Dove

Operazione Expo 2020.

Riflettori puntati sulla città dei grattaciel­i e dei record. Ma, oltre al lusso e agli edifici hightech, c’è un emirato segreto: riti antichi, oasi slow, spazi creativi. Scopriamol­o insieme

- di Elena Bianco

È la città dei record, ma anche di riti antichi, oasi slow e spazi creativi

Grattaciel­i

high-tech e cammelli. Icone della modernità da un lato, riti millenari dall’altro. E, poi, le culture araba e beduina, le radici nomadi a unire, oltre il mare di sabbia, India ed Estremo Oriente, Europa e Occidente. Contrasti decisi e sapori forti all’ombra dell’edificio più alto della Terra, il Burj Khalifa, che svetta come un siluro da qualsiasi punto si guardi lo skyline .Èin questo gioco di equilibri, di fughe in avanti e ritorni, forse, il segreto di Dubai. L’emirato, prossima sede di Expo 2020, dal 28 ottobre al 10 aprile 2021, si sta per regalare una nuova torre progettata da Santiago Calatrava e un museo del futuro, ovviamente, ipertecnol­ogico (riquadro a pagina 33), ma rilancia anche luoghi e idee legate alla propria storia e alle proprie tradizioni. Incuneata fra i silenzi del Golfo Persico e del deserto, gomitolo di superstrad­e e cliniche estetiche, ristoranti stellati e resort, Dubai vedrà, con l’Expo, la consacrazi­one del sogno di Big Mo, ovvero Mohammed bin Rashid al Maktoum, emiro di Dubai e primo ministro degli Emirati Arabi Uniti: inventare dal nulla la capitale del futuro, incrocio di eccellenze umane e tecnologic­he da tutto il pianeta. Nel frattempo, però, questa comunità, dove il concetto stesso di expat è labile, con una quota ormai solo del 20 per cento di emiratini doc, dove la storia va più veloce, sente la necessità di valorizzar­e la propria identità: l’ambizione alla perfezione e l’amore per la cultura sono nel dna del Paese fin dalle sue origini medievali.

ARTE, MODA E JALABIYA

Proprio il quartiere che in origine era più “straniero” oggi è il cuore di una Dubai sorprenden­temente intellettu­ale: Bastakiya, ora noto come Al Fahidi, eretto a fine Ottocento dai mercanti iraniani. Ricchi e colti, furono i primi ad avere case in muratura, munite di torri del vento per raffreddar­e gli ambienti. Oggi questa zona di vicoli nasconde fucine creative, come la Alserkal Cultural

Foundation: una caffetteri­a, una boutique di jalabiya, le tuniche tradiziona­li ripensate in chiave fashion, bottega di antichi libri arabi e galleria d’arte moderna, tutto in mano a un architetto italiano, Annamaria Bersani. “Quando sono arrivata, 14 anni fa, mancava una specifica conoscenza del mondo dell’arte, ma c’era già un grande desiderio di apprendere e crescere. La famiglia emiratina degli Alserkal ospita, in questa storica casa iraniana, pittori, scultori, artisti visivi sia locali sia stranieri, affinché traggano ispirazion­e dalla città”. Un desiderio di capire, e farsi capire: a pochi passi, lo Sheikh Mohammed Center for Cultural Understand­ing si propone, con lo slogan Open doors, open minds (porte aperte, menti aperte) di abbattere le barriere fra autoctoni, ospiti, visitatori. Lo fa con visite alle moschee, lezioni di arabo, fuala (il tè pomeridian­o, con scambi di ricette e opinioni) e iftar (pranzo serale del Ramadan).

Nello stesso quartiere, Xva è albergo di design, galleria con una permanente dell’artista iracheno Alim Al Karim e ristorante mediorient­ale vegetarian­o in un ombroso cortile interno (lo housh). E i suoi liwan, salotti delle verande, sono perfetti per tirare fiato nello stress metropolit­ano.

Più a ovest, la nuova area pedonale di Al Seef offre uno shopping alternativ­o: non centri commercial­i al chiuso, ma due chilometri di passeggiat­a in riva al Creek, incontrand­o ristoranti e botteghe sofisticat­e come Wired Up (Fb: WiredUpDub­ai), che personaliz­za gioielli, o Eter Story, per profumi su misura (Fb: Eter.Story). E, per riposare con una magnifica vista sull’acqua, la Zabeel House ha una hall trasformat­a in galleria d’arte e camere di design.

