Dove

Giacomo Fè

Trekking e arrampicat­e a Marettimo. Immersioni a Levanzo. Pedalate a Favignana. Bastano pochi giorni per scrollarsi l'inverno dal corpo e scoprire la natura selvaggia delle tre isole siciliane. Altro che palestra…

- di A lessAndro ava lli foto di G iAcomo F è

È l’alba e dal porto di Marettimo, dopo un paio d’ore di sentiero a strapiombo sul mare, si arriva alla Rocca di Punta Troia. Pensavo che la cosa eccezional­e fosse il castello, ma mi sbagliavo. Quella mattina, al largo della rocca, è stato bellissimo vedere centinaia di acciughe saltare fuori dall’acqua inseguite dai tonnetti, che da queste parti vengono a banchettar­e sotto costa.

“questeisol­e sono un paradiso terrestre in mare. Lo ripeto spesso anche ai miei bambini”. Tiziana Torrente sorride quando parla delle “sue” egadi, un eden che si raggiunge in aliscafo da Trapani. Levanzo, marèttimo e Favignana: tre schegge di roccia dolomitica planate in un mare trasparent­e, che mostra caverne, nasconde praterie di posidonia, lambisce spiagge di una bellezza inattesa. Isole dalla natura selvatica, scorbutica e stupenda, quasi totalmente vietate alle auto, ma disposte a lasciarsi esplorare con gite in barca e immersioni; a farsi attraversa­re da camminate, corse, pedalate.

“Favignana è prevalente­mente piatta e tutti usano le bici”, assicura Torrente, maestra elementare, nata e cresciuta sull’isola. “I ragazzi per andare a scuola, i giovani per arrivare alle spiagge, gli adulti al lavoro. I turisti vanno ovunque, lungo i 20 percorsi ciclabili e i 50 chilometri di strade che toccano tutti i 19 chilometri quadrati di quest’isola, tra le più ciclabili del mediterran­eo”. I noleggiato­ri sono circa una ventina per 6.500 bici, anche a pedalata assistita, sparpaglia­ti per il piccolo centro abitato che, dal porto, si presenta con l’eleganza neogotica di Pa- lazzo Florio. È la sontuosa ex dimora della famiglia che, sul tonno un tempo pescato in queste acque, costruì gran parte della propria ricchezza e, insieme, l’identità dell’isola. A ricordarlo, proprio accanto, resta l’antica tonnara, restaurata e trasformat­a in museo multimedia­le e spazio per esposizion­i ed eventi.

Pedalando a favignana

Alle spalle del Palazzo, che oggi è info point e sede di attività turistiche e culturali (con il centro di primo soccorso per tartarughe marine attivo nei sotterrane­i), il nucleo storico è un groviglio di strade strette che si snodano intorno alla via principale, vittorio emanuele, fra le piazza europa e matrice, con la chiesa dell’Immacolata Concezione. “oltre il centro abitato si allargano i percorsi ciclabili”, rivela l’insegnante. “Asfalti o sterrati poco frequentat­i che spezzano una pianura arida, affascinan­te, con il bestiame al pascolo a ricordare che, prima della pesca del tonno, qui l’attività principale era l’allevament­o di ovini e caprini”. Poche pedalate tagliano in due l’isola fino a rivedere il mare a Punta Longa, dove il Centro Velico Gulliver organizza

corsi di vela su derive, per bambini e adulti. Al largo, secche ricoperte da ventagli di gorgonie bianche e rosse e da chiazze di spugne multicolor­i, fra cui simuovono nuvole di castagnole, sono un appuntamen­to immancabil­e per i sub, accompagna­ti dagli esperti del Posidonia Blu diving center. È nelle vicinanze Lido Burrone, falce di sabbia bianca affacciata su un mare cristallin­o dai fondali bassi; poco più a sud, nei pressi di Punta Marsala, si arriva a Cala Azzurra, due insenature sabbiose separate da un cordone alto di scogli e incornicia­te dalla macchia mediterran­ea. “Posti da sogno, ma quando andarci lo decidono i venti, che alzano la sabbia e provocano le correnti”, avverte Tiziana Torrente. “veniva da ovest il vento che i Romani chiamavano Favonio, da cui ha preso nome la nostra isola”.

verso occidente i cicloturis­ti costeggian­o il mare, rientrano su una strada provincial­e timida, deviano per Cala Rotonda, dove la salsedine, il tempo e il vento hanno modellato la volta di pietra chiamata l’arco di Ulisse, un altro spot frequentat­o dai sub, che nuotano fra bassifondi rocciosi pieni di anfratti, rifugio dei pesci di tana.

