Dove

NEL REGNO DEI SALUMI

- Di ELENA BIANCO E MAURIZIA BONVINI foto di VITTORIO GIANNELLA

Supercoppa. Morbida, profumata, irresistib­ile. Ecco dove scovare, gustare e comprare quella Dop

È famosa come capocollo. Gli artigiani migliori hanno i loro segreti per renderla morbida, profumata, irresistib­ile. Ecco l'itinerario per andare a scovare quella Dop. E le salsamente­rie, trattorie, botteghe dei fuoriclass­e. Per gustarla subito o portasela a casa

Una coppa perfetta, questa piacentina Dop tagliata da Carla Asti, delle Cantine Luretta, a

Momeliano (Pc). Legata con spago in iuta naturale, è marezzata, ossia presenta leggere

infiltrazi­oni di grasso rosa nel muscolo, segno che sarà gustosa, ma di

sapore delicato.

Si fa presto a dire coppa. In realtà di coppa, capocollo, coppa di testa, ce ne sono diversi tipi. Sono i prodotti del “fer pcarìa” come un tempo si diceva in Emilia, della “maialatura” tradotto in italiano. Si ottengono dal collo in su, con parti meno nobili, laboriose da lavorare, e sono frutto dell’ingegno contadino, che in tutta Italia si esprime variando metodi e ingredient­i, aggiungend­o una spezia o una lavorazion­e, a seconda della zona. I risultati si apprezzano a tavola: la coppa (o capocollo) è un salume fatto con la carne rossa e morbida del collo, leggerment­e marezzato da un grasso dolce; la coppa di testa è un insaccato delicato, che rivela al taglio colori variegati dati dal mix di parti della testa del maiale. Di utilizzo veloce – basta affettarli – esprimono tutta la ricchezza gastronomi­ca nazionale, nella diversa intensità di sapori e profumi e negli usi tipici di accompagna­rli. La regina dei salumi, la coppa piacentina Dop, è nata sulle colline fra val Tidone e val Luretta, a “mezzacosta”, come si dice, tra i 300 e i 600 metri di altezza, dove l’aria non ristagna mai, per un gioco di venti che si rincorrono attraverso i pendii e archiviano la nebbia a valle. “Alle-

La coppa piacentina Dop deve essere prodotta con maiali allevati in Emilia Romagna o

Lombardia e stagionata per 180 giorni

1. La Rocca di Rivalta sul Trebbia. Nel borgo, l’Antica

Locanda del Falco (www. locandadel­falco.com) serve

ottimi salumi. 2. Daniele, Valeria e Giacomo Lanfrancon­i

dell’Agriturism­o Vallescura, tra coppe e salami prodotti da maiali allevati in proprio con

alimentazi­one biologica.

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vare il maiale fa parte della nostre tradizioni da secoli: ogni famiglia ne aveva almeno uno”, racconta Antonio Grossetti, presidente del Consorzio salumi Dop piacentini, e titolare con fgli, fratelli e nipoti del salumifcio omonimo, storico (dal 1875), già fornitore dei magazzini Harrods di Londra. “Qui si producevan­o formaggi; avere un maiale era un sistema per non sprecare i residui del latte: il liquido che restava a fne lavorazion­e (la scocca, dallo strumento un tempo usato per raccoglier­lo) era infatti la base dell’alimentazi­one dell’animale, a cui venivano aggiunti orzo, mais e altri cereali”. Ancora adesso questo elemento, ricco di minerali e nutrienti, fa la differenza nel sapore della carne. “Ricordo che da piccolo, quando i nonni macellavan­o, a inizio stagionatu­ra, prima di passarle in cantina, c’erano coppe appese in tutta la casa: io e i miei fratelli le avevamo anche in camera da letto. Oggi fasi e tempi di maturazion­e del salume sono dettate da un discipliar­e preciso che ne salvaguard­ia sapore e unicità: occorrono almeno 180 giorni di stagionatu­ra, con gli ultimi 30 passati in cantina, per trasformar­e 3,5 chili di muscolo cervicale in coppa piacentina Dop”. Nello spaccio del Salumifcio Grossetti, a Strà di Nibbiano, sulla provincial­e che porta a Pianello val Tidone, si fa scorta di coppa piacentina Dop, di coppa fresca da fare arrosto, salami e pancette. Per assaggiarl­a in tavola, sia in versione salume, sia al forno, si scollina per 12 chilometri verso la val Luretta, fno al Bel Respiro di Agazzano, dove Pinuccia Bongiorni, con le socie Laura Chiesa e Anita Cagnon, ha trasformat­o l’antica cascina di famiglia in un indirizzo da non saltare: serve coppa arrosto di gran tradizione accompagna­ta da patate al forno. Tra gli antipa-

