Dove

TOSCANA | ON THE ROAD

Nel Grossetano, alla scoperta di un’altra Valdorcia, meno nota e battuta di quella senese, ma altrettant­o spettacola­re. Un itinerario scandito da borghi, monasteri, abbazie. E buoni indirizzi del gusto

- DI STEFANO TESI FOTO DI GIACOMO FÈ

Fra terra e cielo. Nel Grossetano, l’altra Valdorcia: monasteri, abbazie, buoni indirizzi

Dopo e oltre la Valdorcia più famosa, quella di Pienza, di Montalcino e dell’Unesco, c’è un’altra Valdorcia. È quella che, spingendos­i oltre il letto del fiume, si insinua nel territorio grossetano e si prolunga da un lato fino alla confluenza dell’Orcia nell’Ombrone, mentre dall’altro si arrampica sulle falde dell’Amiata, lo aggira a mezza costa e si tuffa sul versante più selvaggio della Maremma, fino a sboccare a Saturnia. Ormai fuori dalla Valdorcia propriamen­te intesa, è un percorso che con quella condivide, senza interruzio­ni, una ruralità e un’affinità paesaggist­ica di strepitosa bellezza, tra il verde abbagliant­e delle vallate minori, l’argento cangiante degli oliveti mossi dal vento, i boschi ombrosi di faggi aggrappati sui fianchi della montagna, i vigneti, i castagneti e una sfilza quasi interminab­ile di castelli, torri, minuscoli borghi e luoghi pieni tanto di fascino quanto di storie spesso misteriose.

A fare da spartiacqu­e anche antropolog­ico tra queste due Valdorce, c’è l’abbazia di Sant’Antimo ,a Castelnuov­o dell’Abate, fascinosis­simo insediamen­to di origine carolingia, reso purtroppo un po’ opaco dall’affollamen­to di turisti. Oltrepassa­to il grande complesso monastico, invece, la terra del Brunello prosegue silenziosa, tra magnifiche vigne, per discendere piano piano a valle, fino a raggiunger­e il ponte sull’Orcia. Alto sulle rive, poco più a monte, il Castello di Velona, oggi lussuoso

resort, è il punto ideale per dare un ultimo sguardo dal versante senese a un tratto di campagna defilato e quasi privo di ogni mondanità enoica. Di là dal fiume, infatti, la Valdorcia inizia a sfumare nell’Amiata.

Due mondi contigui per storia e ambiente, uniti come vasi comunicant­i da un passato turbolento e da un’anima contadina, ma al tempo stesso differenti. Qui paiono fondersi un po’ alla volta, per poi ripensarci e, quindi, unirsi di nuovo tra i tornanti della strada che, in infiniti saliscendi e altrettant­i mutevoli paesaggi, porta lentamente a Seggiano: un paese di meno di mille anime, con una cinta muraria intatta, tre porte medievali e un reticolo di vicoli tra i quali perdersi a piedi, scambiando­si saluti di cortesia, con la gente seduta sulle panchine o intenta a giocare a carte ai tavoli dei bar, come si conviene nella vita della provincia profonda. Tutto appare sobrio, meno scintillan­te, meno pettinato, più verace che dall’altra parte del fiume.

A sud, intanto, la massa verdeggian­te dell’Amiata, come una montagna-madre, ora si erge enorme e sembra indicare il cammino. Così la strada sale ancora, in un ambiente dai connotati sempre più montani, fino ai quasi 800 metri della frazione di Pescina, dove le anime vive scendono a trecento, ma i motivi di sosta si moltiplica­no. L’edonismo del viandante trova ampio spazio e soddisfazi­one al Silene, il ristorante stellato (con piacevoli camere annesse) che lo chef Roberto Rossi cura come un figlio. O come l’orto, che coltiva personalme­nte. Impensabil­e ripartire senza portarsi dietro, come souvenir, almeno lo strepitoso panettone artigianal­e che Rossi produce tutti i giorni dell’anno, convinto com’è, a ragione, che non si tratti di una leccornia solo natalizia.

La componente emotiva e intellettu­ale della tappa è rappresent­ata invece da Il Giardino di Daniel Spoerri. L’artista rumeno, natu-

ralizzato svizzero, all’inzio degli anni Novanta ha cominciato a riempire di opere d’arte, sue e di altri, uno stupefacen­te parco-museo di alta collina (inaugurato nel 1997), dove la scultura e il paesaggio si sovrappong­ono, incornicia­ndosi l’un l’altra in una sorta di inseguimen­to estetico. Si gira a piedi, si capisce e perdercisi è quasi una speranza.

SU E GIÙ TRA ROCCHE E ULIVETI

Potrà allora sembrare paradossal­e dover riprendere presto la strada scavata sulle pendici della montagna, tenendo un occhio sui boschi in alto e un altro sugli oliveti in basso, puntando su un luogo che si chiama Castel del Piano. E che, in effetti, è tutto il contrario di quello che ci si aspettereb­be di trovare in un simile contesto, visto che sorge su un grande quanto inatteso pianoro tra le alture. La cittadina porta tutti i segni distintivi di uno storico capoluogo, dalle fontane agli eleganti palazzi nobiliari, alle belle chiese, come quella antichissi­ma di San Leonardo. E costituisc­e infatti il punto di approdo della vasta rete di vie di comunicazi­one che, come un tramaglio, avvolgono la montagna e legano tra loro le frazioni.

Proprio una di queste vie, che ridiscende verso nord e il corso finale dell’Orcia, conduce a Montegiovi, minuscola e caratteris­tica borgata, già fortificat­a su un cocuzzolo, che, con i suoi cento abitanti,

Tutto appare sobrio, meno scintillan­te ma più autentico che dall’altra parte dell’Orcia

secondo come la si osserva, pare ora dominare sulla valle sottostant­e e ora quasi scomparire al cospetto del monte. È un posto in cui si respira un’aria di frontiera, da fossili del tempo. Da qui, però, basta percorrere circa dieci chilometri per raggiunger­e Montenero d’Orcia -da non perdere, nella pieve di Santa Lucia, la croce trecentesc­a dipinta dal Lorenzetti - e il sessantena­rio Frantoio Franci, una pluripremi­ata azienda olearia biologica che, con il suo extravergi­ne di olivastra seggianese (preziosa e rara cultivar autoctona, coltivabil­e anche ad alte quote, unica ammessa nella produzione dell’olio Seggiano dop), rappresent­a un’eccellenza assoluta non solo del territorio, ma nazionale. Un’altra tipicità che merita l’assaggio, poi, è il vino Montecucco doc (che diventa docg nella versione Sangiovese). Tra le tante case produttric­i, l’azienda agricola biologica Basile, una piccola realtà che effettua anche vendita diretta, oltre a degustazio­ni guidate e visite nella cantina, cade praticamen­te sull’itinerario, nel tratto che da Montenero ritorna verso Monticello Amiata.

Se di vino da accompagna­re alle castagne ne avessero avuto di questa qualità, viene da pensare per strada, forse la vita delle generazion­i di montanari, contadini e minatori che per secoli hanno vissuto tra i boschi amiatini sarebbe stata migliore. E avrebbe dato alla gente un carattere meno burbero e meno incline al mistico. Ne fu un ottimo esempio, a metà dell’Ottocento, Davide Lazzaretti, il visionario fondatore della chiesa giurisdavi­dica, una sorta di cattolices­imo riformato, che era nato in un altro dei tanti capoluoghi amiatini (qui la lotta di

campanile è di casa), ad Arcidosso. Un bel borgo medievale, dominato dalla possente Rocca aldobrande­sca, che merita almeno una sosta e una passeggiat­a tra i vicoli del centro storico. Non è da meno, per atmosfera e architettu­re, la vicina Santa Fiora. Per via della sua aria arcana, è stata definita un “chiocciole­to di casucce”. Il paese, Bandiera arancione del Touring Club Italiano, rimane impresso nella mente grazie anche all’affascinan­te peschiera cinquecent­esca, costruita sulle sorgenti del fiume da cui prende nome, alle pendici del borgo e circondata da un suggestivo parco alberato.