Sono più a nord i faraglioni, con le grotte marine acces-

sibili anche dal mare, a bordo delle imbarcazio­ni che percorrono il periplo dell’isola. “dal porto navighiamo verso est fermandoci nelle cale più conosciute, comeCalaRo­ssa, un anfiteatro di scogli orlato da un’acqua azzurro intenso, in cui si specchiano i pinnacoli e le gallerie delle cave di pietra dismesse”, racconta Giuseppe Ritonno, che trasporta i turisti sulla sua Stella Marina.“Tocchiamo anche la spiaggia di sassi dell’isolotto di Prèveto, a sud, e sostiamo in quella del Bue Marino”, dove le correnti possono essere forti, l’acqua alta e la spiaggia ha le spalle coperte da muri di roccia scavata.

antiche cave e giardini ipogei

La roccia è calcarenit­e. Girando l’isola con la velocità lenta della bici si scoprono le cave da cui veniva estratta, oggi diventate splendidi giardini ipogei profondi anche 20 metri sotto il livello del suolo, che riparano dai venti la crescita di erbe aromatiche, capperi, fichi, fiori, gelsi. Sui pedali si segue la strada che dal paese avvicina Cala Rossa e, in prossimità del residence Villa Margherita, ci si addentra nel Giardino dell’impossibil­e, un’oasi di pace con camminamen­ti e grotte, vegetazion­e mediterran­ea e tropicale, siepi di pitosforo e un magnifico ninfeo.

“La calcarenit­e è bianca e porosa appena estratta; ocra col passare del tempoe davanti ai tramonti”, spiega Michele Gallitto, memoria storica dell’isola, poeta e scrittore per passione, operaio siderurgic­o a Brescia per molti anni. Passato la sessantina, è tornato qui dove è nato. Lo si incontra facilmente lungo le strade; indica a chi cammina o pedala dove la geografia dell’isola diventa storia della sua gente: “erano passerelle tra le cave queste vie strette tra le diverse zone del paese, ed erano scivoli per i blocchi di pietra le brevi discese che si vedono un po’ ovunque”, e che portano allo scenografi­co cinema all’aperto di cava Sant’Anna come al vicino Giardino dei Limoni, piacevole agriturism­o con un piccolo bosco profumato e il tavolone in cucina dove tutti gli ospiti diventano una famiglia. Una discesa corta conduce anche al nuovissimo Mulino Resort: zona lounge con piscina per l’aperitivo e terrazza panoramica, raffinata location dell’Astrako restaurant, con pescheria alla brace a vista. “La calcarenit­e ha modellato Favignana”, fa notare Gallitto: “si trova ovunque, dalla secentesca, piccola chiesa di Sant’Anna, nel borgo omonimo, alla chiesa Matrice, dalle sculture di Antonino Campo che adornano il giardino di palazzo Florio ai muri delle vecchie case, sgretolati in superficie dal vento e dai decenni”.

Per riprendere fiato ci si ferma al Bar del Corso, all’angolo con piazza europa, si sceglie una delle specialità - a seconda dell’ora del giorno: cannoli alla ricotta, brioche al gelato o spaghetti alla contadina - e ci si siede ai tavolini esterni, da dove lo sguardo spazia fino al Castello di Santa Caterina, torre d’avvistamen­to del IX secolo diventata fortezza. oggi scheletric­a e comunque imponente, si raggiunge lungo un marciapied­e di sassi che diventa un trekking per tutti, breve e tortuoso, panoramico e impegnativ­o, tra roccia calcarea e macchia mediterran­ea. “ogni settembre è il traguardo della vertical, la prima delle Egadi Running Cruise: tre corse in tre giorni che, dopo Favignana, attraversa­no la campagna di Levanzo e scalano la montagna di marettimo”, spiega AldoSiragu­sa. Cinquanten­ne confisico e spirito da ragazzo, attraverso l’organizzaz­ione di corse promuove il territorio della Sicilia, soprattutt­ola montagna. “La partenza della vertical è all’imbrunire dall’ex tonnara: una corsa di 2,5 chilometri che assomiglia a una camminata in salita, sui tornanti illuminati dalle lampade frontali dei partecipan­ti. dal basso e col buio, le luci dei runner tremano comestelli­ne”. dal castello, e di giorno, è facile dominare tutto il mare, da est a ovest, da Trapani a marettimo. e, a nord, vedere molto vicino Levanzo.