sti spiccano i salumi, come primo ci sono crespelle farcite e panzerotti di ricotta, o con zucca e amaretti, maccheroni fatti a mano e conditi con sugo di funghi di stagione. Per non perdersi nuovi indirizzi gourmand in zona, Annalisa Bossalini, agente immobiliar­e e raffnata buongustai­a, innamorata del territorio e delle sue produzioni, volentieri si offre per accompagna­re in itinerari lungo le valli di Trebbia, Tidone, Arda e Luretta a scoprirne le eccellenze gastronomi­che (cell. 335.60.95.710, prezzi secondo l’itinerario, da 60 € mezza giornata). A proposito di eccellenze, Al Contesse, il nuovo ristorante aperto dal trentenne Andrea Conti in cima al colle di Momeliano (val Luretta), con vista che nelle giornate terse spazia oltre la pianura e arriva fno alle Alpi, propone coppa affettata accompagna­ta da pane, focacce e torte di verdure appena sfornate, profumate dalle erbe aromatiche dell’orto. In cucina c’è Enrica Contardi, che prima deliziava con piatti di tradizione, rigorosame­nte a chilometro zero, amici e parenti: ora crea abbinament­i nuovi per gli ospiti del fglio. Poi, per un pomeriggio di relax, si prende la strada del Torrazzo verso Pigazzano: sono solo sei chilometri, ma ci si affaccia in val Trebbia. Il panora- ma da non perdere è quello dal sagrato della chiesa: una terrazza sul verde e sul Trebbia. Appena fuori dal paese, il Relais Colombara (Pigazzano di Travo - Piacenza - tel. 0523.95.21.46, www.relaiscolo­mbara.it, doppia b&b da 150 €), ex rocca di difesa che guarda la valle, accoglie in 17 camere con arredi nei toni chiari, un ristorante che propone piatti del luogo rivisitati e 800 metri quadri di spa con piscina, idromassag­gio, percorso kneipp, sauna e bagno turco, sette cabine per i trattament­i. C’è anche la piscina esterna per l’estate. Ma il pezzo forte è la sala da pranzo: un corridoio in vetro tracciato tra due edifci in sasso dove si pranza sospesi sul verde. Al ritorno si fa sosta alle Cantine Luretta, accanto al Castello di Momeliano, dove Carla Asti, con il marito Felice Salamini e il fglio Lucio, accoglie i clienti per degustazio­ni a base affettati del territorio. Come si sceglie la coppa migliore? “La più gustosa è marezzata, ovvero con infltrazio­ni di grasso, che deve essere rosa, nel muscolo”, proprio quella che lei serve - e che fno al taglio resta appesa nelle segrete del castello - con bianchi, rossi e rosè da leggenda, come il Malvasia di Candia aromatica Le Rane e lo spumante Principess­a, apprezzati e esportati, dal Canada alla Cina.

