I passeggeri sono pochi. Per condividere l’avventura di una spedizione tra i ghiacci eterni provengono da ogni parte del globo
Immenso, bellissimo, spaventoso. Completamente bianco. L’Antartide, da sempre, esercita sull’uomo un fascino irresistibile. Molte delle pagine più drammatiche ed eroiche della storia delle esplorazioni sono state scritte su queste coste inospitali e selvagge: l’impresa di James Ross, il primo (era il 1839) ad aprire la strada per l’antartide; la “gara” esplorativa tra l’inglese scott e il norvegese amundsen (1912); le gesta di ernest shackleton, partito dall’Inghilterra nell’agosto del 1914 per la prima traversata a piedi dell’antartide. Fu accolto in patria come un eroe, per aver portato in salvo gli uomini del suo equipaggio, rimasti intrappolati su un campo di ghiaccio per due anni e 10 mesi. È grazie a loro che l’antartide esce dal mito ed entra nella realtà. Un labirinto di isole che punteggia la Penisola Antartica; una lingua che penetra lo Stretto di Drake e si getta come un ponte impossibile verso la Terra del Fuoco, separando la furia dell’Oceano Pacifco da quella dell’Atlantico. ed è qui, dove nell’800 si avventuravano i balenieri superando diffcoltà inimmaginabili, che nell’ultimo ventennio si è andato sviluppando un fusso turistico signifcativo. Un esercito di appassionati disposto a risparmiare anche anni pur di regalarsi questo superviaggio e sottoporsi alla lunga penitenza di attraversare le acque perennemente tempestose di Capo Horn e del leggendario stretto di drake per poter vivere le emozioni del Continente Bianco. Per cominciare, non c’è che arrivare in aereo da Buenos aires a Ushuaia, nella terra
del Fuoco, città australe che si presenta con il volto duro delle zone alla fne del mondo. sotto un cielo pesante, ferito da pochi raggi di luce e da una corona di montagne (le prime vette andine) che si perde neirifessi color titanio del Canale di Beagle, Ushuaia vanta un passato di colonia penale, prima di diventare porto franco. Fu fondata il 12 ottobre 1884 da un marinaio argentino spedito fn qui da Buenos aires per piantare la bandiera argentina in una terra del Fuoco già troppo frequentata dagli inglesi. oggi conta 70 mila abitanti ed è il principale punto d’imbarco per le spedizioni (guai a chiamarle crociere) verso l’antartide, grazie alla relativa vicinanza fra l’estremo lembo meridionale dell’america Latina (Capo Horn) e il vertice settentrionale della Penisola antartica. In mezzo, ci sono un migliaio di chilometri di bufera che rispondono al nome di Stretto di Drake. L’Akademik Sergey Vavilov, una delle più sofsticate navi da ricerca oceanografca esistenti, parte da qui, imbarcando una settantina di passeggeri provenienti dagli angoli più disparati del globo. È un’avventura di 20 giorni, dall’itinerario particolare. si ripete un paio di volte l’anno, non di più: tocca le Isole Falkland (le Malvinas argentine), la Georgia Australe e la Penisola Antartica con le Shetland del Sud; attraversa il Passaggio di Drake e doppia Capo Horn. Infne, rientra nel Canale di
Beagle fno a tornare a Ushuaia. varata nel 1989 dai cantieri di Rauma, in Finlandia, la Vavilov misura 117 metri di lunghezza, ha una stazza di 6.600 tonnellate e uno scafo rinforzato per navigare nelle regioni polari. Pochi i passeggeri: condividono l’avventura con i 44 membri dell’equipaggio (tutti russi) e una quindicina di membri della spedizione. Perfettamente autonoma per viaggi fno a 20mila miglia nautiche, dispone di ogni possibile sistema di comunicazione, oltre che di sicurezza. I comfort? Non mancano, nelle ampie cabine, doppie o triple e gradevolmente spartane, con bagno privato. La giornata scorre chiacchierando con le guide escursionistiche al bar del deck. sono loro ad accompagnare a bordo di potenti gommoni, con tuta termica e stivaloni (forniti a bordo), lungo le coste e nel labirinto di iceberg. gli sbarchi sono ancor più emozionanti, nell’acqua o direttamente sul ghiaccio e sulle rocce della terraferma, per l’incontro di centinaia di pinguini.