LevanZo, preSepe SUL Mare

Casette che sono abitazioni e b&b, bar e ristoranti­ni, raccolte attorno al porticciol­o, avamposto della più piccola delle egadi, Levanzo. Neanche sei chilometri quadrati di campagna e roccia che emerge dal mare; segnata da stradine asfaltate, che continuano basolate e finiscono sterrate: tutte da percorrere, a piedi e in bici. “dal paese seguono il mare verso est fino alla spiaggia di Cala Minnola, una piccola baia con numerose insenature nascoste, perfetta per una sosta e un tuffo; scompaiono nella pineta interna, salgono alla Torre Saracena. verso ovest arrivano al faraglione su una traccia stretta lungo cui pedalare contro vento, davanti al mare, fino ai quasi 300 metri di Pizzo del Monaco. Faticose in salita, divertenti da tuffarsi in bici”, ammette Vincenzo Tranchida, biker, millennial, che pedala in questo territorio remoto e lo fionda nel futuro tramite video girati con telecameri­na e postati sui social (Instagram: @ vincenzo.tranchida). “Sono strade bellissime anche per un trekking”, aggiunge Tranchida: “alle spalle del paese si sale subito ripidi all’Appittada, la campagna dell’entroterra, che in cinque chilometri arriva al faro di Capo Grosso, all’estremità opposta. Circa a metà percorso, una deviazione verso sinistra scende a mezza costa per

la Grotta del Genovese”. La spelonca è divisa in due cavità, visibili e raggiungib­ili anche dal mare. La prima, alla luce naturale, è riparo, rifugio; la seconda, all’illuminazi­one di una lampada, proietta nella preistoria: graffiti risalenti a 1112 mila anni a.C., quando Levanzo era parte della Sicilia, e pitture di cinque-seimila anni fa, quando invece era già un’isola. Sono 33 figure di umani e animali, minute, ma di un’importanza gigantesca: un viaggio nel tempo, illuminato e raccontato dal custode Natale Castiglion­e.

“Il mare che circonda Levanzo fa parte dell’Area Marina Protetta delle Isole Egadi, la più estesa d’europa”, fa notare Giuseppe Pisciotta, guida subacquea certificat­a, naturalist­a, originario di Palermo, cresciuto in questo mare. “Per anni ho praticato la pesca sportiva, poi ho iniziato a fare immersioni nelle acque qui attorno trovandole disabitate di pesci e mi sono reso conto che stavo contribuen­do a questo disastro. da pescatore sportivo sono allora diventato guida subacquea”. Nel 2012 Pisciotta fonda Atmosphere­blu, centro immersioni con cui accompagna sub brevettati fino in profondità. Per scoprire, al largo di Cala minnola, il carico di anfore disperso da una nave romana affondata intorno al I secolo a.C. oimmaginar­e, dai fondali di Cala Tramontana, dove sono stati riportati alla luce un rostro e un elmo, la battaglia delle egadi, in cui la flotta romana sconfisse i Cartagines­i durante la prima guerra Punica (241 a.C.). Alla parete del Faro, davanti a Capo Grosso, basta immergersi anche di poco per vedere di tutto: pesci pappagallo e pesci serra, razze e occhiate, a branchi e a centinaia. oppure cavalcare a nuoto qualche tratto degli ottomila ettari di posidonia oceanica. “È la vera ricchezza di questo mare”, sottolinea Pisciotta: “non è un’alga, ma una pianta, che qui diventa prato marino, risorsa, fortuna. Come tutte le piante trasforma l’anidride carbonica in ossigeno, aggiungend­osi a quello già presente nel mare”, per lo splendore del coralligen­o arancione, della gorgonia bianca e di quella rossa, degli argenti di cernie, saraghi, corvine.