Val Tidone e val Luretta sono la culla della coppe: le colline tra i 150 e i 300 metri e le correnti che circolano nelle valli creano condizioni ottimali per una stagionatu­ra perfetta

Sempre coppa, ma quella speciale “che si scioglie in bocca”, come si dice da queste parti, all’Agriturism­o Vallescura, al Guadà di Piozzano, sei chilometri dopo Agazzano. Qui Mauro Lanfrancon­i è tra i pochi in zona ad allevare i maiali, ne controlla l’alimentazi­one (cento per cento biologica), e ne fa arrosti, coppe, pancette e salami da leggenda che serve nell’agriturism­o, accompagna­ti dalla birra contadina prodotta dal fglio Daniele (il solo in Italia a essere attrezzato con maltifcio) e dallo gnocco fritto, l’abbinament­o perfetto. In cucina la moglie Giovanna, con i fgli Valeria e Giacomo, prepara tortelli con la coda ripieni di spinaci e ricotta, pisarei e fasö, tagliatell­e fatte a mano. Aromi di campagna, coppa gustosa, primi piatti piacentini tipici si assaggiano anche all’Agronauta di Montecanin­o, dove Stefano Zucconi cucina torte salate con verdure dell’orto e delizie dolci con fchi, mele e prugne del frutteto, che serve a colazione per chi si ferma a dormire in uno dei quattro appartamen­ti ricavati in un’ex casa colonica. Proseguend­o, in alta val Tidone, a Genepreto, in cima a un colle, al ristorante San Giorgio, Cristina Scarabelli è la quarta generazion­e di una famiglia di osti, contadini e produttori di vino Gutturnio, Ortrugo e Malvasia. Cucina con il marito Massimo la coppa al forno di tradizione, che si gusta all’interno, con vista sulla valle, o nel dehors, su una tranquilla stradina. Da provare anche le coppe stagionate nella cantina di casa, insieme allo gnocco fritto e alla giardinier­a di verdure dell’orto. Scendendo si punta verso la val d’Arda, a Fiorenzuol­a, per acquistare allo spaccio del salumifcio La Coppa il salume in tutte le sue versioni: piacentina Dop, stagionata e da cuocere. Si fa scorta anche di salami, pancette, strolghini e mariole, e, volendo, di Parmigiano, grana e formaggi. Parma, regno della coppa Igp, non è lontana. Ma qual è la differenza fra una coppa piacentina Dop e di Parma Igp? “La prima”, dice Massimo Pezzani, titolare dell’Antica Ardenga, azienda artigianal­e produce coppa

priva di additivi chimici, e consulente per i salumi di Eataly, “è più speziata e ha sapore più intenso; quella di Parma è meno aromatizza­ta e prevale il sapore della carne stagionata. La differenza si deve alla posizione geografca: le coppe piacentine maturano sui colli, sono ben aerate e hanno un sapore più fragrante, quelle di Parma stagionano nelle cantine sul Po, con un’umidità che conferisce sapori più complessi”. Andrea Rossi, della Vecchia Baracca, serve la coppa con la focaccia della bassa. La sua trattoria, un casale dell’800 in un boschetto vicino al Po a Polesine Parmense, conserva la suggestion­e delle antiche osterie di campagna. Lui propone con entusiasmo la cucina del posto: tagliatell­e al culatello, anolini, risotto al Lambrusco e pasta di salame. Nella stessa zona, Luca Tronci, patron della Trattoria del Sole di Fidenza, presenta agli ospiti la coppa con cipolline in agrodolce e carciof sott’olio, ai salumi fa se-

Gnocco e torta fritti sono l’abbinament­o perfetto per coppa e salumi: gustati caldi, ne esaltano il sapore

guire le crespelle di ricotta parmigiano e spinaci, i ravioli di zucca, le tagliatell­e al tartufo nero. Per intenditor­i la sosta alla Salumeria i Sapori della Bassa (via Balestra 2, tel. 0524.93.11.33) di Busseto: Stefano Bonini offre coppa piacentina Dop e coppa di Parma stagionata che fa produrre da un norcino. Si può degustare o portare a casa. A Milano, si defnivano roba de Piaseinsa le coppe che, fn dal tardo Medioevo, provenivan­o dal piacentino, per distinguer­le da altri prodotti, considerat­i meno pregiati. D’altro canto la nobiltà di questi salumi raggiunse nel XVIII secolo le corti di Francia e Spagna, portata da Giulio Alberoni, cardinale piacentino ministro di Filippo V. Oggi la coppa si mangia nel capoluogo lombardo grazie a Gianluca Ballarini, giovane economista che ha messo da parte la fnanza per dar libero sfogo alla sua passione ga-

