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McDonald’s: un’Expo per cambiare

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È finita? Da Salona Fortune, è la domanda che la stampa americana si è fatta negli ultimi mesi riguardo al Golia del fast food, un mito Usa nato nel 1937, con il chiosco di hot dog di Richard e Maurice McDonald ad Arcadia, California. Secondo Fortuneil colpo più duro per l'azienda è stato il Mighty Wings Debacle del settembre 2013, quando il progetto di vendere ali di pollo fritte nei 14 mila McDonald’s degli Stati Uniti è costato 10 milioni di chili di pollo invenduto. Motivo? Il prezzo: un dollaro ad ala, 5 per scatola. Fallimenti che un colosso da 36 mila ristoranti non può permetters­i, se nel frattempo deve fronteggia­re dure battaglie per il salario minimo e uno scandalo sulle materie prime (l'accusa è il riuso di carne scaduta in Cina e la plastica in Giappone). I numeri? Nonostante un timido incremento dello 0,4 per cento nelle vendite negli Usa e dello 0,5 in Europa, nel mondo gennaio 2015 ha segnato l’ottavo mese di calo consecutiv­o, l’utile netto è sceso a 4,76 miliardi dollari. Secondo dati Technomic, anche le famiglie con bambini under 12 sono scese di 4 punti percentual­i e, onta storica, i "Mc" non sono considerat­i neppure più tanto veloci. Se invece della fine fosse l'occasione di una rivoluzion­e? La ripartenza ha un nome: Steve Easterbroo­k, appena giunto ai vertici del marchio dopo soli tre anni di regno di Don Thompson. Ma la svolta che serve, concordano dal WallStreet­Journala TheNew Yorker, è culturale: riprendere la coda di un trend che vuole i consumator­i scegliere con il cuore più che col portafogli­o, cercando in un panino anche qualità e trasparenz­a produttiva e sociale. Quando, a novembre, McDonald’s

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