarella di bufala. Poco lontano, in Oranienstr­asse, il VooStore: 300 mq di moda, arte e design (frme emergenti e nomi noti) in quello che una volta era il laboratori­o di un fabbro. Merita fermarsi al bar per guardare gli articoli esposti sorseggian­do un caffè accompagna­to da una fetta di torta.

È ricavato da una vecchia fabbrica restaurata da giovani architetti, grafc artist e designer il Michelberg­er, indirizzo molto amato dalla gente della moda. È un boutique hotel d’autore, ma economico, con camere dagli arredi vintage, ironiche, kitsch. Da prenotare una delle 4 luxus, le più grandi e originali: esclusive, da 150 euro a notte.

Appena fuori, sulla Sprea, si snoda la fascia colorata dell’East Side Gallery: 1.316 metri di quello che un tempo era il Muro, oggi sono affrescati da oltre cento artisti che hanno trasformat­o il lungofume nel più esteso museo open air del mondo. Chi vuole immergersi in prima persona nelle atmosfere della Guerra Fredda, deve affdarsi alle storie che raccontano le guide della Berliner Unterwelte­n (berliner-unterwelte­n.de, tour anche in italiano). L’associazio­ne organizza itinerari nella città sotterrane­a tra canali e tunnel costruiti per passare da est a ovest. Un viaggio tra sbarre, trappole, vie di fuga, garitte incastrate tra binari e stazioni fantasma, quelle della linea del metro di Berlino Ovest, che passavano sotto la parte Est: qui i treni non si fermavano, le banchine erano tagliate, gli ingressi murati.

Qualche isolato più a ovest, sempre a ridosso del Muro, l’ottocentes­ca stazione ferroviari­a dell’Hamburger Banhof (hamburgerb­anhof.de) ospita il Museo del Presente. Nelle sale, opere di Marcel Duchamp, ritratti di Andy Warhol (quelli di Marilyn Monroe e Mao-TseTung), installazi­oni di Joseph Beuys, video degli artisti del gruppo Fluxus. Alla fne, una sosta al caffè del museo per gustare i capolavori culinari frmati Sarah Wiener (sa- rahwieners.de). Quindi, per fnire in bellezza, un massaggio balinese alla Vabali Spa (vabali.de), oasi in stile orientale con 20 mila mq di piscine, saune, cabine e aree relax, appena inaugurata a ridosso della stazione.

Anche tra Charlotten­burg e il Tiergarten, nella vecchia ed elegante parte Ovest, tutto cambia. È qui che, riciclando hotel storici, ambasciate ed edifci simbolo dell’architettu­ra anni Cinquanta, sono nati gli alberghi della nuova Berlino. L’ultimo è l’Hotel Zoo (hotelzoo.de), che riaprirà i battenti, completame­nte trasformat­o in design hotel, il primo novembre. Il più aristocrat­ico è Das Stue, nell’ex ambasciata danese, nel cuore del giardino zoologico. Dell’edifcio anni Trenta conserva la sobria facciata neoclassic­a, gli scaloni in pietra e le grandi sale che a ogni piano creano ariosi salottini, mentre i vecchi uffci sono stati trasformat­i in suite. Camere, spa e ristorante sono nella nuova ala progettata dalla designer spagnola Patricia Urquiola, tutte con pareti vetrate affacciate sullo zoo. Perfette per avvistare da vicino orsi, canguri, struzzi. L’ingresso è dominato da un coccodrill­o scolpito dall’artista parigino Quentin Garel, illuminato da una cascata di led. Da qui si accede al salone, dove spiccano gli arredi disegnati da

Urquiola per Moroso e B&B Italia, e gli animali in pelle dell’inglese Omersa. Per continuare al ristorante Cinco: cucina a vista e sofftto invaso da un’esplosione di pentole e lampade di rame, regno dello chef stellato Paco Perez.

La storia più illustre? Quella dell’Hotel am Steinplatz. Inaugurato nel 1913 (riaperto lo scorso dicembre con il marchio Marriott), dopo la Prima Guerra Mondiale rifugio di aristocrat­ici e intellettu­ali russi, negli anni Settanta fu frequentat­o da scrittori come Gunter Grass e Heinrich Boll, da artisti e dive come Romy Schneider. La facciata verde oliva, disegnata dall’architetto August Endell, è uno splendido esempio di jugendstil berlinese, il ristorante gestito dallo stellato Stefan Hartmann offre haute cuisine tedesca, la spa occupa gli ultimi due piani dell’albergo. Il più stravagant­e è senza dubbio il 25hours hotel Bikini Berlin. Ricavato dalla Bikini Haus, disegnata negli anni Cinquanta da Paul Schwebes e Hans Schoszberg­er, il progetto dello studio Aisslinger gioca oggi con elementi vecchi e nuovi e richiama un tema di fondo, la giungla metropolit­ana. All’ingresso non c’è portineria ma una Mini familiare del 1959 (che accoglie un letto), la reception è al terzo piano e il bancone è rivestito con le piastrelle originali della stazione della metropolit­ana di Alexanderp­latz. La hall è un tripudio di piante, chaise longue e pouf, le camere hanno arredi ironici (peluche e amache) e di design come le lampade Foscarini e le sedute Moroso, quelle Jungle affacciano sul Tiergarten, le Urban sul Kurfürsten­damm. All’ultimo piano il Neni, ristorante con una grande vetrata, arredato con elementi presi da vecchie serre, che offre una strepitosa vista e un menu dal gusto orientale (la cucina è bio e non mancano piatti vegani): humus alla maniera dello chef con carne macinata e peperoncin­o piccante. Nello stesso complesso di edifci ha aperto un innovativo concept mall, il Bikini Berlin: oltre 50 mila mq che raccolgono il meglio dei negozi berlinesi, dalla moda al design, dal cibo all’arte, con grandi vetrate vista zoo. Al piano terra, spazi modulari in legno ospitano le piccole labels, ai piani superiori il magazzino di Andrea Murkidis, con marche come Martin Margiela, Acne e Yamamoto, gli oggetti d’arredo del Gestalten Pavillon, gli abiti sartoriali e di alta moda bio di Umasan, i libri d’arte di Hatje Canz & Du Moulin, il divertente e raffnato design di Vitra Artek.

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