SHOPPING

DELLA TRADIZIONE

A est, nuove sorprese nei vicoli del Textile Souk, a Bur Dubai, dove, fra botteghe di cuscini ricamati, dromedari coperti di lustrini, babbucce, la Antique & Art Gallery offre an

tichi tappeti persiani, porcellane cinesi e giapponesi, sure del Corano in caratteri dorati. Tradizione in mezzo alla modernità, così come nella giornata dell’emiro, tra un cantiere e un incontro d’affari, c’è sempre tempo per la falconeria e le corse dei cammelli. Tradizione e multicultu­ralità: a due passi, Hindi Lane è una piccola India, con i venditori di collane di fiori votive, i sinuosi e zuccherosi dolci jalebi, il tempio di Shiva e, collegato da una scaletta, un tempietto Sikh dove i fedeli recitano il loro mantra: “Dio, il tuo nome è verità“. Sbucando sull’ansa del Creek, ci si può concedere una pausa ai tavolini a bordo acqua di Mazmi Casa per addentare uno shawarma, sorta di panino con pollo, guardando passare gli abra, vecchie barche di legno che da secoli collegano le due rive trasportan­do donne in abaya nero, uomini d’affari e turisti. Si arriva così a Deira, nel suq dell’oro. Il 25 per cento del commercio mondiale di questo metallo passa per Dubai: per questo l’oro del suq, venduto a peso, è ancora oggi convenient­e. L‘olfatto porta invece al vicino Herbs Market, gestito da iraniani e profumato di cannella, cardamomo, biscotti ai petali di rosa e cioccolati­ni al latte di cammella. Si fa un tipo di spesa completame­nte diverso nel complesso di Jumeirah

Bay, sul mare del Golfo, da Comptoir 102, concept francese informale che unisce moda di gusto europeo, complement­i d’arredo, un negozio di prodotti biologici e un bistrot che serve centrifuga­ti e insalate bio e vegane. Si trova al limitare di La Mer, una promenade lungo la spiaggia dorata lambita da acque cristallin­e, dove la gente di Dubai coltiva la sua recente anima slow. A poca distanza si cena al Sea Fu (sifu in cinese vuol dire maestro), sulla spiaggia dell’hotel Four Seasons, con il pesce fresco, spesso crudo, dello chef franco-nipponico Pierre Barusta.

Poco più all’interno, un altro esempio della Dubai che non colleziona solo nuovi grattaciel­i, ma punta sul recupero di spazi urbani e sulla creatività. Alserkal Avenue, in un ex complesso industrial­e ad Al Quoz, è il primo polo artistico degli Emirati. Ospita una sessantina di spazi, dallo studio che affitta tela e pennelli a improvvisa­ti pittori agli atelier di artisti, dal salone di auto d’epoca all’officina di design neo Art Nouveau del tedesco Sven Mueller, dal bar salutista Wild & The Moon alla fabbrica del cioccolato, fino a quella che contamina i kimono giapponesi con le abaya locali. E, ancora, la newyorches­e Leila Heller Gallery e l’edificio firmato dallo studio olandese OMA che ospita

Concrete, spazio multidisci­plinare che collabora con le maggiori gallerie e musei del mondo. Il mecenatism­o e l’arte, linguaggio universale, sono una delle principali espression­i della città, come ribadisce ogni anno il World Art Dubai (dall’8 all’11 aprile), evento-clou di un calendario che offre anche il torneo di tennis Atp Dubai dutyfree, a febbraio, e il Middle East Film and Comic Con di marzo. Alcuni appuntamen­ti sono perfetti per esplorare zone meno battute, come il Dubai Food Festival (21 febbraio-9 marzo) dove, tra lezioni impartite da chef e degustazio­ni di caffè o formaggi, si vanno a scoprire gemme nascoste e insegne non ancora famose. Infine, la Dubai senza stress e consumismo sfrenato si trova voltando le spalle alla città stessa, nel deserto che appare per magia oltre l’ultimo edificio, tra carovane a bordo strada, come secoli fa, e dune rossastre che si fanno sempre più alte verso il confine con l’Oman. Platinum Heritage offre tour su dromedari o su fuoristrad­a anni Cinquanta restaurati. Si mangiano la carne e latte di cammello dei beduini e si dorme in tenda sotto un mare di stelle. Tutto nel cuore selvaggio della Dubai Desert Conservati­on Reserve, dal 2002 primo e unico parco nazionale del Paese, nato affinché la metropoli del boom economico e immobiliar­e possa proteggere la sua natura, lo stile di vita degli avi. E, in un certo modo, anche il suo futuro.

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A destra, il Burj Khalifa, il grattaciel­o più alto al mondo, svetta oltre le dune. Foto piccola, un momento del Food Festival di febbraio.
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il grattaciel­o Burij
Al Arab. 2 | Uno
scorcio del Dubai Mall. 3 | Alserkal Avenue, polo d’arte in un ex complesso
industrial­e ad Al Quoz. 4| Lo Sheikh
Mohammed Center for cultural
understand­ing.
1 | La costa di Dubai. A sinistra, il grattaciel­o Burij Al Arab. 2 | Uno scorcio del Dubai Mall. 3 | Alserkal Avenue, polo d’arte in un ex complesso industrial­e ad Al Quoz. 4| Lo Sheikh Mohammed Center for cultural understand­ing.
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 ??  ?? Un murale lungo l’Avenue de La Mer.
Un murale lungo l’Avenue de La Mer.

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