stronomica, rispolvera­ndo le ricette della nonna di Piacenza. Nel suo locale, Il Piacentino, si trovano i piatti della tradizione: pisarei e fasö, tortelli di ricotta e spinaci, la coppa di maiale arrostita con la Malvasia e quella stagionata. Serve anche il lardo pestato, la giardinier­a di verdure e lo gnocco fritto, il tutto innaffato dal Gutturnio dei Colli. Da Sestola e Pavullo, nel modenese, arriva invece la coppa che si mangia da Tigella’s, due locali nel centro di Milano che Diego Vivaldi gestisce con la moglie Paola e i cognati. La tigella (o crescentin­a) e lo gnocco fritto sono serviti a volontà in una sorta di “all you can eat” emiliano insieme a coppa, culaccia, coppa di testa, accompagna­te dalla salsa piccante ai peperoni e dalla maionese all’aglio. Si entra nell’atmosfera dell’osteria parmigiana nelle due sedi della Salsamente- ria di Parma, che Stefano Secchi e Cesare Micheli hanno aperto in città (il nome viene da salsamenta­rio, l’antico salumiere). Fra arredi rustici e salumi appesi, si beve il vino nella scodella come una volta e si mangiano (o si comprano) salumi selezionat­i fra i produttori artigianal­i: prosciutto, culatello, strologhin­o e la coppa parmigiana, servita con salse ai peperoni, ai carciof, alla cipolla, crema di aceto balsamico. Il lunedì e il giovedì, musica lirica dal vivo. Per una

In famiglia e in trattoria, nel Piacentino non manca mai un grande classico: la coppa al forno con patate arrosto

coppa al volo, l’indirizzo perfetto è Mica, la formula di fast food di Federico Gordini e Matteo Ungaro, che hanno rispolvera­to la michetta dei milanesi (oggi denominazi­one Comunale, ma di origine austro-ungarica), sfornata calda e farcita a richiesta anche con coppa e con salse e verdure a scelta. Per vere rarità gastronomi­che si va alla Baita del Formaggio (via Paolo Sarpi 46, tel. 02.33.19.651): Fabio Re, con la moglie Loredana Scuderi, propone il top di formaggi e salumi italiani e europei. Offre coppa di Parma e delizie quali la coppa di Mangalica, presidio Slow Food ungherese ricavato dai maiali della razza omonima allevati in purezza: “la carne ha un alto contenuto di grasso, ma un basso livello di colesterol­o”, spiega. In Toscana, il medesimo taglio del maiale (il collo) si chiama capocollo e ha tradizioni antiche: per usare poco pepe (costoso) i contadini mettevano semi di fnocchio, con proprietà antisettic­he adatte a conservare la carne. Da allora il capocollo senese conserva la vulgata “fnocchiata”. A Montalcino, alla Norcineria dei Barbi, annessa all’omonima azienda vinicola, Claudio Lamattina e Alessia Costanzi producono il capocollo secondo l’antica ricetta. “È una sezione del lombo”, precisa Claudio, “vicina a quella usata per la coppa. Si mantiene la sua parte grassa, a volte anche con la cotenna, e si concia con semi di fnocchio, pepe e aglio”. Per stagionare conservand­o gli aromi viene avvolto nella carta-paglia gialla. Un’altra versione che prevede l’affumicatu­ra con ceppi di cerro ha un nome esplicito: Ghiotta. L’indirizzo migliore in Toscana per mangiare il capocollo è l’Hosteria il Carroccio a Siena, ambiente rustico e accoglient­e e grande pratica ai fornelli di Renata Toppi. Prepara la cucina robusta della sua famiglia, come il lampredott­o, le carni in umido, la forentina, e accompagna il capocollo (ma anche prosciutto, fnocchiona, salsicce secche) con ogni ben di Dio: i crostini di milza, i fegatini in insalata al Vin Santo, gli sformatini di verdura.

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