Dove

RINASCIMEN­TO CILENO

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SANTIAgO dEL CILE

Sopra, una panchina

decorata a Santiago. Nella capitale cilena

gli interventi di street art sono

numerosi e interessan­o diversi spazi pubblici.

A destra, ristorante Liguria, a Providenci­a. Alle pareti, manifesti d’epoca, cimeli e vecchie bottiglie.

il

a dispetto del grandissim­o consumo di birra – retaggio dell’immigrazio­ne tedesca – che fanno i santiaguin­os quando escono la sera, e nonostante la fama di bevanda nazionale di cui gode il Pisco, liscio o in versione sour (per approfondi­menti e degustazio­ni si fa tappa al Chipe Libre – República independie­nte del Pisco, in Lastarria), il Cile è tra i più interessan­ti produttori di vino al mondo (12,9 milioni di ettolitri nel 2015, circa il 5 per cento della quota mondiale). sono vini di qualità, rossi corposi soprattutt­o, con una prepondera­nza di Cabernet sauvignon, ma su cui spicca il Carmenère, esule dal Bordeaux. vini da sorseggiar­e nelle cantine della Valle del Maipo, a poche decine di chilometri dalla città (le più vicine possono essere raggiunte anche su due ruote, con un tour organizzat­o da La Bicicleta verde), nel centro degustazio­ne dell’azienda Concha y Toro, nella graziosa enoteca Bocanariz, a Lastarria, o nei nuovi ristoranti di santiago. su tutti il Boragó, dello chef-prodigio Rodolfo guzmán, che si è formato nei Paesi Baschi, al Mugaritz di andoni Luis aduriz (a errenteria, nella provincia di guipúzcoa) nella lista dei 50 World Best Restaurant­s. Nella sua cucina “endemica” c’è spazio solo per ingredient­i autoctoni: erbe, funghi, fiori commestibi­li e bacche raccolti sulle ande, nel deserto di atacama o nell’isola Chiloé. Le carni sono cucinate su pietra ollare o affumicate con la legna, come facevano gli indigeni. se guzmán

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