falkland: albatross, balene e relitti La Sergey Vavilov salpa alle 18.30 di un giorno qualsiasi, scivolando dal molo di Ushuaia nell’abbraccio gelido delle acque del Canale di Beagle. Con il vento sferzante in poppa si naviga verso la notte dell’oceano atlantico: 339.4 miglia e 36 ore di navigazione dividono il punto di partenza da West Point Island, primo approdo alle Falkland. albatross maestosi e balene ac--
compagnano il viaggio fno alle isole, che sembrano la distorsione di un orizzonte ostinatamente vuoto. Basse e quasi completamente prive di vegetazione d’alto fusto, hanno molte pecore, 2.000 abitanti (quasi tutti concentrati a Stanley, il capoluogo) e tante mine, eredità lasciata dalla breve guerra combattuta nel 1982 fra argentina e Inghilterra. Un confitto inutile e fugace, destinato però a lasciare una traccia duratura nel futuro di queste isole sperdute: per ripulire il territorio dalle mine bisognerebbe devastarlo con i bulldozer e cancellare i luoghi di nidifcazione di centinaia di migliaia di uccelli marini. Per ora, nessuno sembra intenzionato a prendersi questa briga: il flo spinato continua a disegnare percorsi incomprensibili attraverso spiagge e pascoli.
sull’isola di West Point, Roddy e Lily Napier allevano pecore e accompagnano i visitatori a bordo della loro sgangherata Land Rover attraverso una prateria, battuta dal vento feroce, che appare disperatamente desolata,
fatta eccezione per le centinaia di pinguini saltarocce e di albatros sopracciglio nero che nidifcano sulle falesie di Devil’s Nose. Una traccia di sentiero permette di arrivare a pochi centimetri dagli animali, incuranti della presenza umana, nonostante il fuoco di sbarramento di fotocamere da fermare un treno in corsa.
di nuovo per mare. Un breve tratto di navigazione porta a Carcass Island. oltre a spiagge di sabbia bianca che fanno pensare ai Caraibi piuttosto che al Polo, e a una moltitudine di uccelli (dai predatori Caracara ai pinguini di Magellano), brilla qui la presenza di Loraine e Bob Mcgill, che invitano nella loro casa per il più pantagruelico e indimenticabile degli afternoon tea. Il giorno successivo si sbarca a Stanley, il capoluogo delle Falkland. stradine sonnacchiose, casette linde e colorate, spiagge imprevedibili e qualche relitto. si respira un’aria serena, improvvisamente squarciata dal rombo dei caccia. L’occhio cade sui fli spinati e sui cartelli che ricordano la minaccia dei tanti campi minati. Il cielo si fa plumbeo, ma è un attimo, perché torna subito il sole e un pinguino curioso sbuca all’orizzonte... la perfetta schizofrenia delle Isole Falkland è servita. Per il resto, c’è poco da dire: quattro anime, un piccolo museo, due o tre pub, qualche cabina telefonica dallo stile british e un vasto campo giochi per la Royal Navy. georgia austraLe: Whisky e Pinguini
da stanley alle severe scogliere della Georgia Australe (detta anche georgia del sud) sono 784 miglia e 60 ore di navigazione nel Mare di Scozia. L’arcipelago fece la sua prima comparsa sulle mappe nel 1675, quando la nave che trasportava il mercante antoine de la Roché e cercava di doppiare Capo Horn venne spinta fuori corso da una bufera. Il secondo avvistamento si deve al veliero spagnolo Leon, fnito da queste parti nel 1756. Il primo ad attraccare fu, però, James Cook: ne prese possesso per conto della corona inglese nel 1775, durante il suo secondo viaggio intorno al mondo.
Un tempo approdo dei balenieri (la frequentarono fno al collasso dell’industria, nel 1966), oggi la georgia australe non ha un paese e nemmeno una pista d’atterraggio. sostanzialmente, è un paradiso naturalistico intoccato dall’uomo: una situazione molto diversa dai tempi in cui era in funzione la stazione baleniera di Grytviken dove, fra il 1904 e il 1966, vennero macellate 175 mila balene. I tre giorni passati nella south georgia sono di una natura impervia, dura. Fra i numerosi sbarchi, brillano quelli a Grytviken, dove si visitano gli imponenti resti della stazione baleniera e la tomba di sir ernest shackleton, l’esploratore inglese che nel 1916, a bordo di una scialuppa con cinque compagni, attra-
versò 1.300 chilometri di mare in tempesta. Partito da Elephant Island, al limite settentrionale della Penisola antartica, arrivò miracolosamente sulle coste meridionali della georgia del sud, ne attraversò l’interno fra ghiacciai e pareti di roccia e arrivò a Grytviken dopo aver compiuto un’impresa fra le più sbalorditive nella storia dell’uomo. Morì anni dopo, proprio in quest’angolo remoto del globo. La visita alla sua tomba è un tributo al coraggio. si conclude con un rito curioso: brindando a shackleton con whisky o birra e, dopo un sorso, versando il resto del bicchiere sulla sua tomba.
I momenti più emozionanti della crociera intorno alle coste si vivono a St. Andrew ea Salisbury Plains, dove si concentrano due immense colonie di pinguini reali. In entrambi i casi, il clima proverbialmente feroce di quest’isola consente lo sbarco. sono momenti indimenticabili, al cospetto di centinaia di migliaia di pinguini. Basta allontanarsi un poco dagli altri visitatori e sdraiarsi per ritrovarsi completamente circondati da centinaia di pennuti. spingono la loro curiosità fno a toccare col becco i pantaloni e le gambe del cavalletto che sostiene la macchina fotografca. e guardano i visitatori da sotto in su, o dall’acqua gelida, mentre tornano a riva lottando contro le onde. Un fume di esseri viventi che si muove sulle colline ai bordi del ghiacciaio, span- dendosi sulla riva dell’oceano, in una sorta di immenso delta brulicante.
finalmente, l’antartico
Lasciate le coste della Georgia Australe, si ripercorre la rotta di shackleton verso Elephant Island. È il grande balzo verso l’antartico: altri due giorni e mezzo di mare aperto, accompagnati da orizzonti lontani, migliaia di uccelli marini, decine di balene e iceberg enormi. elephant Island fa paura. Un mare perennemente irrequieto rende impossibile anche solo l’avvicinamento. Ci si accontenta di osservare con i binocoli Cape Wild, dove shackleton pose il campo. Una lingua di roccia circondata da ghiacciai e pareti incombenti, battuta da venti furiosi e onde mai dome. Un luogo spaventoso. La prua volge al Continente Bianco per cinque giorni di antartico puro: spazi immensi, bianco, silenzio. Le tratte di navigazione sono scandite dalla presenza degli iceberg e delle montagne che si alzano dal mare; dagli sbarchi e dagli incontri ravvicinati con le colonie di pinguini. Le escursioni a bordo dei gommoni al cospetto dei ghiacciai sono magnifche. si zigzaga fra i corridoi mutevoli del ghiaccio galleggiante, dove l’incontro ravvicinato con le foche è assicurato.
Nei mesi estivi, da ottobre a febbraio, a queste latitudini il sole splende 24 ore al giorno e la temperatura sale sopra lo zero. In mare aperto si naviga al cospetto dei giganti di ghiaccio, scolpiti dagli elementi in forme e fgure inaudite. Lungo le coste della terraferma emergono lance di granito alte più di 3.000 metri, pareti verticali e ghiacciai pensili che tolgono il fato e fanno girare la testa.
Luoghi come Lemaire Channel, un canale lungo poco più di una decina di chilometri, fancheggiato da montagne, che si restringe fno a 100 metri di larghezza, dove si avverte la potenza grandiosa di questa natura selvaggia. Ci si sente piccoli e fra i passeggeri scende il silenzio, rotto soltanto dal suono profondo e misterioso delle lastre di ghiaccio che si staccano e cadono in mare in un’esplosione di spruzzi. In questa immensità le tracce dell’uomo sono rare, precarie, provvisorie: qualche puntino rosso all’orizzonte segnala la presenza di una base di ricerca (nel corso della crociera se ne visitano diverse) oppure, come a Deception Island, i resti di una scialuppa, qualche baracca fatiscente e una manciata di croci a ricordare il sito di una stazione baleniera. Proprio nella caldera di deception Island, a Pendulum Cove, ci sono sorgenti d’acqua termale... e allora ci si cimenta nel bagno più incredibile del mondo. Circondati dal ghiaccio e dai compagni di viaggio in tenuta polare, ci si spoglia e ci si immerge nell’acqua caldissima.
Le giornate di navigazione a bordo della SergeyVavilov sono scandite dagli avvistamenti di orche e balene e dal ritmo degli sbarchi : wet o dry, a seconda che si riesca a trovare un approdo fra le rocce o si debba scendere con i piedi (protetti da spessi stivali in gomma) in acqua.
È così che ci si avvicina alle miriadi di colonie di pinguini, come i papua, dal grande becco arancione; i macaroni, con la cresta a ciuff gialli; quelli dell’antartide, con la sottile striscia nera che unisce la testa al mento. Centinaia e centinaia di esemplari che colonizzano gli angoli più belli del continente e non degnano di uno sguardo il visitatore. sono loro i veri signori del Polo, abitanti di luoghi memorabili destinati a rimanere per sempre impressi nella memoria: Half Moon Island e Wilhelmina Bay dove, per la prima volta, si calca il continente antartico vero e proprio. e poi Cuverville e Petermann Island, con il loro labirinti di iceberg... il conto dei luoghi e delle emozioni si perde in fretta. si scende fno a 65° 10’ di latitudine sud, poi la prua volge al nord, attraverso lo Stretto di Drake e verso Capo Horn. Per tornare, infne, nella Terra del Fuoco.