I CONFINI DEL NULLA
bu dhabi rievoca l’immagine di qualcosa di sfacciato, audace, eccessivo. vengono subito in mente i suoi primati da guinness: la torre più storta, l’hotel più lussuoso, il tappeto fatto a mano più grande, le montagne russe più veloci, il distretto culturale più esteso del mondo… eppure tutto questo è soltanto una piccola parte dell’Emirato di Abu Dhabi, quella che se ne sta raccolta nella capitale. Intorno a lei è tutta un’altra storia. I 75mila chilometri quadrati di territorio del maggiore dei sette emirati Arabi Uniti, testa e cuore della federazione, sono per lo più un’immensa landa contesa tra il deserto, 400 chilometri di coste semidisabitate e 200 isole. È lì l’Abu dhabi che sorprende, quella che sembra aver poco in comune con la calca di grattacieli di vetro, stretti gli uni agli altri per ripararsi dal sole, i musei firmati da archistar, i monumentali shopping mall, le isole-cantiere dove sorgerà la città di domani.
L’Abu dhabi che non ci si aspetta è la sabbia rossa del Rub’ al-Khali, letteralmente il “Quartiere vuoto”, il deserto che abbraccia buona parte dell’Arabia Saudita, dello Yemen, dell’oman e degli emirati. Con i suoi 650mila chilometri quadrati (quanto la Francia, il Belgio e l’olanda messi insieme) è il più grande deserto sabbioso senza soluzione di continuità del mondo. Una terra di nessuno (le condizioni climatiche sono tra le più spietate del globo: la temperatura varia da -10° a 55° C e ci sono violente tempeste di sabbia), che l’esploratore inglese Wilfred Thesiger nel suo Sabbie Arabe descriveva così: “era il vero deserto… un luogo dove gli uomini si tengono stretti… Qui essere soli voleva dire sentire immediatamente il peso della paura, poiché la nudità di questa terra era più terrificante della foresta più oscura nel pieno della notte”. Il Rub’ al-Khali morde il confine sud-occidentale di