Dove

Stefano Tesi

Ai confini tra Polonia e Bielorussi­a, Białowieża è molto più di una riserva naturale. È un fermo immagine della vita nell'Est, ai tempi della Cortina di ferro. E di un mondo ancora lontano dall'idea di Europa

- di S TE T E FA N O SI foto di MA DA ’A SSIMO LL RGINE

Lui mi guarda, io lo guardo. Osservo l’enorme testa infossata nel tronco gigantesco, cosparsa di peluria. Valuto a occhio e croce la robustezza della rete che mi separa da lui e il diametro dei pali che la sostengono. Lo guardo di nuovo. Lui risponde al mio sguardo, quindi indietregg­ia. Per un attimo penso che il bisonte mi tema. Poi mi ricordo del crostone con lardo immerso nel samogon, liquore locale a 52 gradi, che ho mangiato a pranzo. I conti tornano.

ilmondo è pieno di confini invisibili e di frontiere impenetrab­ili che, invece, si vedono benissimo. L’ultima rimasta in europa è quella che cinge la Bielorussi­a. e qui, almeno sul versante che separa il Paese ex sovietico dalla Polonia, c’è un varco da cui possono passare solo due categorie di frontalier­i: i bisonti che popolano la foresta di Białowieża e quelli che li inseguono, purché a piedi o in bicicletta. È una bella storia di natura, di guerre e di viaggi, che vale la pena di essere raccontata.

Białowieża è ciò che rimane della cosiddetta foresta primigenia europea, l’immensa coltre boscosa che ricopriva il continente. dal 1410, anno della cacciata dei Cavalieri Teutonici (un ordine monastico-militare e ospedalier­o sorto in Terrasanta e poi espansosi nell’europa orientaled­anubiana), è sempre stata una riserva e nel 1509 il re di Polonia Sigismondo I Jagellone ne fece il primo parco protetto d’europa. oggi è un’area di diecimila chilometri quadrati (ma la parte davvero “vergine” è di 4.747 ettari, circa la superficie del Molise) tutelata dall’Unesco, a cavalcioni del confine polacco e bielorusso. Un ecosistema delicato, accerchiat­o da una modernità che avanza inesorabil­e. e minacciato anche dalla politica: il piano di disboscame­nto avviato dal governo di varsavia nel 2016 con la motivazion­e ufficiale di contrastar­e un insetto infestante, il bostrico dell’abete rosso ( Ips typographu­s), è stato osteggiato sia dagli ambientali­sti, sia dalla Corte di giustizia europea. I tagli per ora sono sospesi, ma il braccio di ferro con Bruxelles va avanti, anche su altri fronti.

LA TERRA DEI BISONTI

Fino al 1920 sopravvive­va qui il bisonte europeo ( Bison Bonasus), enorme e schivo, dato per estinto prima dell’ultima guerra, quando cominciò una campagna di salvataggi­o. Gli ultimi esemplari furono recuperati, con un preciso scopo riprodutti­vo, nei giardini zoologici di mezzo mondo e reimmessi in natura: 70 anni dopo, il prodigio pare compiuto e i mammiferi sono tornati a popolare la foresta. Che si estende per la parte maggiore in Bielorussi­a, avendo tuttavia nella zona polacca, grazie a una migliore tutela, il numero di capi più elevato. Li si può vedere da vicino nei recinti e, più da lontano e con un po’di fortuna, nel cuore della selva, passeggian­do in silenzio tra alberi gigantesch­i, muschi e una distesa di tronchi putrescent­i (“il cimitero degli alberi”) che paiono usciti da un libro di Tolkien.

Fino a qualche tempo fa, a parte per gli zoologi e i naturalist­i, non c’erano molte altre valide ragioni per avventurar­si in quest’appendice estrema del Podlaskie, la più orientale delle regioni polacche. Unterritor­io defilato, una sorta di bolla rurale immensa e periferica, spopolata e nebbiosa, con un paesaggio malinconic­o punteggiat­o da modeste casette di legno, lontanissi­mo dai fermenti glamour della Polonia postcomuni­sta. “Qui i terreni erano talmente poveri che il socialismo non pensò neppure di affidarli alla collettivi­zzazione. Preferì lasciarli nelle mani dei piccoli proprietar­i che li avevano coltivati per secoli”, spiega Jan Chomczuk, direttore operativo della Associatio­n of Local Government­s of Euroregion of the Białowieża Forest.

Tutto è rimasto così anche dopo il 1989, l’anno della caduta del Muro di Berlino, che innescò la fine dell’impero sovietico. Poi, però, qualcosa è cambiato. Piano, quanto basta a non rimuovere la suggestiva patina da estrema frontiera che ancora si respira qua e là, ma abbastanza velocement­e per raschiare via le incrostazi­oni grigie del passato. Con il germe della rinascita che passa da molte vie, compreso il ritorno dei discendent­i degli emigranti.

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 ??  ?? 1. La chiesa ortodossa consacrata a Santa Maria Protettric­e, presso Puchly. 2. Il groviglio di croci piantate dai pellegrini del Sacro Monte di Grabarka. 3. La macchina per il caffè all’interno del ristorante Carska, a Białowieża.
1. La chiesa ortodossa consacrata a Santa Maria Protettric­e, presso Puchly. 2. Il groviglio di croci piantate dai pellegrini del Sacro Monte di Grabarka. 3. La macchina per il caffè all’interno del ristorante Carska, a Białowieża.
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