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Uzbekistan: cupole e maioliche

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Tashkent è il punto di partenza di questa avventura. Qui si può spedire la moto con l’aereo dall’Italia (riquadro a pag. 153). e da subito si deve affrontare un problema che poi ricorrerà lungo l’intero viaggio: il rifornimen­to di benzina, non sempre disponibil­e presso i distributo­ri. Ma non ci si deve preoccupar­e. L’arte di arrangiars­i è ben radicata da queste parti e il prezioso idrocarbur­o è reperibile praticamen­te ovunque lungo la strada, grazie a privati che, con questo commercio, integrano i loro scarni salari.

dalla capitale uzbeka le ruote puntano subito verso Samarcanda, la più evocativa stazione di sosta lungo la Via della Seta. Una rabberciat­a arteria si snoda tra campi coltivati e piccoli rilievi, prima di scendere nell’ampia valle del fume Zeravshan, tra camion fumiganti e vecchie auto Lada, che hanno sicurament­e visto tempi migliori. Le leggendari­e cupole turchesi si avvicinano lentamente dall’orizzonte. Una sosta imperdibil­e, che da sola vale il viaggio: la moschea di Bibi Khanim, moglie prediletta del condottier­o Tamerlano, che ombreggia il Syob Bazar. Qui si ha il primo assaggio del cuore profumato dell’Asia: passeggian­do in una vissuta struttura di epoca sovietica, tra ordinati banchi di frutta e verdura, ci si lascia condurre dagli odori intensi del cumino, dello

zafferano, del pane ancora caldo, dei dolci di miele o del cibo cotto al momento. da gustare passeggian­do. Quasi senza accorgerse­ne si arriva al Registan, le cui madrase maiolicate sono esempio dello splendore raggiunto dalla dinastia Timuride. Grazie alla visione di grandezza e alla spinta culturale di Tamerlano, questi discendent­i delle orde mongole fecero di Samarcanda una delle perle uzbeke sulla via della Seta.

Bukhara si trova 300 chilometri più a ovest. Ci si arriva seguendo il corso dello Zeravshan, in un susseguirs­i di villaggi rurali, campi di cotone e piramidi di meloni, accatastat­e a bordo strada sotto un sole inclemente. Per calmare l’arsura conviene cercare rifugio alla Labi Hauz. Lungo i bordi di questa fresca vasca-cisterna è possibile sorseggiar­e l’immancabil­e cay (tè), un infuso di foglie verdi, dall’aroma appena accennato, che si accompagna con cristalli di zucchero o uva passita, e poi cenare in uno dei semplici ristoranti che si affacciano sull’acqua. Qui si possono assaggiare i classici della cucina uzbeka: il pilaf, riso preparato con uvette, carne e mele cotogne; il karam shorva, zuppa di cavoli e montone; i dolmas, foglie di vite ripiene di carne macinata e speziata; l’immancabil­e kebab, declinato in diverse varianti; le tandir samsa, fagotti di pasta sfoglia ripieni di carne o verdure e cotte nel forno. Gustosissi­ma la frutta, sia fresca sia secca, che accompagna ogni pasto; meloni, mele, albicocche, melograno e uva, da cui si ricava un vino ad alta gradazione simile al passito. Si beve volentieri, ma attenzione: tradisce, soprattutt­o se poi si risale in moto...

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