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Tagikistan: Pamir, il tetto del mondo

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Lasciate le calde pianure si affrontano le impervie altimetrie del Tagikistan, che nasconde tra i suoi picchi innevati una meraviglia come l’Altopiano del Pamir. In lande così desolate può capitare di fare strani incontri. Come Islomiddin, camionista che si guadagna da vivere facendo la spola con l’Afghanista­n. Guida tutta la notte, impegnando­si per schivare stanchezza, buche, massi e le tumultuose acque del Pyandzh. Musulmano osservante, ma schietto e risoluto quando si trattano certi argomenti. “Considero i talebani un cancro in seno all’Islam” racconta. “e questo mi addolora”. Si offre di caricare la moto sul camion per superare una serie di profondi guadi. Islomiddin mai avrebbe sopportato l’onta di fnire inghiottit­o dal fume in piena insieme a uno straniero che, da bravo musulmano qual è, non aveva potuto esimersi dall’aiutare: da queste parti così si usa. e per tutto questo non ha chiesto nulla, ha solo dato.

La M41, meglio conosciuta come Pamir Highway, risale, malmessa e poco traffcata. È un universo di piccoli insediamen­ti, anse prosciugat­e trasformat­e in oasi montane, dove vige un’agricoltur­a di sussistenz­a basata sulla coltivazio­ne di minuscoli appezzamen­ti circondati da pioppi. Tutt’intorno, irte pareti di roccia restringon­o il panorama, ma non la primordial­e bellezza e intensità di questi luoghi. La metà del territorio è al di sopra dei 3.000 metri: non per nulla i tagiki chiamano la loro terra Bam i Dunya, “tetto del mondo”. Qui si incontrano i pamiri, di lontane origini iraniche, ismaeliti fedeli all’Aga Khan. Il tracciato, a tratti in pessime condizioni, continua verso nord con scenografe mozzafato. Qui ora la strada offre la possibilit­à di ricambiare il piacere ricevuto nei giorni scorsi, e soccorrere un pastore rimasto a secco di carburante con la sua vecchia e scalcinata Ural. Ci si spiega a gesti, ma ci si capisce.

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