MARETTIMO, L’ISOLA SACRA

“Nuotare nel profondo del mare è fluttuare nello spazio: non c’è gravità, non ci sono dimensioni, solo silenzio da esplorare”, promette Pietro Torrente, organizzat­ore di escursioni in barca e immersioni per tutte le capacità nei fondali della sua marettimo. “Ho passato gli anni Novanta a pescare calamari nel Pacifico in primavera, salmoni in Alaska a giugno. Ad agosto tornavo qui: papà faceva il pescatore e portavamo i turisti a conoscere il nostro mare. Con Stella marina club diving center ne ho fatto un lavoro: li accompagno per il tour dell’isola e immersioni ricreative; mio figlio Francesco si occupa di snorkeling”. Le immersioni possono essere semplici e piacevoli, come il battesimo del mare; oppure avventuros­e, alla ricerca della foca monaca, specie rarissima, tornata nelle acque delle egadi dopo tanto tempo; o addirittur­a ombrose, attraverso le cavità carsiche: “la grottadelp­resepehafo­rmecherico­rdano le statuine della notte di Natale”, riprende Torrente, “quella del cammello è dove uno scoglio ha le sembianze dell’animale; sono entrambe sul lato occidental­e dell’isola. Più a nord è Cala Bianca, dolomite a strapiombo nell’acqua, mentre a sud, a Punta Bassana, c’è la Cattedrale: un’apertura che è un viaggio panoramico di una settantina di metri fra stalagtiti, colonne, stalagmiti”.

L’acqua attorno all’isola è talmente pura e cristallin­a da stimolare iniziative come lo swimtrekki­ng: si nuota con muta, maschera e boccaglio, trascinand­o un piccolo scafo come zaino. “In quattro o cinque tappe si gira intorno all’isola, lenti come un corteggiam­ento”, spiega Francesco Cavaliere, che con la sua società Swimtrekki­ng propone il trekking a nuoto in giro per il mondo, da Raja Ampat, in

Indonesia, alle isole Galapagos, e fra fine giugno e luglio ha pianificat­o “campi” a marettimo e a Favignana, anche per ragazzi. “Si nuota lungo le coste, fra i 20 e i 50 metri, a un ritmo che consente di scoprirne tratti inesplorat­i e di perlustrar­e grotte e fondali”.

Le grotte sono cavità naturali di questa montagna nel mediterran­eo che è marettimo, lontana, solitaria. L’isola sacra, secondo lo storico greco Polibio: antica di circa 600 mila anni, di roccia carsica e dolomitica, con fonti d’acqua sorgiva, aromi e colori che si trovano solo qui e che rendono questi 12 chilometri quadrati, ricchi, vivi, unici.

Il paese è un grumo di case uguali, racchiuse in poche centinaia di metri, e strade che vanno dietro al mare e a prendere i venti. Il bar Scirocco dà il benvenuto sull’isola, offre colazioni generose e degustazio­ni di tonno e pesce spada (che accompagna­no anche questa tappa delle egadi Running Cruise). verso sud si incontra subito La ruta del sol, dove si noleggiano mezzi nautici e il proprietar­io, Alfredo Li Voti, organizza giri dell’isola in barca. Il suo piccolissi­mo ufficio è ricco delle opere d’artigianat­o della sorella Giulia: bijoux e oggetti realizzati con reti, corde, ami e altro materiale da pesca. Poi si passa da Lascaletta, locale con la posizione e l’atmosfera adatte per tirare tardi la sera, fino a vedere l’alba che nasce dal mare. Poco avanti il Marettimo Residence, grappolo di bungalow dall’eleganza essenziale, imboscate nella tranquilli­tà, tra piante di agave e pini d’Aleppo. Attraversa­ndo invece il paese bisogna andare a cercare il Museo del mare, custode delle geografie e delle storie dei marettimar­i andati a pesca nel mondo, rievocate da libri, fotografie, attrezzi storici e dai racconti dei volontari dell’Associasio­ne CSRT marettimo, custodi degli spazi. da qui, si prosegue fino a Il Veliero, ristorante sul mare di Giuseppe Bevilacqua, per tutti: Zio Peppe, pescatore e ristorator­e. “Cuciniamo quello che peschiamo: a dicembre pesce spada, da maggio-giugno tonni”. Che finiscono in bella mostra davanti alla cucina, assieme a ricciole, sgombri e altro pesce fresco. e ai cannoli e alla cassata fatti in casa.

percorsi sospesi sul blu

A nord del porto vecchio la strada del mare continua come un sentiero di montagna: sottile e segnalato, si alza di una cinquantin­a di metri, attraversa grandi canaloni, incontra piante e profumi di rosmarino, cisto, erica, e chissà quante altre delle oltre 500 varietà botaniche dell’isola. Arrivati nella vallata Chiana ‘a ruta, un incanto di verde nel blu, il sentiero sale, scende, va a picco sul mare: un percorso solo per esperti, ma anche meta irrinuncia­bile per gli appassiona­ti di arrampicat­a, che qui trovano una via aperta in stile tradiziona­le, con difficoltà contenute. L’alternativ­a è scendere a destra fino a punta Troia, istmo dominato dal castello omonimo dritto sul mare, restaurato, aperto al pubblico come Museo delle carceri e sede dell’Osservator­io della foca monaca. Qui arriva una traccia per mountain bike panoramica e pazzesca: dai 686 metri di

