BISCOTTI | IL CIBO È CULTURA Momenti di bontà. Giro (goloso) d’Italia alla ricerca dei dolcetti del Natale
Speziati, con cioccolato o frutta secca, a forma di stella, fiocco di neve o soldatino, da appendere all’albero. Giro (goloso) d’Italia alla ricerca dei dolcetti di Natale
Piccoli e preziosi, regalano al palato un sapore antico che sa di casa. Simbolo di condivisione e convivialità, i biscotti della tradizione natalizia rimandano ai cenoni di famiglia, ai veglioni e all’attesa. A dicembre, in ogni regione, si assaggiano ricette tramandate da generazioni: sono preparazioni che attingono al sapere contadino e specialità nate in conventi e monasteri. Per trovare i dolcetti di Natale che profumano di spezie e miele, vino e mosto cotto, bisogna lasciare le metropoli e inanellare borghi e province defilate. Perché spesso è qui che anche il grande pasticciere si dedica, accanto al tradizionalissimo panettone, agli impasti più autentici, recuperando rituali di campagna e saperi del territorio. Dove propone i laboratori di qualità lontani dalle grandi città. Per acquistare dolcezze evitando il caos natalizio.
PASTICCERIA ALVERÀ - CORTINA D’AMPEZZO (BL)
Si perde nella notte dei tempi la tradizione dei Lebkuchen, i biscotti di Natale speziati di origine tedesca. “La ricetta cambia da casa a casa: si va dalla versione classica, guarnita di mandorle e zucchero, alla nostra variante dolomitica, diffusa anche in Alto Adige”, racconta Massimo Alverà, quarta generazione alla pasticceria di Cortina d’Ampezzo, nata come forno più di cento anni fa e oggi trasformata in boutique del dolce. Per preparare questi biscotti si rifà alla ricetta tramandata nel laboratorio di famiglia da mezzo secolo. Ed ecco un impasto a base di farina di segale e miele bio locale, uova e zucchero, profumato con cannella, chiodi di garofano, cardamomo e anice stellato. Viene immerso in una glassa di zucchero fondente bianca o colorata, oppure decorato con fiori di ghiaccia reale. “Qualcuno aggiunge uno strato di pasta di mandorle”, precisa Alverà. “I Lebkuchen devono essere preparati un mese prima
del Natale, così che l’agente lievitante possa ammorbidirli: secondo l’usanza, si conservano sotto le campane di vetro”. Cerchi, cuori, stelle: tante le forme di queste delizie, perfette da accompagnare al vin brulé.
PASTICCERIA SARTORI - ERBA (CO)
Accanto ai grandi lievitati, e a schioppettini a base di mandorle e nocciole, la cultura del Nord Europa entra anche nella proposta natalizia di Anna Sartori, alla regia della storica pasticceria Sartori di Erba (Co), fondata nel 1958. Un’istituzione locale, che nel 2013 si è trasferita nella nuova sede, moderna e accogliente. In un territorio dove è il panettone a farla da padrone, la pasticcera ha deciso di attingere dalla tradizione scandinava la ricetta dei pan di zenzero. “Abbiamo in comune la presenza di miele e zucchero, oltre all’uso di spezie quali cannella, macis, pimento, cardamomo, coriandolo, anice, pepe nero, zenzero e chiodi di garofano: quasi le stesse impiegate per il panforte senese”, spiega Sartori. La grande differenza? “L’aggiunta di farina e uova, che rendono l’impasto simile a una frolla, ideale per realizzare soggetti natalizi”. Ed ecco biscotti che ricordano il panforte, ma con una struttura diversa: stelle, bamboline, orsetti, casette e abeti, decorati con la ghiaccia bianca, da appendere all’albero di Natale. In pieno stile nordico.
PASTICCERIA BACILIERI - MARCHIROLO (VA)
Ha recuperato un’antica tradizione del territorio Mario Bacilieri, che nella sua pasticceria di Marchirolo, nel Varesotto, accanto ai celebri brutti e buoni (a base di nocciole, mandorle e meringa) e ad altri 25 tipi di biscotti, a Natale prepara le giromette. “Una ricetta nata sul Sacro Monte di Varese in epoca napoleonica e ancora custodita dalle famiglie del posto”, racconta il pasticciere. “Mi sono rivolto a loro per imparare il procedimento di questo dolce che deve essere consumato nel giro di un giorno”. A forma di soldatini, decorati con una piuma, i biscotti rievocano l’invasione napoleonica. “Nascono in realtà molto prima, quando ai bambini, per giocare, venivano dati i ritagli del pan speziato che l’arcivescovo faceva preparare per i pellegrini, come dono da portare agli ammalati”, spiega Bacilieri. Una storia da cui prende vita un impasto a base di acqua, farina semintegrale, zucchero, spezie (chiodi di garofano, cannella, ginepro) e lievito di birra. “Deve essere asciutto e sodo, ecco perché si lascia riposare una notte al freddo, poi si mette a lievitare un’ora, quindi si stende, si dà forma e si cuoce in forno”. Il risultato? Un pane semplice e genuino, croccante all’esterno e morbido al cuore, impreziosito dal profumo delle spezie.
