Dove

Machapucha­re, il monte sacro

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Il paradiso degli sportivi si chiama Pokhara, città a quasi mille metri di quota, 200 chilometri a nordovest di Kathmandu. Sulle rive del lago Phewa, è circondata da alture e vallate verdissime. Sulla città incombe uno dei giganti del Nepal, il massiccio dell’Annapurna: un ammasso di vette candide con sei cime oltre i settemila e l’Annapurna I che, con i suoi 8.091 metri, è una delle meraviglie del mondo. Non solo. Subito accanto, la vertiginos­a piramide del Machapucha­re. Ovvero, coda di pesce. Perchè sale dritta nel cielo per 6.993 metri, con tagli netti che sembrano scolpiti (pare il Cervino). Detta anche la Vergine, nessuno ha mai potuto scalarla: dedicata a Shiva, è sacra agli induisti. Pokhara non è solo la porta di accesso all’Annapurna per i profession­isti delle scalate, ma è anche la base di partenza per spettacola­ri trekking che si infilano nel massiccio. Semplici passeggiat­e o anche escursioni di più giorni, a seconda della difficoltà prescelta. Le valli tutt’intorno sono poi ricchissim­e di fiumi, dove ci si può cimentare con rafting, kayak e canyoning. Moltissimi i sentieri da percorrere in mountain bike, mentre le alture circostant­i sono il luogo ideale per il bungee jumping e il parapendio (organizzaz­ione: amartreks.com). Il posto migliore? La collina di Sarangkot, 1.542 metri. Imperdibil­e anche per chi sportivo non lo è. Qui si viene per vedere l’alba. L’alzataccia, alle 4, merita per lo spettacolo. Il buio della notte saluta le stelle e lascia il posto alla luce rosata dei primi raggi del sole, che illuminano le montagne. I giganti dell’Annapurna sono lì, a meno di 30 chilometri, e riempiono l’orizzonte di cime e di ghiaccio. Sono solo le sentinelle più vicine. Appena a fianco e dietro ci sono tutti gli altri, Everest compreso.

puchare, il Dhaulagiri, il Mananslu… Un fiero monito a non dimenticar­e mai che, in nessun altro luogo della terra, un ambiente tropicale e uno artico si fronteggia­no così da vicino. e con prepotenza.

“Il parco, 932 chilometri quadrati, era riserva di caccia dei re nepalesi. oggi è uno dei più grandi dell’Asia e Patrimonio Unesco”, racconta il ranger Yamna Thgiri, 53 anni. Il modo migliore per esplorarlo? “In barca, a dorso di elefante, o a piedi, immergendo­si nel silenzio della natura più selvaggia”. Non esistono mediazioni,

poche le comodità. Qui, come in tutto il Paese, ci si viene se si ha davvero qualcosa da recuperare alle emozioni e ai sensi. dove un credo filosofico, un sapere libresco, un’immagine cinematogr­afica riescono finalmente a prendere corpo e forza, odore e densità di sguardi. Così, l’esatta misura delle montagne, la storia della sua gente, la pratica di una religione, la geografia di un cielo di notte, ogni luogo, ogni incontro sono uno stupore, una profezia inattesa, un’esperienza che cambia chi la vive. Questo è il regalo del Nepal.

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