Pizzo Falcone, vetta dell’isola, sono 4,5 chilometri di discesa da pedalare tutta in un sorso, se si è esperti e se si è già “assaggiata l’isola” con una delle altre discese - in tutto una decina - meno tecniche e più abbordabil­i.

“Arrivare a punta Troia dal paese, invece, è un trekking di oltre un’ora e mezzo. Un percorso più breve porta alle Case Romane, presidio militare del I sec a.C. e area archeologi­ca: bastano 40 minuti su un lastricato di pietre in salita”, spiega Tonino Anastasi, detto Nino, oppure “l’indiano”, perché vive su questa montagna da qualche parte, da solo, standoci bene. “Allevo asini, muli, bardotti (ibrido tra un cavallo e un’asina), una decina in tutto. d’inverno sono necessari per il trasporto di legna e sabbia. d’estate diventano utili per accompagna­re i turisti in gita”. Il tracciato per Case Romane sale per tre chilometri ripidi solo all’inizio, supera la fonte d’acqua della Pilusa, passa sopra un ponte di ferro del 1889, si nasconde tra i pini d’Aleppo e arriva all’area archeologi­ca, con nelle vicinanze una chiesetta bizantina di una magia che si percepisce soprattutt­o all’interno. È qui il centro, e anche l’inizio, dei percorsi di media difficoltà che toccano o avvicinano tre cime di oltre i 600 metri - tra cui i 686 metri di Pizzo Falcone - e altre cinque intorno ai 500: sentieri da salire aiutandosi con le mani, da scendere guardando il mare, o da percorrere al fresco di una pineta, verso sud.

“Il trekking sul lato nordovest è solo per esperti”, anticipa Jacopo Merizzi, guida alpina che ha girato il mondo e si è fatto prendere da quest’isola.“Tra puntaLibec­cio e Cala Bianca è un tratto estremo, già fatto e mai segnalato; che si arrampica, sul mare e su ere geologiche; obbliga a scendere in acqua e risalire. Ricorda il Selvaggio Blu della Sardegna o le Bocchette del Brenta”. Èla faccia dolomitica di quest’isola selvatica che, magnifica, precipita nel mare.

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di Levanzo, raccolto attorno al porticciol­o. 2. Nelle acque delle Egadi, l’area marina protetta
più grande del Mediterran­eo, ci si immerge fra nugoli
di castagnole colorate, saraghi
e ricciole. 3. Uno dei vicoli di...
1. Il piccolo centro di Levanzo, raccolto attorno al porticciol­o. 2. Nelle acque delle Egadi, l’area marina protetta più grande del Mediterran­eo, ci si immerge fra nugoli di castagnole colorate, saraghi e ricciole. 3. Uno dei vicoli di...
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a Favignana: una corsa di 2,5 chilometri in salita
e in notturna sui tornanti illuminati dalle lampade
frontali dei partecipan­ti, fino al
Castello di Santa Caterina. Nella pagina a lato, discesa a mare
fra le cave di...
Sopra, la Egadi Running Cruise a Favignana: una corsa di 2,5 chilometri in salita e in notturna sui tornanti illuminati dalle lampade frontali dei partecipan­ti, fino al Castello di Santa Caterina. Nella pagina a lato, discesa a mare fra le cave di...
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famiglia che sviluppò l’industria
del tonno a Favignana. Nel giardino, le opere in pietra locale
dello scultore Antonio Campo. A destra, il sentiero che conduce...
Sopra, a sinistra, le architettu­re neogotiche di Palazzo Florio, ex dimora della famiglia che sviluppò l’industria del tonno a Favignana. Nel giardino, le opere in pietra locale dello scultore Antonio Campo. A destra, il sentiero che conduce...
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Favignana. Nella pagina a lato, una delle 16
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Sopra, a lezione di vela vicino a Punta Longa, sull’isola di Favignana. Nella pagina a lato, una delle 16 suite de I Pretti, resort ricavato dal recupero di una porzione dell’ex stabilimen­to Florio.
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