PASTICCERIA NUOVO MONDO - PRATO (FI)
Non solo ricciarelli. Oltre ai celebri biscotti senesi a base di marzapane, introdotti, secondo la leggenda, da Ricciardetto Della Gherardesca di ritorno dalle Crociate, in Toscana a Natale si preparano i cavallucci. “Sono dolci di origini contadine che proponiamo ancora in pochi”, dice Paolo Sacchetti, vice presidente dell’Accademia maestri pasticcieri italiani. Nella sua pasticceria Nuovo Mondo ,a Prato, durante le feste i cavallucci non mancano mai. “Ho imparato a farli da un anziano fornaio di Firenze, a cui diedi in cambio la ricetta di un mio dessert”, ricorda. I cavallucci hanno un impasto a base di mandorla, zucchero e albume simile ai ricciarelli, ma con l’aggiunta di farina e spezie, “un elemento aromatico che contraddistingue tutti i dolci di una volta”, commenta Sacchetti. Sentori che si traducono in note di cardamomo, chiodi di garofano e cannella, nel mix di spezie che il maestro aggiunge all’impasto. “Mi affido allo stesso mélange che viene usato per la preparazione della finocchiona, il tipico insaccato locale: il bello di essere artigiani è questo, poter scegliere come continuare la tradizione”.
PASTICCERIA GIORGIA - ATRI (TE)
È giovane, ma molto sensibile ai sapori della memoria e del territorio, Giorgia Di Egidio della pasticceria Giorgia di Atri, paese abruzzese famoso per la produzione della liquirizia. “La biscotteria è il mio primo amore, a Natale non possono mancare caggionetti e sfogliatelle abruzzesi”, racconta. Nella sua boutique rosa, dallo stile vintage, a dicembre si trovano sempre i tipici dolcetti locali, realizzati secondo le ricette di famiglia. “Quando ero bambina li facevo con mia nonna”, ricorda. “Utilizzo ancora il suo tagliaravioli: nessuno strumento chiude bene i caggionetti come quello antico che usava lei”. Per prepararli ci si riunisce tra parenti e amici. È usanza donarli o mangiarli durante le feste. Se l’impasto è semplice (una sfoglia sottile a base di farina, olio e vino bianco), il ripieno dei caggionetti è ricco e cambia a seconda della zona. “Io li preparo con una farcitura a base di castagne, i marroni di Valle Castellana, o di marmellata d’uva, come si fa in montagna, mentre verso il mare si usa una purea di ceci. Poi si aggiungono mandorle tostate, alchermes e rum da bagna, cioccolato fondente grattugiato, cannella e zucchero”, spiega. “Il tutto deve riposare due giorni per prendere sapore, mentre la sfoglia esterna va fatta al momento”. Fritte, morbide, a forma di ventaglio, le sfogliatelle abruzzesi invece ricordano le note cugine napoletane e vengono ancora realizzate con un procedimento complesso, che alterna diversi strati sottili di sfoglia allo strutto. Sono farcite con marmellata d’uva, “realizzata in casa, con uva Montepulciano dei contadini vicini”, fa notare la pasticciera. Un rito che si ripete ogni anno, come da tradizione.
LULA-PANE E DESSERT - TRANI
L’alfabeto dei dolci natalizi, con il suo fascino, seduce anche i pastry-chef blasonati. Luca Lacalamita, per sette anni pasticciere nella brigata dell’Enoteca Pinchiorri di Firenze, ristorante tre stelle Michelin, nel 2018 è tornato nella sua città d’origine, Trani. Qui, a marzo, ha inaugurato LuLa-Pane e Dessert, un luogo votato all’arte della panificazione e della pasticceria. Nel mese di dicembre un posto d’onore in vetrina è occupato dalle cartellate: dolcetti natalizi, a forma di rose, la quintessenza della tradizione pugliese. “Preparo un impasto classico, con farina di grano tenero, olio extravergine d’oliva e vino bianco, un moscato di Trani. A me piace usare anche una parte di semola di grano duro, per dare una consistenza rustica e croccante”, spiega. “Dopo averlo lasciato riposare, si stende, si incide e si ricavano le classiche rosette che vengono fritte in olio extravergine d’oliva”. Si irrorano quindi con il vincotto, declinato in maniera diversa secondo la zona: se a Trani si prepara con il mosto d’uva cotto, nella Murgia barese si usa il vincotto di fichi. In Salento e nel Gargano, invece, le cartellate sono bagnate col miele, talvolta con l’aggiunta di mandorle tritate, mentre alcune famiglie le immergono, secondo antichi usi, nel mosto cotto di carrube. Lacalamita prepara pure una versione gourmand, con una base di pan di Spagna all’olio extravergine, frutta fresca e vincotto di fichi. “Per rendere contemporaneo un dolce che resta classico nella forma e nell’impasto”.
PASTICCERIA GABBIANO - POMPEI (NA)
“Il vassoio con i biscotti di Natale, nella tradizione partenopea, si porta in tavola quando la famiglia è riunita”, racconta Salvatore Gabbiano, maestro pasticciere che da 25 anni delizia i palati a Pompei, nella pasticceria che
Profumo di miele e di spezie, di vino e di mosto cotto: un richiamo alla terra e all’alternarsi delle stagioni
porta il suo cognome. Oltre agli struffoli (palline fritte avvolte nel miele), la tavolozza dei dolci festivi campani spazia dai roccocò, ciambelline piatte con mandorle, ai Sapienza, biscotti al miele che prendono nome dal monastero napoletano di Santa Maria della Sapienza, passando per i Divino Amore, dolcetti di pasta di mandorla glassata bianca o rosa, chiamati così in omaggio all’omonimo convento di Spaccanapoli dove pare siano nati. Tra le specialità non mancano mai i mostaccioli, a forma di rombo. La loro origine? “Il nome richiama il mosto d’uva, che si preparava in autunno e veniva impastato con la farina: dalla sua fermentazione si sviluppava l’impasto con una lievitazione naturale che si protraeva sino al periodo natalizio, quando venivano aggiunte delle spezie, per mascherare l’amaro del mosto”, racconta. Oggi questi biscotti vengono aromatizzati con il celebre pisto napoletano, un mix già bilanciato che include cannella, chiodi di garofano, anice stellato, noce moscata e coriandolo. “Se un tempo venivano glassati con lo zucchero di canna fondente, a cui negli anni si è aggiunto il cacao, oggi la copertura dei mostaccioli viene fatta con il cioccolato fondente puro”, aggiunge il maestro. La consistenza è più o meno croccante. I mostaccioli di Gabbiano sono particolarmente morbidi. “Aggiungo all’impasto miele caldissimo, per renderlo più soffice”. Il risultato è prevedibile: uno tira l’altro.
PASTICCERIA PALAZZOLO - CINISI (PA)
In Sicilia non c’è Natale senza buccellato. “Per la nostra famiglia è uno dei dolci più rappresentativi, perché nel 1925, con questa ricetta, mio nonno vinse la medaglia d’oro a Montecatini Terme, in occasione di un’esposizione internazionale”, ricorda Santi Palazzolo, terza generazione alla pasticceria fondata proprio dal nonno a Cinisi, vicino a Palermo, nel 1920. “Prima di allora, il buccellato si faceva solo in casa”, prosegue. Una specialità che vanta estimatori illustri come Leonardo Sciascia. “Lo scrittore era nostro cliente”, racconta l’artigiano. “Molti, come lui, venivano a Cinisi per comprare i buccellati, perché in zona c’erano le coltivazioni di fichi e arrivavano le casse di uva passa”. Materie prime fondamentali per realizzare queste frolle farcite.
Se l’impasto oggi viene fatto con il burro al posto dello strutto, il ripieno, negli anni, è rimasto immutato, anche se la ricetta varia da famiglia a famiglia: una purea di frutta candita (un tempo ottenuta dagli avanzi), scorze d’arancia e fichi secchi macerati almeno 24 ore nel Marsala, uva passa, vino Marsala per ammorbidire il gusto, noci e mandorle del territorio, ma anche spezie come chiodi di garofano, noce moscata e pepe. “Gli aromi sono un retaggio della dominazione araba. Noi abbiamo aggiunto anche un po’ di cioccolato fondente, che conferisce una nota amara e va a bilanciare la farcitura”, precisa Palazzolo. “Ci sono diverse interpretazioni dei buccellati: nel Trapanese, per esempio, vengono ricoperti di ghiaccia reale bianca”. Piccole bontà che, da tradizione, si portano in tavola il 25 dicembre o si regalano a parenti vicini e lontani, dal momento che si conservano a lungo. La forma? Può variare: “Nascono come monoporzioni a forma di S, che una volta venivano cosparse di zucchero a velo e polvere di cannella, poi abbiamo introdotto la ciambella grande, infine i mignon, piccoli bocconi da circa 20 grammi”, spiega il pasticciere. La ricetta si evolve, ma la tradizione del Natale resta.
I dolcetti di Natale rendono omaggio al sapere contadino: riti e ricette scandiscono le feste