La foresta in cittˆ
L’alternanza della marea fa apparire e sparire le sabbie di Chek Java, estremo lembo dell’isola di Pulau Ubin, mentre le fronde delle mangrovie sfiorano le onde. Fra l’intrico delle radici si intravedono alcuni cinghiali, che contendono questa terra incerta ai grossi granchi che si muovono nel fango. Una lunga passerella sospesa sul mare consente di camminare lungo questa sorta di nursery naturale per varie specie marine. Tratti di costa rocciosa sono la casa di anemoni di mare, stelle e cavallucci marini, gamberi pistola. Il percorso si addentra nella foresta equatoriale, con baniani (Ficus benghalensis) altissimi e palme Nibong, le cui spine acuminate erano usate dagli Orang Asli, gli aborigeni malesi, per le cerbottane. Di tanto in tanto si levano in volo aironi, pivieri, buceri dal grande becco colorato. Palau Ubin si raggiunge in soli 10 minuti di barca dall’aeroporto internazionale di Changi. Appena salpati, si entra nel mondo antico di un villaggio Kelong, con le case di legno galleggianti, oggi trasformate in fish farm. Pulau Ubin si esplora in bicicletta o con i rari automezzi che si affittano a Saleh Kampong, un centro di cento anime, con due piccoli locali dove mangiare granchi, sorseggiando latte di cocco direttamente dalla noce. Da qui si parte alla scoperta della foresta che nasconde un lago in una cava di granito abbandonata, stagni coperti di fior di loto, piccoli altari nascosti dove convivono Buddha e Shiva. ta, colonne corinzie, tegole spioventi di gusto cinese e la tipica pintu pagar, la porta a cancello. Straboccante di memorabilia dell’epoca, Tong Mern Sern Antiques Arts & Craft è un bric-à-brac dove acquistare dalla lampada liberty alla bicicletta usata, all’altare buddhista portatile. Ha il sapore della scoperta inoltrarsi in Emerald Hill road, che si insinua fra i lussuosi centri commerciali di Orchard: una stradina pedonale punteggiata dai colori di flamboyant e ibiscus, pervasa dal profumo del fiore dei frangipane, costeggiata da case Peranakan tinta glicine, zafferano, verde pistacchio, con i buchi sulla facciata per far passare l’aria (condizionatore ante litteram). Molto più pop Joo Chiat, altro quartiere Peranakan dove si trova il negozio di Kim Choo, detta Bibi, elegante ambasciatrice della cultura dei suoi avi nel mondo (curatrice di una mostra di artigianato Peranakan a Parigi), che esegue ricami con minuscole perle di vetro di venezia su raffinate ciabattine. Altrettanto ricchi sono i vestiti di seta, con giacca ricamata e sarong. ottimi, nella civettuola east Coast Road, i dolcetti al cocco, all’ananas e il gustoso nasi lemak (noccioline piccanti mescolate con pescetti essicati), di Rumah Bebe. Per un’autentica cena Peranakan, imperdibile il ristorante Blue Ginger: si trova in una shop house e serve piatti che evocano i sapori di un tempo, come l’Otak Otak, uno sformato di pesce a base di pasta di gamberetti, profumato con curcuma, chili e galangal (zenzero blu, usato anche, fuori dalle cucine, come allucinogeno).
ogni zona della Città del Leone ha la sua anima. Quella dei commercianti malesi di Kampong Glam è l’area calda dello shopping. Lontano dai mall, dalle griffe, dalle tai tai (le trendsetter asiatiche), qui dominano il gusto individuale e gli oggetti personalizzati. La sua Mecca è Haji Lane. In un clima che richiama molto la Carnaby street londinese, la strada raccoglie botteghe molto alternative. Craft Assembly espone pezzi unici