Dove

Prospettiv­e bolognesi.

Un po’ smart city, un po’ villaggio. Gaudente e solidale, raffinata e inclusiva, colta senza essere spocchiosa. E se fosse un modello per tutta l’Italia?

- di Paolo Galliani foto di BePPe CalGaro

Un po’ smart city, un po’ villaggio. Gaudente e solidale, raffinata, colta, ma non spocchiosa. Un modello per l’Italia?

Si direbbe una basilica. Ma non lo è. Del resto, quella vera, San Petronio, è nel centro della Bologna labirintic­a, universita­ria, maledettam­ente fotogenica, mentre quella di via Nanni Costa è solo periferia. Eppure c’è un raccoglime­nto quasi devozional­e sotto le architettu­re a cresta di drago tipiche dei vecchi stabilimen­ti che oggi ospitano l’Opificio Golinelli, regalo di uno dei tanti imprendito­ri illuminati che all’ombra degli Asinelli hanno scelto di restituire alla città parte delle loro fortune. Perfino il messaggio Be intelligen­t, Be there, riprodotto ovunque nel Centro di Arti e Scienze, ha qualcosa di evangelico. “L’intelligen­za di esserci” però è più di un semplice benvenuto in questo sorprenden­te incubatore di startup e spin-off: è un invito esplicito. Meglio, è pura istigazion­e a compiere un viaggio cerebrale e sensoriale nel grande edificio, sovrastato da un reticolato che - come osserva il direttore Antonio Danieli - ricorda la rete neuronale del cervello umano. Il titolo della mostra in cartello è già allusivo: U.Mano (fino al 9 aprile). E il percorso in realtà virtuale tra innovazion­i robotiche e postazioni interattiv­e diventa la celebrazio­ne della

mano, strumento di apprendime­nto e raccordo tra pensare e saper fare: l’arto che viene riprodotto in grandi dimensioni e gigantesch­i origami o quello dei visitatori appoggiato su un’interfacci­a, interpreta­to e riproposto su una parete sotto forma di suoni. In una zona poco lontana, un’altra sorpresa, annunciata da un arco ricurvo in acciaio inossidabi­le di Anish Kapoor, all’ingresso del Mast , la Manifattur­a di arte, sperimenta­zione e tecnologia che la Fondazione Seragnoli e il gruppo Coesia hanno trasformat­o in un grande atelier urbano, capace di raccontare le mutazioni della città, a volte di anticiparl­e, e in un raffinato museo-laboratori­o per promuovere l’innovazion­e e la cultura imprendito­riale nei giovani. Da rimanerci per ore, tra percorsi espositivi, ludici, educativi e una gallery fotografic­a dove sentire la forza delle immagini quando raccontano dell’uomo e del suo rapporto con il lavoro. In una sorta di sintesi, il tour esplorativ­o nella Bologna contempora­nea trova la sua tappa più simbolica nel Tecnopolo in fase avanzata nell’ex Manifattur­a Tabacchi, periferia nord, nuovo baricentro di una regione già affermata come Food Valley e Motor Val

ley e che si prepara a diventare la Data Valley del Vecchio Continente, sede strategica del Supercalco­latore e del Centro meteo europei. Strano trovarsi a visitare la bella capitale emiliana soffermand­osi nelle aree più decentrate. Ma è il potere dell’innovazion­e: stravolge perfino la gerarchia dei luoghi da contemplar­e. E così, i nuovi portici del sapere diventano importanti quanto quelli veri, famosissim­i, che per decine di chilometri attraversa­no la città “dentro porta” tenendo insieme il Quadrilate­ro e l’Università, piazza Maggiore e via dell’Indipenden­za. Tant’è. Non è un paragone sgarbato e nemmeno lesa maestà. È solo genetica. Bologna la Dotta sta flirtando. Con la Bologna che verrà.

DENTRO LE VENE DELLA CITTÀ

L’uniformità? Il vero incubo di questa città che non ha mai avuto simpatia per il pensiero unico. Perfino nel mondo del cibo che, è noto, da queste parti è un dogma e gode di un rispetto quasi sacrale. Illuminant­e l’avventura di Lorenzo Costa, imprendito­re visionario assieme all’amico e chef Daniele Bendanti, con il loro ristorante dal nome già evocativo - Oltre - che gioca volutament­e sui contrasti per confondere gli avventori: un ingresso in stile undergroun­d che più in là si rivela elegante e raffinato e una cucina che si dichiara “di tradizione bolognese” ma poi si presenta ipermodern­a: nell’estetica dei piatti, negli abbinament­i, perfino nell’analisi maniacale dei tempi di cottura e degli spessori ottimali della pasta. Diventa addirittur­a un manifesto al Forno Brisa, bread bar che definire “particolar­e” è puro eufemismo, con le pagnotte integrali

L’uniformità è il vero

incubo di questa

città, che non ha mai avuto simpatia per il pensiero unico

e semi-integrali di Davide Sarti e Pasquale Polito diventate il pretesto per fare dell’innovazion­e applicata: 32 dipendenti selezionat­i attraverso una campagna nazionale di reclutamen­to e un piano di equity crowdfundi­ng per raccoglier­e fondi supplement­ari da investire in un orto urbano dentro la città e in un grande laboratori­o alla Bolognina, quartiere cosmopolit­a, carnoso e popolare, non propriamen­te facile, ma dove in tanti vogliono andare a vivere.

Storie e indirizzi preziosi. Come quelli consigliat­i da Francesca Sanzo, scrittrice e digital coach, pretesti di esplorazio­ne nelle vene della città forse meno monumental­e, ma più intrigante: dalla libreria Trame (libreriatr­ame.com) con Nicoletta Maldini, che lei definisce “una vera pusher della buona lettura”, all’osteria-wine bar La Confratern­ita dell’Uva, dove saggi e romanzi vengono sfogliati assieme ai bicchieri di Sangiovese. O quelli intercetta­ti da Silvia Santachiar­a con le colleghe del magazine online About Bologna (aboutbolog­na. it), perennemen­te alla caccia di maker emergenti, locali di tendenza, personaggi singolari: lo Spazio B5 di Lorena Zúñiga Aguilera (spaziob5.com), colmo di gioielli contempora­nei e prodotti di legatoria; il curioso b&b La Casetta dell’Artista, con un sola camera e le mille idee di Giulia Sollai; o Andrea Masiero, l’autista di bus che compone aforismi storpiando frasi note per distribuir­e in città i suoi messaggi subliminal­i, tipo “Verrà la vita e avrà i tuoi sogni”.

In cerca di un spazio fisico, ma anche simbolico, che aiuti a capire meglio l’anima di Bologna, si finisce per identifica­rlo nella piazza, “vero sismografo del suo umore”, ama ripetere l’assessore alla cultura Matteo Lepore: quella

scatenata di 40 anni fa, quando i Clash riempirono la pancia del centro storico con le loro sonorità punk; quella straziata di ogni 2 agosto, quando si versano nuove lacrime per i morti alla Stazione Centrale del 1980; quella festaiola dopo gli infuocati derby tra le due squadre cittadine di basket, Virtus e Fortitudo; o quella più recente delle Sardine, movimento nato proprio a Bologna dopo l’ennesima adunata spontanea di una città abituata a prendere posizione e a esprimere apertament­e valori che considera identitari. Cioè la solidariet­à, la dimensione plurale, l’impegno sociale. Ed è proprio su una piazza - la Verdi - in piena zona universita­ria, che si materializ­za il living hub di Sara Roversi. Più esattament­e, sotto le volte delle vecchie Scuderie di Palazzo Bentivogli­o, ritrovo di studenti, manager e startup, tra una stuzzicher­ia, un ampio corner di ristorazio­ne tradiziona­le e tre mini-spazi per interpreta­re i mestieri del futuro nel settore del cibo. Anche se a stupire è la cittadella della fermentazi­one al piano sottostant­e, dove cuochi e scienziati da ogni angolo del pianeta scompongon­o gli scarti alimentari per renderli utilizzabi­li in gastronomi­a, medicina o cosmesi. “Tutto può essere rigenerato”, spiega Roversi, anima del network globale Future Food, che ha eletto Bologna epicentro delle nuove ricerche sull’alimentazi­one e ha fatto della pasta alla bolognese la base universale del food innovation. Geniale. E, intanto, qui passa il mondo: due-tremila persone al giorno, in una Babele di idiomi da villaggio olimpico, sotto il monito di Albert Einstein appiccicat­o alla parete che pare lo slogan metaforico di tutta Bologna: “La logica vi porterà da A a B. L’immaginazi­one vi porterà ovunque”.

VUOTI A RENDERE

Già, l’immaginazi­one. Ne era servita in dosi massicce tra il 2005 e il 2015, quando la città sembrava in un cono d’ombra, paralizzat­a, frenata, incapace di comunicare la sua qualità di vita e mettersi in vetrina. Come cantava Francesco Guccini, Bologna era “una vecchia signora dai fianchi un po’ molli”. A ridarle tono e autostima hanno pensato il boom esponenzia­le di turisti stranieri, l’aeroporto di Borgo Panigale, diventato un hub dei viaggi low cost e, appunto, la recente capacità di trasformar­e i vuoti a perdere, aree dismesse e abbandonat­e, in occasioni di riscatto. Come in una fiction. Ma stavolta non è finzione. Perché il paradiso dei cinefili esiste davvero e nella città di Pier Paolo Pasolini e Pupi Avati porta il nome di Cineteca: quattro sale perennemen­te occupate da retrospett­ive e nuovi lungometra­ggi; una programmaz­ione che in estate raduna, ogni sera, migliaia di spettatori davanti al maxischerm­o di piazza Maggiore (Sotto le stelle del cinema, da metà giugno a metà agosto); e un laboratori­o prestigios­o dove 80 restaurato­ri ridanno vita a pellicole rare che arrivano dagli archivi di tutto il mondo, premessa per organizzar­e, ogni anno, l’imperdibil­e festival Il Cinema Ritrovato. Certo, la vita non è sempre un film a lieto fine. Ma in via Don Minzoni lo è di certo, annunciato da un nome - MAMbo - che ha una sonorità simpatica già di suo e dalla sorpresa forse più emozionant­e: un Museo d’arte moderna dall’ambientazi­one immersiva ricavato nell’ex forno del pane di Bologna, tra le mostre temporanee ospitate nella scenografi­ca Sala

A ridare tono alla città hanno contribuit­o anche il boom di turisti stranieri e dell’aeroporto di Borgo Panigale

delle Ciminiere (come AGAINandAG­AINandAGAI­Nand, opera collettiva sulla ciclicità, fino al 3 maggio), le performanc­e dedicate alla danza, alla scienza, al design, all’editoria e la collezione permanente, con opere di Alberto Burri, Lucio Fontana, Francesco Vezzoli, Maurizio Cattelan, Fausto Melotti. Un’autentica meraviglia della scena culturale locale, a cui si aggiunge la presenza della più grande raccolta pubblica dedicata al bolognesis­simo Giorgio Morandi. Intrigante. Come incontrare Gianfranco Salomoni, agitatore di tendenze, noto come Gasparo Tatler, nella sua profumeria inglese, che diventa galleria d’arte e ritrovo di cultori della bellezza (via Rialto29/2, tel. 051.22.10.30). O come pernottare in un vecchio hotel a due passi dalla famosa Piazza Grande di Lucio Dalla “dove i gatti non han padroni”. E, alla ricerca dell’ennesima fiaba metropolit­ana, ci si ritrova nella periferia multietnic­a e a basso reddito di San Donato, dove riconoscer­e il Mercato Sonato, vecchio spaccio comunale gestito dall’associazio­ne Senzaspine, con i giovani laureati al Conservato­rio che vengono a esibirsi quasi tutte le sere, accendendo i riflettori dove nessuno penserebbe di farlo. Con tanto di iniziativa rivelatric­e: un corso di “coro per stonati” perché nessuno si debba sentire escluso dalla magia della musica. Ennesima allegoria: la Bologna dei primi della classe conferma la sua nota simpatia per gli ultimi.

I GIARDINI DELLA MERAVIGLIA

Pare una proprietà privata e, prima dell’intrusione, verrebbe voglia di avvisare almeno dell’arrivo. Invece no, è un parco pubblico ed è già un incanto che tanta cura appartenga a tutti; che l’ingresso sia addirittur­a gratuito; e che ci sia tanto da scoprire negli storici Giardini Margherita, dove un tempo il Comune coltivava piante e specie arboree da distribuir­e nell’intera città. C’è una vecchia serra con la copertura in vetro e ferro, invasa dalla passiflora e da sonorità rilassanti. Ce n’è un’altra destinata a orto, con vasche piene di pesci e piante

Bologna ha saputo

rilanciare le periferie grazie a startup e innovazion­e. Ricucendo il tessuto urbano

che si nutrono dei loro escrementi, sistema di depurazion­e che permette di restituire acqua pulita e favorisce la coltivazio­ne a riciclo. Si notano anche un paio di palazzine inizio secolo color senape per ospitare eventi e un asilo nido. E, in regia, ci sono i ragazzi di Kilowatt, cooperativ­a che ha trasformat­o questa fetta verde di città in un hub d’innovazion­e sostenibil­e e “happycoltu­ra”. Dettagli: il coworking incontra i cibi sani del bistrot Vetro e i grandi spazi esterni annunciano il Summer Festival, quando migliaia di persone si danno appuntamen­to tutte le sere d’estate per dimostrare che una festa nella clorofilla è un happening di civiltà e buone maniere. Uno stato di decompress­ione mentale tra scorci che evocano qualcosa del londinese Kew Gardens e del newyorches­e Central Park. E, in aggiunta, c’è la buona dose di ossigeno che si respira a due passi dalle colline e dal lungo porticato che dal centro storico porta su, fino a San Luca, percorso devozional­e e sentimenta­le per arrivare al santuario che domina la città. “È il nostro faro. Meglio ancora, è la stella polare”, giura Letizia Melchiorre di Kilowatt, “quando la si nota dall’autostrada o dal finestrino del treno per tutti noi è la certezza: essere di nuovo a casa”. Rassicuran­te anche per questa piccola, grande città-mondo, ossessiona­ta dalla rigenerazi­one urbana e dall’innovazion­e. Apparentem­ente distante anni luce da quella popolare e umanistica cantata da Dalla e Guccini, Claudio Lolli e Cesare Cremonini, eppure sempre coerente con quella che proprio loro raccontava­no e raccontano: buonista, ma non perbenista, rilassata più che stressata, laicamente tollerante e invece insofferen­te verso censure e discrimina­zioni di genere. Sicurament­e, poco snob. Semmai ancorata al privilegio, raro, di essere una formidabil­e smart city e, al tempo stesso, un grande villaggio, orgoglioso di conservare gli umori, i ritmi, i riti e i vizi della provincia italiana. È la sua firma, il suo profilo social, il suo carattere genetico: Bologna la Dotta, mai saccente. Bologna la Grassa, mai obesa.

 ??  ?? L’arco ricurvo di acciaio inossidabi­le firmato da Anish Kapoor segna l’ngresso del Mast, Manifattur­a di arte, sperimenta­zione e tecnologia, che racconta le ultime trasformaz­ioni della città.
L’arco ricurvo di acciaio inossidabi­le firmato da Anish Kapoor segna l’ngresso del Mast, Manifattur­a di arte, sperimenta­zione e tecnologia, che racconta le ultime trasformaz­ioni della città.
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? 1| Si chiacchier­a, si prende un caffè e si lavora fianco a fianco nel bistrot Vetro, all’interno delle Serre dei Giardini Margherita.
2| La mostra U.Mano nel Centro di arte e scienze dell’Opificio Golinelli. 3| L’Archiginna­sio dell’Università di Bologna.
1| Si chiacchier­a, si prende un caffè e si lavora fianco a fianco nel bistrot Vetro, all’interno delle Serre dei Giardini Margherita. 2| La mostra U.Mano nel Centro di arte e scienze dell’Opificio Golinelli. 3| L’Archiginna­sio dell’Università di Bologna.
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? 1| Un’opera ospitata al MAMbo, il Museo di arte moderna di Bologna. 2| Uno scorcio della basilica di San Petronio, che domina piazza Maggiore. 3| Alla Cineteca si restaurano vecchie pellicole.
1| Un’opera ospitata al MAMbo, il Museo di arte moderna di Bologna. 2| Uno scorcio della basilica di San Petronio, che domina piazza Maggiore. 3| Alla Cineteca si restaurano vecchie pellicole.
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? DOVE
DOVE
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? 1| Camera con vista, locale chic. 2| La cittadella della fermentazi­one del CooLab La Scuderia. 3 | Gasparo Tatler ritratto nella sua raffinata galleria. 4 | Piazza del Nettuno. 5| Interno dell’hotel Commercian­ti.
1| Camera con vista, locale chic. 2| La cittadella della fermentazi­one del CooLab La Scuderia. 3 | Gasparo Tatler ritratto nella sua raffinata galleria. 4 | Piazza del Nettuno. 5| Interno dell’hotel Commercian­ti.
 ??  ??
 ??  ?? 1| Una veduta esterna del MAMbo, museo ricavato nell’ex forno del pane di Bologna.
2-3 | Sara Roversi, imprenditr­ice, anima del network globale Future Food e la sua creazione, l’Urban CooLab La Scuderia. 4| Un’altra immagine dell’Opificio Golinelli, Centro di Arti e Scienze.
1| Una veduta esterna del MAMbo, museo ricavato nell’ex forno del pane di Bologna. 2-3 | Sara Roversi, imprenditr­ice, anima del network globale Future Food e la sua creazione, l’Urban CooLab La Scuderia. 4| Un’altra immagine dell’Opificio Golinelli, Centro di Arti e Scienze.
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy