CALABRIA | IL CIBO È CULTURA
Dal bergamotto bio di Amendolea al suino nero di Bova: il viaggio nei luoghi e nei sapori della nuova cucina calabrese è un’avventura. Che conquista gli stranieri
Un pasto al sole. Tutti i sapori della nuova cucina regionale. Che conquista gli stranieri
Capire il paesaggio assaggiando agnello di montagna marinato al bergamotto o un tagliere di salumi di suino nero. È una miniera di saperi gastronomici e di sapori, la Calabria. Poco conosciuta dagli italiani, celebrata all’estero. Al New York Travel Show dello scorso gennaio, per esempio, Lidia Bastianich, stella della cucina italoamericana, ha deliziato la platea con n’duja (celebre insaccato speziato), caciocavallo, peperoncino e cipolla di Tropea. Danielle Pergament, critica gastronomica del New York Times, ha sentenziato invece che “alcuni dei pasti migliori in Italia non si trovano a Roma o in Toscana, ma nella regione meridionale della Calabria”. Un premio all’impegno diffuso in questa terra per una cucina legata al territorio, oggi sempre più spesso bio, perfino più leggera.
Può essere vissuto allora come un lungo banchetto di meraviglie l’anello che esplora per 200 chilometri la provincia di Reggio Calabria, dal mare all’Aspromonte, tra boschi, parchi naturali e borghi che conservano, ognuno, la propria ricetta o il proprio ingrediente segreto.
Pellegrina, duemila abitanti, è preannunciata dal profumo dei forni a legna. Il pane che si produce qui, salvaguardato da una De.C.O. (denominazione comunale d’origine), inserito nell’arca della biodiversità di Slow Food, si prepara da sempre solo con farina di cereali locali macinati nel vicino mulino di pietra, acqua e lievito naturale. Una tradizione antica, celebrata nella prima settimana di agosto da una sagra, che tutto l’anno si incontra nell’antico biscottificio Gramuglia o nel panificio di Giovanna Buda. Anche se oggi dietro il bancone c’è la figlia Pina Ottinà, Buda si trattiene volentieri in bottega a raccontare i tempi in cui l’autostrada non c’era, si sfornavano pagnotte da due chili per le famiglie numerose e si faceva colazione “con pane, olio, pomodoro, origano e peperoncino”. Con un sacchetto di pane fresco in mano, è un piacere esplorare le contrade che custodiscono chiese del Seicento, ponti in pietra, torri, antichi abbeveratoi e gli spettacolari affacci naturali sullo Stretto di Messina e sulle isole Eolie.
TERRA DI PESCATORI E PASTICCERI
Da Pellegrina si impiegano dieci minuti d’auto per arrivare a Bagnara Calabra, nel cuore della Costa Viola, così detta dal colore che assume in certe ore il mare al largo. Anche se le acque non sono più ricche come venti o trent’anni fa, e crescono le limitazioni per i pescherecci, questo è rimasto un paese di pescatori. Le barche tornano in porto ogni giorno con il carico di merluzzi o spatole, calamari, totani o il vero re di queste coste: il pesce spada, festeggiato in agosto con un gran galà. In paese, tradiscono le origini greche
1 | Il borgo di Gallicianò.
2| Il ristorante Glauco, a Chianalea (Rc). 3| Le orecchiette con broccoletti e pomodori secchi della Taverna Kerkira,
a Bagnara Calabra.
4| Pane artigianale calabrese. della madre del proprietario, Fulvio Dato, le ricette della Taverna Kerkira, come i crudi sfilettati e marinati o i gamberi su crema di mandorla. Qui si produce anche un torrone igp: friabile, con mandorle tostate e una granella di zucchero semolato, al banco della pasticceria Cundari; aromatizzato all’arancia e ricoperto di cioccolato bianco alla pasticceria Careri. Torte e marmellate fatte in casa trionfano all’agriturismo Uliveto Garden, con camere silenziose nel verde della collina che guarda la costa.
Per dormire cullati dal suono delle onde si prosegue a sud a fino a Scilla. L’antichissimo porto sullo Stretto di Messin, dove incrociavano i pirati e, per gli antichi greci, un mostro si appostava per distruggere le navi, ricorda un presepe sul mare, con il castello Ruffo, del V secolo a.C., la spiaggetta delle Sirene e il borgo di pescatori della frazione di Chianalea. Qui il bed & breakfast omonimo offre una prima colazione con il pane da forno a legna, da gustare magari seduti sul bizzolo, i gradini d’ingresso esterni, ammirando il paesaggio e il viavai nel paese.
Si saluta il mare, adesso, per imboccare la panoramica che sale all’interno, supera il borgo di Melia e continua fino a Gambarie, sede, a 1.350 metri, del Parco Nazionale dell’Aspromonte. Qui, d’inverno, si praticano lo sci alpino e nordico e si fanno passeggiate con le ciaspole. A primavera si va in mountain bike, a cavallo o a piedi, su sentieri spettacolari come quello per Montalto, la cima che con 1.956 domina tutto l’Aspromonte. Si può partire con le guide dell’hotel Centrale o del Bucaneve, che offre anche case vacanza e, in estate, cestini da picnic con arancini e pasta al forno da gustare in quota o nel loro giardinetto con le panche di legno. A Delianuova si trovano la casa e la bottega di Rocco Scutellà Jr, ultimo di una dinastia di maghi dei dolci, entrato nel 2014 nell’Accademia maestri pasticcieri, presieduta da Iginio Massari. Nella sua sala da tè si fa merenda con torte, cassatine, cannoli e pasticcini alle mandorle.
Altra tappa del gusto, Santa Cristina d’Aspromonte, circondata da boschi e ulivi cententari. Qui il giovane chef Nino Rossi ha inventato Pig, una festa della gola che si tiene in gennaio al motto “del porco calabro non si butta via niente”, con otto cuochi e due macellai al lavoro su ogni tipo di taglio suino, abbinato a ortaggi e materie prime del territorio. Rossi, già in cucina con il tristellato Norbert Niederkofler, si incontra anche nel suo Qafiz, fresco di stella Michelin, con soli 16 posti, menu stagionali (come l’agnello di montagna in inverno) e una carta dei vini di 60 pagine.
Ed è già Aspromonte Grecanico, terra della lingua grika, mix di greco antico e calabrese. La si ascolta a Bova, uno dei borghi più belli d’Italia, o a Gallicianò, frazione di Condofuri. Luoghi rinati negli ultimi anni grazie a idee come Paleariza, calendario di eventi alla riscoperta delle antiche radici (questo significa il nome), che, da agosto a marzo, unisce musica, artigianato e tesori culinari. Spiccano qui i cordeddhi, pasta di farina di grano tenero Maiorca, tirata a mano a forma di gomitolo, condita con pomodoro e melanzane o ragù di polpette. Nizio Paleo, proprio dietro il duomo gallicianese, la offre in porzioni generose. Subito dopo un antipasto di salumi e sottoli che, da solo, è un bel ripasso della strada fatta fino a qui.
Piccoli festival e nuovi marchi di tutela promuovono oggi i tesori culinari calabri