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…Parigi, maggio2018

Cinquant'anni dopo, il Maggio '68 è il tema di mostre, reading, serate. Siamo tornati nel Quartiere Latino per raccontare ai nostri ragazzi cosa è accaduto in quelle strade e piazze. Scoprendo bistrot, musei, vetrine di ieri e di oggi

- di I larIa S Imeone foto di a leSSando Ca poCCIa

c’è una foto in bianco e nero che ritrae un ragazzo in boulevard Saint Michel, tra l’università la Sorbona e il liceo Saint-Louis, con il braccio alzato, in mano una pietra strappata al selciato. Sta fissando una camionetta della polizia, prende la mira, lancia il sasso che va a colpire con millimetri­ca precisione la testa del brigadiere Christian Brunet. Parigi, 3 maggio 1968, cinquant’anni fa. Sono le 17.30: con quel gesto, le proteste degli studenti contro la guerra in vietnam e l’imperialis­mo americano, contro la vecchia università e il principio d’autorità, contro una società restia ad accettare il cambiament­o dei costumi (la pillola anticoncez­ionale divenne legale solo alla fine del ‘67, dopo un acceso dibattito parlamenta­re), si trasforman­o in rivolta. Il Maggio ‘68 si consumò in un mese e mezzo e si svolse per lo più in pochi chilometri quadrati della città, tra il v e il vI arrondisse­ment, tra il Quartiere Latino e Saint-Germain-des-Prés. Ripercorre­re oggi con i nostri ragazzi quei luoghi di Parigi, tra rievocazio­ni, mostre, dibattiti, incontri, spettacoli teatrali e notti bianche, è un modo per rivivere il più grande movimento sociale nella storia di Francia del XX secolo. Cuore della protesta fu la Sorbona, occupata il 13 maggio per cinque settimane dai manifestan­ti e trasformat­a in una specie di casa aperta, permanente­mente animata da giovani che vivevano lì giorno e notte come in una festa continua: si incontrava­no, si parlavano, si arrabbiava­no, si innamorava­no. Per chi vuole rivivere quell’atmosfera, il Centre Pompidou organizza una singolare performanc­e, Mai 68 Assemblée Générale: per tre settimane (dal 28 aprile al 20 maggio) il Forum del centro sarà teatro di dibattiti, proiezioni, mostre, laboratori, tutti a ingresso libero.

oggi La Sorbona è un’università chiusa al pubblico per ragioni di sicurezza: vi entrano solo studenti e insegnanti dopo aver mostrato i documenti. Turisti e curiosi possono fermarsi, invece, nei tanti caffè e librerie attorno che, da quel maggio, hanno cambiato insegne e arredi, ma sono ancora pieni di giovani come allora. Per esempio, la libreria di Joseph Gilbert, la più grande della prima catena indipenden­te di Francia, inaugurata nel 1888. Nella primavera del ‘68 era al numero 30 di boulevard Saint Michel; poi negli anni si è allargata, ha invaso i numeri civici vicini fino a coprire una superficie di tremila metri quadrati, con 500 mila titoli in magazzino e due milioni di volumi a disposizio­ne. Il negozio originale è diventato la Papeterie, la cartoleria, e vende ancora i grandi quaderni amati da Umberto eco, quelli su cui lo scrittore disse di aver buttato giù le prime bozze de Il nome della rosa. Non è cambiata Shakespear­e & Company, la

Nel 1968 la Francia aveva 605 mila studenti universita­ri, come quelli di gran Bretagna, germania dell’Ovest e Belgio messe insieme

leggendari­a libreria creata nel 1919 da Sylvia Beach nei pressi dell’odéon, chiusa dai nazisti e riaperta nel 1951 al 37 rue de la Bûcherie da George Whitman: un antro tappezzato di scaffali carichi di libri frequentat­o da Allen Ginsberg, William Burroughs, Anaïs Nin, Julio Cortázar, Henry Miller, che ospita spesso reading di autori emergenti. dal 2015 la libreria vanta anche un caffè letterario con menu prevalente­mente vegetarian­o. Generazion­i di studenti sono passate dai tavoli di Polidor, brasserie dal 1845 (ben poco è cambiato da allora), che annoverava tra i suoi avventori Boris vian, eugène Ionesco, Raymond Queneau e Georges Wolinski, matita satirica dei fogli sessantott­ini. Stessa atmosfera si respira alla brasserie Balzar: gli arredi Art déco e i clienti, in maggioranz­a studenti e professori della vicina Sorbona, ricordano i caffè dei tempi della rivolta.

Come l’università, anche l’Odéon, nell’omonima piazza, fu occupato: il 15 maggio ’68 diventò un teatro aperto. Per settimane nella grande sala in stile italiano, sotto la volta dipinta da André Masson, si alternaron­o sul palco giovani arrabbiati e giovani curiosi per parlare di tutto, in un immenso sfogo collettivo: politica e sesso, vita e morte, cose pubbliche e private. Sul massiccio frontone, sopra le imponenti colonne, uno striscione recitava L’immaginazi­one prende il potere all’ex teatro dell’Odéon, ingresso libero. dentro, le pareti erano state colorate da un florilegio di scritte, così come i muri del Quartiere latino, della Sorbona e di tutta Parigi. Per ricreare quella città parlata e parlante, dal 4 maggio la facciata posteriore del Palais de Tokyo si trasforma in una sorta di gigantesco foglio: l’artista escif dipingerà un monumental­e murale, Open Borders, riportando in vita gli slogan e i graffiti di 50 anni fa.

Per comunicare la loro voglia di novità, ai giovani sessantott­ini gli slogan “vietato vietare”, “L’immaginazi­one prende il potere”, “Io decreto lo stato di felicità permanente” non bastavano. Così, il 16 maggio, alcuni studenti occuparono anche l’École des Beaux-Arts e si impossessa­rono di una macchina per litografie, improvvisa­ndosi autori di manifesti che poi affiggevan­o sui muri della città: disegni semplici, immediati, spesso in bianco

e neromadi grande impatto emotivo. diventaron­o subito i tazebao del Maggio, sarebbero diventati poi oggetti da collezione. Fino al 20 maggio, quei piccoli capolavori della creatività tornano a riempire le Beaux-Arts, insieme a sculture, installazi­oni, foto, volantini e riviste del Maggio, nella mostra Image en lutte. Accanto alle affiche più celebri, si potranno vedere anche alcuni progetti di manifesti rimasti inediti e ritrovati di recente.

Attorno all’École des Beaux-Arts il quartiere di SaintGerma­in-des-Prés ha cambiato pelle. Le strade di quello che ai tempi era il cuore della vita culturale parigina ora sono piene di ristoranti, locali alla moda, negozi di griffe, boutique di lusso e indirizzi gourmand. Come Pierre Hermé, il Picasso della pasticceri­a, celebre per i macaron (da provare il Mogador, ripieno di cioccolato al latte e frutto della passione, e l’Ispahan, con rosa, lampone e litchi). Tra le sue ultime creazioni, il Lapin François Pompon, un coniglio di cioccolato al latte caramellat­o e leggerment­e salato. Nella zona, comunque, restano ancora storici caffè e solide trattorie con tovaglie a quadret- ti, menu robusto e una nutrita lista di vini. Il bistrot Le Petit Saint Benoit, nell’omonima via a due passi dalle Beaux-Arts, è lo stesso di quando aprì i battenti nel 1901; la cucina è quella tradiziona­le, che incantava Jacques Prevert e Marguerite duras: lumache alla bourguigno­nne, pasticcio alla parmentier, cosciotto d’anatra candito. Appena pochi metri e, all’angolo con boulevard SaintGerma­in, il Café de Flore è un monumento alla Parigi di un tempo: il leggendari­o locale frequentat­o da Simone de Beauvoir e Jean-Paul Sartre (nel ‘68 unico intellettu­ale a essere applaudito dagli studenti della Sorbona occupata), Pablo Picasso e Yves Saint-Laurent, conserva gli arredi d’antan e le foto degli illustri avventori, ma oggi è frequentat­o soprattutt­o da curiosi e stranieri. di fronte, Les Deux Magots, anch’esso un tempo ritrovo di intellettu­ali ed esistenzia­listi, oggi è affollato di turisti, come il Flore. Più rilassata l’atmosfera da Chez George, nella piccola rue des Canettes: qui, tra arredi che sono gli stessi degli anni Cinquanta, si gioca a scacchi e si beve un bicchiere di vino o un St Raphaël Quinquina, storico aperitivo

a base di vino fortificat­o con corteccia di china; di sera il locale si riempie di studenti. Qualche strada più in là, al 4 di rue de Grenelle (non lontano, merita una visita il nuovo Musée Rodin), nella stessa via dove si discussero i famosi accordi tra il primo ministro Pompidou, gli industrial­i e i sindacati operai che misero fine al Maggio, c’è una piccola boutique d’abiti griffati. Aperta dalla stilista Sonia Rykiel proprio nella primavera del 1968, dovette chiudere qualche giorno dopo l’inaugurazi­one e tenne le saracinesc­he abbassate fino all’estate. era l’unico negozio di moda di Saint-Germain-des-Prés, allora un quartiere popolato soltanto da librerie e antiquari. ora l’antesignan­o del fashion, con le sue semplici boiserie in legno bianco, se ne sta stretto tra le vetrine di Prada, le scarpe firmate Laure Bassal e gli ultimi modelli di Ferragamo in quello che è diventato il quadrilate­ro della moda parigino. Un omaggio all’atmosfera del quartiere di allora è la grande boutique della Rykiel rinnovata qualche anno fa, al 175 di boulevard Saint-Germain-des-Prés: gli abiti quasi si perdono tra i monumental­i scaffali-libreria che salgono fino al lucernario, originale ed evocativo elemento d’arredo.

La decisione di Sonia Rykiel di chiudere fu una scelta obbligata. La sua boutique rischiava di essere travolta dai disordini che in quel mese di maggio erano all’ordine del giorno: poliziotti in tenuta antisommos­sa da una parte, studenti in manifestaz­ione dall’altra; alle cariche con i manganelli dei primi, i secondi rispondeva­no usando i sampietrin­i delle strade come proiettili ed erigendo barricate con auto rovesciate, alberi tagliati, segnali stradali divelti, porte abbattute. La mattina dell’11 maggio, dopo una notte tra le più violente, rue Gay Lussac sembrava irriconosc­ibile. oggi è un ampio e tranquillo viale asfaltato – dopo le battaglie del Maggio il pavè sparì da molte vie del Quartiere latino - bordato da ottocentes­chi ed eleganti palazzi, piacevoli negozi e qualche curioso locale. Come Bistroy Les Papilles, al numero 30: enoteca, drogheria e bistrot dove si può comprare una bottiglia di vino, mangiare un panino o un’insalata a mezzogiorn­o oppure cenare, a prezzi modici.

Più simile alla Parigi dei tempi del Maggio ‘68 il groviglio di stradine, piccole piazze, passaggi e slarghi che si dipana attorno a place de la Contrescar­pe. Queste viuzze, dove le barricate si addossavan­o disordinat­amente le une alle altre, conservano i passaggi stretti, i vecchi sampietrin­i, i chioschi a buon mercato, qualche vetusta sala d’essay come l’epèe de Bois. Lungo il budello di rue Mouffetard

Parigi sembra quella di 50 anni fa: banchi del mercato, botteghe di formaggi (da provare quelli di Androuet al numero 134), Le Vieux Chêne, il bar più antico della capitale dove si davano appuntamen­to i rivoluzion­ari fin dal 1848, ora popolato di studenti.

Il Maggio ’68 fu lo scatto d’orgoglio, forse ingenuo, di una generazion­e di giovani che, pur contestand­o il potere del generale de Gaulle, non aveva alcuna intenzione di prenderne il posto. voleva semmai, utopistica­mente, creare un mondo nuovo. Alla fine, nonostante la protesta studentesc­a si fosse allargata a tutta la società, sfociando in uno sciopero di dieci milioni di persone che paralizzò la Francia, la Quinta Repubblica rimase ben salda sul proprio scranno: il 30 giugno, alle elezioni, i parigini ridiedero fiducia al loro generale. Ma quella primavera, tra inni rivoluzion­ari e polemiche non ancora del tutto digerite, cambiò definitiva­mente i rapporti tra genitori e figli, tra insegnanti e studenti, tra donne e uomini. di quel sogno giovanile, sporcato da violenze e ingenuità, rimangono oggi migliaia di foto scattate dai grandi reporter dell’epoca, da Gilles Caron a Georges Melet, da Jeanine Niépce a Bruno Barbey. Molte di quelle immagini oggi possono essere ammirate alla Bibliothèq­ue nationale de France fino al 26 agosto. Una carrellata di volti, strade in guerra, vuote di automobili (lo sciopero dei benzinai lasciò per settimane Parigi a piedi) e ingombre di rottami e scritte. Tra gli scatti più noti, il ritratto che Gilles Caron fece a daniel CohnBendit, il leader più noto del movimento studentesc­o, mentre sorride ironico a un poliziotto in tenuta antisommos­sa. e la celeberrim­a immagine della Marianna del Maggio, rubata da Jean-Pierre Rey a Caroline de Bendern, una bionda ragazza di nobil lignaggio, mannequin ribelle, immortalat­a in place Edmond-Rostand sulle spalle di un amico mentre brandisce una bandiera vietnamita. Fiera, gli occhi rivolti verso il cielo, il cielo sopra Parigi e sopra un mondo che voleva diverso.

 ??  ?? il bar a vins Chez Georges, nel cuore del quartiere di Saint-germaindes-prés. il décor è rimasto quello di un tempo e ancora oggi è frequentat­o dai protagonis­ti di quegli anni. A destra, un’immagine oggi dei trafficati­ssimi Champs-Elysées.
il bar a vins Chez Georges, nel cuore del quartiere di Saint-germaindes-prés. il décor è rimasto quello di un tempo e ancora oggi è frequentat­o dai protagonis­ti di quegli anni. A destra, un’immagine oggi dei trafficati­ssimi Champs-Elysées.
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in alto, rue Mouffetard, la Mouffe per gli habitué. È famosa per il mercato, anche di prodotti biologici,
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A destra, l’Arco di trionfo dalla terrazza dell’agenzia
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UNA xxxxxxxxxx VITA in alto, rue Mouffetard, la Mouffe per gli habitué. È famosa per il mercato, anche di prodotti biologici, e le botteghe di formaggi, foie gras, frutta esotica. A destra, l’Arco di trionfo dalla terrazza dell’agenzia publicis,...
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 ??  ?? La Sorbona oggi. L’università è accessibil­e solo agli studenti, ma la piazza è affollata di caffé e locali all’aperto.
La Sorbona oggi. L’università è accessibil­e solo agli studenti, ma la piazza è affollata di caffé e locali all’aperto.
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22 MAggIO 1968 LA SORbONA Studenti di fronte all’ateneo (celebre l’intervento dello scrittore Jean-paul Sartre) nei giorni in cui gli scioperi coinvolser­o, secondo molte fonti, 10 milioni di persone.

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