L'EVENTO DI MILANO
Quali Paesi hanno saputo interpretare meglio il tema “Nutrire il Pianeta”? Per rispondere, siamo andati sul campo. E abbiamo stilato la nostra Top 10. Per puntare dritti ai padiglioni da non perdere
Expo a colpo sicuro. Quali Paesi hanno saputo interpretare meglio il tema “Nutrire il Pianeta?” Ecco, secondo Dove, i padiglioni da vedere assolutamente
La sindrome di Alice nel Paese delle meraviglie è in agguato, ma lo sono anche i dubbi alla bruce Chatwin quando si domanda “Che ci faccio qui?” (romanzo edizione Adelphi, 13 €) sempre pervaso da un senso di inadeguatezza durante i suoi tanti viaggi dall’Asia al porto di marsiglia, ma anche alle cene con diana vreeland o con Werner Herzog.
A quattro mesi dalla sua inaugurazione, è un’evidenza: l’on the road dentro l’Esposizione Universale 2015 si porta appresso tutto, applausi e critiche, emozioni ma anche delusioni, entusiasmo e sconcerto. È comunque un’esperienza intrigante, da vivere senza pregiudizi, ma nemmeno con superfcialità, perché se quella di milano è condannata a essere una grande Fiera globale dell’alimentazione e un enorme Luna Park del cooking show, è anche una straordinaria occasione per mettere in discussione un pianeta abitato per metà da gente sovrappeso e per l’altra metà da chi non ha l’essenziale.
Il benvenuto è emblematico e arriva con l’iperbole del Padiglione Zero: dodici sale trasformate in racconto visivo sul rapporto millenario tra uomo e cibo, un’immensa biblioteca che è un archivio dei ricordi e un tronco che sfonda il sofftto, esce all’aperto e richiama la trascendenza. Niente da dire: wow! ma è solo una prima impressione: va verifcata. Perché è vero che l’intelligenza, come l’originalità, contagia tutti, si fa notare, solleva dubbi, reclama risposte. ma è anche vero che diventa il fltro per scoprire spazi e padiglioni che più di altri onorano la grande parola d’ordine Nutrire il pianeta. e spiega il nostro viaggio dentro expo a occhi aperti.
cibo per tutti (con un’occhio aLL’etica)
Il gioco di sponda già all’inizio del decumano dà risultati sorprendenti: il meglio di expo in pochi metri. Anche nel piccolo spazio della Caritas, un cubo spezzato che all’interno sfoggia una delle immagini simbolo dell’esposizione Universale: l’opera Voglia di pace dell’artista Wolf vostell, una Cadillac vecchia e arrugginita, assediata da un muro di baguette, a ricordare il contrasto fra il consumo irragionevole e lo strumento – il pane – per ristabilire equilibrio. L’emozione si rinnova nel vicino Villaggio di Save The Childen, l’organizzazione internazionale impegnata nella protezione dell’infanzia nel mondo. Al visitatore viene chiesto di lasciare alle spalle la propria identità, prendere quella di bimbo che vive in un Paese povero e seguire un percorso interattivo per aiutarlo a sopravvive- re. Forte e tosto, anche se presentato in modo garbato. La stessa sensazione si prova a Cascina Triulza, autentica costruzione rurale, il solo edifcio preesistente tra tanti padiglioni allestiti per l’esposizione. L’atmosfera è quella delle tenute agricole con un diffuso senso dell’ospitalità: spazi per i bambini e per le mamme, laboratori, stand, iniziative promosse dalla Fondazione omonima che aggrega un’ottantina di ong (organizzazioni non governative), organismi della società civile e del terzo settore, dove ogni giorno si propongono incontri, confronti e attività per promuovere modelli di vita più sostenibili, la lotta allo spreco e il coworking. si assaggiano cose buone, con una morale sottintesa: siamo quello che mangiamo e il cibo è certamente caro allo stomaco. ma bisogna avere gli occhi per ammirarlo, la mente per parlarne, il cuore per apprezzarlo.
fra aPI, alvearI e SCatolette dI latta
La sagoma bianca del Padiglione della Repubblica di Corea irrompe nell’esposizione Universale come una passeggiata introspettiva fra tradizione e innovazione tecnologica. All’ingresso, la frase “Quale cibo preferisci?” indaga sulle abitudini dei visitatori, prima di accendere i rifettori sulle consuetudini alimentari dell’uomo moderno e sulla crisi planetaria del cibo. L’informe massa di palloncini gonfati su cui vengono proiettate sagome di omini ricorda il tema del consumo eccessivo di cibo, la montagna di scatolette abbandonate rimanda al preoccupante aumento di alimenti preconfezionati. La soluzione è lapidaria: affdarsi all’Hansik, cibo coreano fondato su equilibrio, fermentazione, conservazione. e l’inchino fnale dei padroni di casa è di rigore: in Asia anche la forma ha un’anima.
se è per quello, ce l’ha anche lo spazio del Regno Unito, allusivo, allegorico, bellissimo, specie dopo il tramonto, quando migliaia di piccole luci accendono la grande sfera dorata d’acciaio, un alverare, che troneggia sul Padiglione, con effetti sonori che riproducono il ronzio delle api e l’organizzazione delle celle, allertando i presenti sul dramma latente di un mondo che rischia di perdere questi straordinari insetti operosi e dalla proverbiale organizzazione comunitaria. sensoriale e maledettamente british.
Il GIGante Che non Parla
Per dogma il centro di expo è proprio lui, l’Albero della Vita, simile a un faro cosmico e fotogenico, specie all’imbrunire, quando i giochi di luce lo rendono una sorta di grande totem protettivo per l’intera esposizione Universale. La carica simbolica è evidente. ma è un gigante che non parla, un’attrazione strepitosa che stenta a lanciare messaggi forti e forse avrebbe dovuto e potuto farlo. tant’è. segna l’inizio e la fne del Cardo su cui si affaccia il Padiglione Italia, foresta urbana che si presenta come una piazza aperta dove ritrovare le radici solide, l’orgoglio,