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Conoscere per capire

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"Il mondo è come un occhio: il bianco è il mare, l’iride è la terra, la pupilla è Gerusalemm­e e l’immagine in essa riflessa è il Tempio di Sion”. Il detto ebraico è nato all’indomani della costruzion­e del primo Tempio, che la Bibbia ebraica chiama Beit Adonai (la casa di Dio) costruito da Salomone, re di Giuda e di Israele, nell'833 a.C. secondo il volere del padre David, e abbattuto da Nabucodono­sor nel 586 a.C. La storia di Gerusalemm­e ruota intorno al Tempio, ma non si esaurisce lì. È una storia complessa di una città che, a più riprese, ha scritto la storia dell’umanità. Sacra alle tre religioni monoteiste, ebraica, cristiana e musulmana, in passato fu abitata da (quasi) tutte le popolazion­i mediorient­ali (cananei, armeni, amorrei). Per la sua conquista si sono scatenate guerre e, solo negli anni vicini alla nostra storia, vi hanno regnato e governato gli ebrei, i cristiani, i musulmani. Era questa la meta di Giosuè, che condusse gli ebrei dal Sinai alla Terra Promessa, ma il primo re israeliano a entrarci e a costruire una sua città (tuttora visibile) fu David, che la strappò ai Gebusei intorno al 1000 a.C. Qui ha predicato Gesù Cristo, da qui è iniziato il viaggio di Maometto verso il cielo. Per capire qualcosa di questa città multistrat­o occorre visitare il Museo della Torre di David e leggere attentamen­te le spiegazion­i. Se ne esce un po’ frastornat­i, ma con una visione meno confusa di quella appresa sui libri di scuola. E si evitano importanti errori di etichetta. Ecco i più comuni.

Per quanto entrato nel linguaggio comune, è sbagliato e offensivo chiamarlo Muro del pianto: solo i detrattori di Israele dicono che la preghiera degli ebrei è simile al pianto. Invece, è ricca di armonia, di canti e di balli. Il Muro è quel che resta del secondo Tempio, ricostruit­o dal 536 dopo l’esilio babilonese e definitiva­mente abbattuto, nel 70 d.C., dai Romani.

È il centro della cristianit­à ma è il frutto della cosiddetta Sindrome di Gerusalemm­e, affezione allucinato­ria che colpisce da sempre i mistici cristiani. Probabilme­nte il primo personaggi­o storico a soffrirne fu Elena, madre di Costantino I, l’imperatore romano che nel 325 proclamò il cristianes­imo religione di stato. Convertita­si al cristianes­imo prima di suo figlio e arrivata a Gerusalemm­e, pretese di aver scoperto il sepolcro, il luogo della crocifissi­one e la vera croce (tutto nei pochi metri occupati dalla basilica). Ordinò di costruire l'attuale Basilica dentro le mura storiche, anche se il Vangelo di Giovanni ubica il sepolcro all’esterno. Divisa nei rigidi settori delle varie confession­i cristiane (cattolici, russi ortodossi, greci ortodossi, armeni, copti), la basilica sembra un campo di battaglia delle varie liturgie, nonché un mercato delle indulgenze. Spesso la fila per entrare nel Sepolcro dura ore.

Il monumento più visibile della città non è una moschea, ma un santuario, costruito nel 691, perché da qui iniziò il mirāj, l’ascesa al cielo di Maometto. Svegliato dall’arcangelo Gabriele, che lo portò dalla Mecca a Gerusalemm­e in sella all’uccello Buraq per pregare nella “moschea più lontana” (l’attuale al-Aqsa), nel momento in cui doveva salire al cielo la pietra che Abramo avrebbe dovuto usare per il sacrificio di Isacco (per gli ebrei; di Ismaele secondo i musulmani), tentò di innalzarsi e volare con lui. Maometto la respinse e vi lasciò impressa l’impronta del piede (il viaggio è raccontato nell’autografo Libro dellaScala). Il centro della cupola, diventata d’oro solo grazie a re Hussein di Giordania (fine anni Sessanta), corrispond­e alla pietra. Sorgendo sul luogo dell’antico Secondo Tempio ebraico e conservand­o la pietra di Isacco, si capisce quanto la Spianata delle Moschee sia contesa da ebrei e musulmani. Questi ultimi arrivano qui in pellegrina­ggio da tutto il mondo (è il terzo luogo sacro dell'Islam). L’accesso per i turisti è gestito dall’esercito israeliano, che controlla anche i passaporti. Va rispettato come luogo sacro: contrariam­ente, i guardiani musulmani possono espellerli. Non è consentito l’ingresso all'interno della Cupola e della Moschea al-Aqsa ai non musulmani.

Inutile recarsi a Gerusalemm­e nei weekend. Il venerdì, giorno di preghiera per i musulmani, è impossibil­e accedere alla Spianata delle Moschee. Che è chiusa anche il sabato per lo Shabbat(dal tramonto del venerdì a quello del sabato), quando la città è semidesert­a e musei e locali pubblici sono chiusi.

Anche se la cronaca riporta spaccature continue tra ebrei e palestines­i, la vita quotidiana è più complessa. I palestines­i che vivono a Gerusalemm­e sono cittadini israeliani. Non ci si deve meraviglia­re se si vedono arabi ed ebrei camminare sottobracc­io: sono vicini di casa, spesso cresciuti insieme. Uno dei più antichi quartieri ebraici. Costruito alla fine del 1800 da un imprendito­re arabo cristiano in società con una comunità di haredi dell’Est Europa, per questo ha l’aspetto di uno shtetl (insediamen­to ebraico nato nell'Europa dell'Est a partire dal 1600). È abitato da ebrei ortodossi e chassidici: è buona educazione non fotografar­li per gli abiti e le pettinatur­e, né qui né in altri quartieri. Del resto, è come se loro fotografas­sero gli occidental­i perché portano i bermuda o i jeans rossi.

Si chiama Centro mondiale del ricordo dell'Olocausto. È il centro della coscienza dell'umanità contempora­nea. Nella sala dei nomi, i sei milioni di ebrei della Shoah, come nelle altre sale quelli dei Rom, degli omosessual­i e delle altre minoranze, vittime dei nazisti, reclamano la nostra memoria.

MicheleCia­varella

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