Isfahan, la poesia dell’Iran
Isfahan, patrimonio Unesco dal 1979, nell’Iran centrale, si raggiunge in cinque ore di autobus da Teheran o in 45 minuti di volo dalla capitale. È una città dove, secondo lo scrittore inglese Robert Byron, l’umanità trova comune sollievo. La mattina si trascorre nel bazar. È facile cedere alla simpatia degli artigiani che lavorano rame, cuoio o tappeti e che offrono un tè in segno di ospitalità sincera. Nel pomeriggio, quando le fontane entrano in funzione, piazza Imam, la seconda più grande al mondo, si anima di famiglie e rende bene l’idea della spontaneità degli iraniani. Gli occhi vengono rapiti dai delicati intrecci azzurri e ocra delle cupole delle due moschee che danno sulla piazza. Chi è curioso di confrontare 900 anni di stili architettonici diversi entra nella moschea del Jameh. Prima del tramonto si deve trovare il tempo di visitare il palazzo di Ali Qapu, residenza degli scià nel Cinquecento, e scendere al ponte Si-o-Seh, dei 22 archi. Sa di fiaba attendere la sera in uno dei chioschi dei vicini giardini con un gelato allo zafferano. Si può poi scegliere di visitare il quartiere armeno di Jolfa osservando la vita di tutti i giorni e la cattedrale di Vank. Non mancano le sorprese per gli sportivi. A meno di tre ore di auto si trovano gli impianti di Chelgerd: la neve c’è sino a fine marzo e nel resto dell’anno si scalano, senza troppa difficoltà, le vette che arrivano a quattromila metri. Visitare Isfahan e dintorni è in linea con un turismo essenziale: si tratta infatti di una meta per nulla massificata, dove gli incontri con le persone locali svelano rapporti umani autentici. In questo momento storico, inoltre, permette di farsi un’idea di quanto siano fuori luogo certi pregiudizi nei confronti dell’Iran. irancultura.it; adinehtravel.com