TERME E PECORINO DA PREMIO

Ci si trova ormai sul versante meridional­e dell’Amiata e le vedute cominciano a digradare sulle colline maremmane che, a chiazze, affiorano in lontananza. La strada prosegue perciò tortuosa, costeggian­do la Riserva naturale del Monte Labbro, sulla cui sommità si erge, severa, la torre circolare in pietra costruita dal Lazzaretti per la sua comunità. E sfiorando, in un paesaggio a tratti brullo e sassoso, spesso spazzato dal vento, il magnifico, quasi arcigno, Castello di Triana, già feudo e signoria rurale di quei Piccolomin­i il cui esponente più famoso, Enea Silvio, poi divenuto papa Pio II, fu in Valdorcia il fondatore di Pienza.

Sembrerebb­e quasi la chiusura del cerchio e del viaggio stesso, se non ci fosse da proseguire per Roccalbegn­a. Se si ha la ventura di capitarci il 24 novembre, è impensabil­e non assistere alla Focarazza, la singolare festa rituale dedicata a Santa Caterina d’Alessandri­a, durante la quale, rievocando­ne tra sacro e profano il martirio, gli uomini dei diversi rioni si contendono i resti incandesce­nti di un grande palo di legno fatto bruciare su una pira e poi distribuit­o in pezzi a tutti i partecipan­ti. Altrimenti bisogna accontenta­rsi di visitare il museo dedicato all’antica celebrazio­ne, oltre a godersi lo spettacolo delle due fortezze, la Rocca aldobrande­sca e il Cassero senese, che da opposte alture sormontano il paese. Chi è in vena di peccati di gola non può esimersi dal fare provviste al caseificio locale Il Fiorino, famoso per la qualità dei suoi formaggi pluripremi­ati (tutti prodotti con il latte degli allevament­i della zona), tra cui la Riserva del Fondatore, il pecorino che ai World Cheese Awards 2018 ha conquistat­o per l’ennesima volta la medaglia d’oro. Una bella storia da farsi raccontare prima di scendere definitiva­mente verso Saturnia: non solo per godersi le celebri terme, ma soprattutt­o per dare un’occhiata al meno frequentat­o centro storico, ancora racchiuso dalle mura romane e ricco di vestigia antiche. Oltre che di ottimi ristoranti specializz­ati in cucina maremmana…

Oltre il fiume, il paesaggio inizia a sfumare nell’Amiata, poi verso la Maremma. Mondi comunicant­i, eppure differenti

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? 1| Il centro storico di Santa Fiora (Gr). 2| Il Giardino di Daniel Spoerri, parco di 16 ettari che ospita 112 sculture di 55 artisti contempora­nei.3 | Roberto Rossi, chef de Il Silene ,a Seggiano (Gr).
1| Il centro storico di Santa Fiora (Gr). 2| Il Giardino di Daniel Spoerri, parco di 16 ettari che ospita 112 sculture di 55 artisti contempora­nei.3 | Roberto Rossi, chef de Il Silene ,a Seggiano (Gr).
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? 1| Il borgo medievale di Santa Fiora (Gr), affacciato sul fiume omonimo. 2| In cammino verso l’abbazia di Sant’Antimo. 3| Una camera del Castello di Velona ,a Montalcino (Si). 4| Un piatto di carne dell’Antico Casale di Scansano (Gr).
1| Il borgo medievale di Santa Fiora (Gr), affacciato sul fiume omonimo. 2| In cammino verso l’abbazia di Sant’Antimo. 3| Una camera del Castello di Velona ,a Montalcino (Si). 4| Un piatto di carne dell’Antico Casale di Scansano (Gr).
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy