colli euganei | Il Cibo è cultura
a filo d’acqua.
Ville del Seicento e giardini
rinascimentali. Castelli e osterie. In Veneto, un
viaggio sorprendente lungo i canali antichi
Oltre Venezia e la laguna. Oltre il Brenta e le sue ville patrizie. Oltre le mete più famose del Veneto c’è un altro Veneto. Di strade d’acqua, che tra argini e canneti portano a castelli e dimore della nobiltà: i Colli Euganei. Erano proprio i barcàri a trasportare olio, vino e tabacco per le feste dei patrizi lungo i canali Bisatto e Battaglia. Acqua passata? No, ancora oggi si può navigare lungo queste storiche idrovie da Padova ai colli, un magico mosaico di vigne, ulivi, giardini d’epoca, piste ciclabili (63 chilometri). Un viaggio slow per gustare anche la cucina delle trattorie euganee. È affascinante scoprire Padova dall’acqua come prima esperienza di navigazione. Ci si può imbarcare alla conca di Porta Contarine e godersi mura rinascimentali e il passaggio nel Portello, storico porto, con una scalinata perduta e interrata fino a 30 anni fa, riscoperta grazie a un padovano che ne ha avviato la ricerca dopo averla notata in un quadro del Canaletto a Washington. Da Padova alla Riviera Euganea, la rotta più affascinante per i paesaggi rivieraschi è lungo il canale Battaglia fino alla conca di navigazione di Battaglia Terme. Si può fare anche con le barche d’epoca di Navigare con Noi, persino con le caorline della voga veneta e il circolo remiero El Bisato, che ha sede proprio a Battaglia Terme, paese fluviale strategico per la vicinanza al castello del Catajo. E per il piccolo, ma intenso museo
della navigazione fluviale, con modellini, strumenti e vita di bordo dei barcàri, protagonisti dell’epopea dei commerci. La conca di navigazione, che risale al 1923, oggi è un museo diffuso di imbarcazioni storiche, il burcio Luisa, i rimorchiatori Pavia e Sparviero, la caorlina Giorgia.
Faggi, magnolie e cicchetti in osteria
L’acqua circonda, avvolge, alimenta quasi ogni luogo. Corona la reggia euganea, il castello dei Catajo, simbolo di potere degli Obizzi, famiglia di capitani di ventura giunti dalla Borgogna nel 1007, diventati sempre più ricchi attraverso servigi bellici e matrimoni astuti, fino a costruirsi nel ‘500 questa dimora fortificata, con affreschi di Giambattista Zelotti, allievo del Veronese. Si passa un ponte levatoio, si sale nei saloni lungo la rampa dei cavalli, si passeggia nel magnifico giardino che ospita eventi di musica, come il concerto jazz anni Trenta (7 settembre). L’acqua è protagonista a Valsanzibio, il giardino di Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani, uno dei più integri parchi d’epoca al mondo. Il 60 per cento delle piante risale al Seicento: magnolie, faggi penduli, il cedro californiano più antico d’Europa. Un airone cinerino si posa sulle fontane monumentali, sorvola il labirinto di bossi e la zona più wild, che ospita incontri letterari, feste e picnic. Nel segno dell’acqua anche Villa Papafava dei Carraresi, nella Tenuta di Frassanelle, con il lago e le grotte, entrambi artificiali, sfizio dei giardini romantici nell’800. E che giardini: 120 ettari di prateria, boschi
di pioppi, cipressi e frassini, macchie di bambù. L’acqua è il segreto delle porcellane di Este Ceramiche, una delle più antiche manifatture d’Europa (dal ‘700), sul canale che portava a Venezia da Este, bella cittadina di vecchi vicoli e mura. L’acqua del canale Battaglia fluisce fino a Monselice, tappa d’arte e di buon cibo. I cicchetti, le tapas italiane, accompagnano gli aperitivi, spritz o vino: il resto è roba da forèsti. Sono 150 i vini in lista all’osteria Mazzini, dove i cicchetti sono quasi da alta cucina. Ecco l’uovo come una volta, con acciughe, capperi e maionese (vera), mazzancolle in saor, polpo con zenzero, patate e carciofo. Un cicchetto tira l’altro e si arriva al tiramisù, “che richiede 25 minuti di lavorazione a frustra della crema”, dice il titolare Denis Gallo, giovane oste e vivaista che sogna di esportare i chicchetti nel mondo. L’osteria Mazzini è nella piazza, prima della salita per quella straordinaria antologia di torri, fortezza, armeria del famoso castello di Monselice, uno dei tanti gioielli euganei. Mentre è più noto all’estero, che in Italia, il giardino di Villa Emo a Rivella, nel rigoglio agreste della campagna intorno a Monselice, paradiso dei ciclisti. A Villa Emo si ammirano rose antiche, iris e calle lungo peschiere cinquecentesche, bordure all’inglese dove si mescolano salvia e margherite, campanule e fiori alpini.
A 14 chilometri da Monselice c’è un altro indirizzo storico (dal 1605), l’Antica Trattoria Ballotta, con un glicine di 200 anni monitorato dall’università di Padova. Ex stazione di posta, ha ospitato le carrozze di Ga-
La villa del ‘500; il castello tra rose e vigneti che risalgono al Medioevo; l’agriturismo in una barchessa del XVI sec. Sui Colli si dorme sempre nel verde, nell’arte e nella storia
lileo e Casanova, mentre ora stupisce una collezione di automobili Ford dal 1917 al 1927. Sul filo della memoria, l’aneddoto sul giornalista Orio Vergani, che avrebbe ideato l’Accademia Italiana della Cucina ai tavoli del ristorante. Attingono alla memoria anche le ricette del torresano, piccione di torre con salvia fritta, il saor di gallina padovana, i bigoli in salsa. Di sera non bisogna salire troppo tardi alla Trattoria Al Sasso, per godersi il lucore che precede il tramonto lungo la panoramica tutta curve, fra colli e castagneti. Sembra un’osteria di campagna, ma all’interno svela ordine, lindore di tovaglie, quadri contemporanei. Pochi piatti in menu, perché cucinati al momento; in autunno vanno in scena funghi, maialino di latte e coscia d’oca, ma la specialità sono i fritti, leggerissimi, di pollo, verdure, ortiche e rosole, germogli di papavero. Sono le luci della sera a rendere magico il fascino medievale di Arquà Petrarca, tra i Borghi più belli d’Italia. Tanti riconoscimenti non solo per la casa-museo di Francesco Petrarca, ma anche perché il paese è un gioiello ben tenuto: l’illuminazione sapiente valorizza muri, torrioni, case antiche e l’ingresso di osterie che esaltano la tradizione gastronomica, come Al Guerriero, dove ogni piatto è spiegato attraverso la storia del territorio.
Si va nei Colli Euganei anche per fare provviste di prodotti sani, bio, nati dal ritorno alla terra di giovani che continuano l’attività agricola dei padri, come Devis e Jacis Zanaica, sempre sorridenti mentre passeggiano fra gli ulivi, enumerando i tanti riconoscimenti ricevuti dal loro Frantoio di Cornoleda, dalla certificazione bio all’ultimissimo premio
Il Castello del Catajo è una vera e propria reggia euganea, con affreschi di Giambattista Zelotti, allievo del Veronese
Grande Olio di Slow Food. Un altro personaggio con il fuoco della passione è Sandro Zancanella della fattoria La Pignara, che risale (inalterata) al ‘300, con aggiunte del ‘500. Non si considera agricoltore, ma agricultore: “Secondo Zaratustra l’agricoltore è la persona più erudita, sa di stelle, di terra…”. E così, mentre illustra i suoi ortaggi senza prodotti di sintesi, le marmellate prive di conservanti, racconta dei ciopa biscotà, il pane dei marinai cotto due volte per conservarlo dall’umidità, di come il focolare fosse il frigo della case rurali. I suoi prodotti sono in vendita nei mercati contadini (lapignara.it). Lo shopping gastronomico più peccaminoso si fa all’abbazia di Praglia, 13 mila metri quadri di arte e di ora et labora benedettino. Quattro chiostri, un patrimonio di 130 mila volumi nella biblioteca, il laboratorio dove sono stati restaurati 25 mila libri antichi, lettere di Galileo e bolle di papi. Sotto la loggia superiore si dispiegano dieci ettari di vigneto, campi di lavanda e piante officinali, poi vendute nel negozio insieme a cosmetici, cioccolato, vini, marmellate sublimi.
Si guida fino a Cà Lustra, a Faedo, in un paesaggio sereno, fitto di rose e viti, per comprare vini bio, il bianco e il rosso dei Colli, il Sassonera, che matura per tre anni, il Marzemino passito. E scoprire i piatti con le erbe spontanee del Cinto Euganeo da Sgussa, vera trattoria di campagna. Si dorme sempre in luoghi secolari, orgoglio di casati, eredità di attività produttive mai interrotte. Come Brolo di Cà Orologio, barchessa di una villa veneta del XVI secolo, dove producono vino e olio, tra un pergolato di kiwi e trionfi di lavanda. L’ecosostenibilità è il biglietto da visita della Tenuta Montecchia dei Conti Emo Capodilista, premiata per l’utilizzo di energie rinnovabili. Vinificazione e affinamento con metodi naturali sono le caratteristiche di vini bianchi, rossi e d’annata prodotti nelle vigne che circondano castello e appartengono sin dal Medioevo alle famiglie, gli Emo, tra i fondatori delle Serenissima, e i Capodilista, giunti in Veneto con Carlo Magno. L’atmosfera che si respira qui è l’orgoglio per la buona terra e le tradizioni. Si comprano i vini, si visita la villa cinquecentesca, si dorme in alcune stanze del castello, fra mobili e quadrerie di famiglia, oppure nei casali. Vini e glorie del passato anche al Castello di Lispida, restauro di una proprietà settecentesca, dove affittano appartamenti e gli ospiti possono raccogliere frutta e verdura dell’orto. Il suo punto di forza è la cantina dove l’Amphora, bianco e rosso, invecchia in giare di terracotta. Come nell’antichità.
La Strada del Vino dei Colli Euganei è una rete virtuosa di cantine e agriturismi che fanno scoprire sapori e tesori del territorio