Un’altra messa in scena.
Niente più funzioni, ma concerti, mostre, cene. Viaggio nei templi dove il culto lascia il posto alle liturgie laiche
La messa è finita, ma la chiesa rimane aperta. Cessano i riti, si abbandona la pratica religiosa e nei luoghi di culto le liturgie cedono il passo a cerimonie laiche. Nelle absidi e tra le navate non risuonano più parole evangeliche, né inni sacri; la fragranza, ora dolciastra, ora acre, dell’incenso non si spande più fra le panche e sull’altare. Dove un tempo si ascoltavano omelie, canti e preghiere ora si assiste a una mostra, a un concerto; si creano installazioni di design e arte contemporanea, si proiettano film, si leggono e si comprano libri; si mangia, beve e dorme.
Crisi delle vocazioni sacerdotali, diminuzione della pratica religiosa, svuotamento di conventi e monasteri, secolarizzazione: sono tante le ragioni dietro l’abbandono di molte chiese, che, senza preti e senza fedeli, chiudono, vengono sconsacrate e riconvertite in gallerie, librerie, auditorium, cinema, ristoranti, perfino alberghi. Se in alcuni Paesi europei la trasformazione avviene con più frequenza e maggiore disinvoltura nella scelta della nuova destinazione (vedere il riquadro a pag. 130), in Italia la svolta profana dei luoghi di culto è accompagnata da una riflessione più ponderata. Dietro e dentro una chiesa non c’è solo una storia religiosa, ma anche un patrimonio artistico, culturale, spirituale. Bisogna proteggere un edificio dal degrado, ma trovare una chiesa con il portone sbarrato forse fa meno impressione che entrarci e vederla riconvertita in discoteca, palestra, centro benessere.
Il dibattito sulle chiese abbandonate coinvolge storici dell’arte, architetti, urbanisti, amministrazioni pubbliche e, ovviamente, la stessa gerarchia. Il 28-29 novembre 2018 alla Pontificia Università Gregoriana di Roma si è tenuto il convegno Dio non abita più qui?. organizzato dalla Conferenza episcopale italiana (Cei) e dal Pontificio Consiglio della Cultura, guidato dal cardinale Gianfranco Ravasi, per discutere di “dismissione dei luoghi di culto” e “gestione integrata dei beni culturali ecclesiastici”. Nel documento finale si legge che “sono certamente da preferirsi adattamenti
Niente più funzioni religiose,ma concerti, mostre, letture, cene. Viaggio nei templi abbandonati dove il culto lascia il posto alle liturgie laiche
con finalità culturali (musei, aule per conferenze, librerie, biblioteche, archivi, laboratori artistici) o sociali (luoghi di incontro, centri Caritas, ambulatori, mense per i poveri e altro)”. In queste pagine vi proponiamo un viaggio fra alcune riconversioni interessanti, sia in ambito culturale, come auspicato dalla Cei, sia commerciale. Altri esempi li troverete sul nostro sito doveviaggi.it.
ARTE SACRA E PROFANA
Le chiese sono spesso capolavori di architettura e custodiscono opere inestimabili: per questo la trasformazione di un tempio sconsacrato in museo, galleria o luogo di sperimentazione artistica è molto diffusa e non è strettamente legata al fenomeno della scristianizzazione. Nel centro storico di Treviso si trova la chiesa di San Teonisto. Costruita nel XV secolo, fu depauperata durante l’epoca napoleonica (fra i capolavori trafugati, Le Nozze di Cana di Paolo Veronese) e poi danneggiata dalle bombe della Seconda guerra mondiale. Ora è una bellissima sala da musica-auditorium di proprietà della Fondazione Benetton Studi e Ricerche. Il restauro, firmato da Tobia Scarpa, ha salvaguardato lo spazio architettonico e inserito dettagli contemporanei e high-tech: quattro lampadari in vetro soffiato, due tribune reclinabili che, sollevate, accolgono fino a 300 persone, mentre quando scompaiono al di sotto della quota del pavimento trasformano l’ex chiesa in uno spazio espositivo. In questa stagione San Teonisto ospita, fino al 17 maggio, una rassegna di musica antica.
C’è l’intraprendenza di una gallerista privata, Enrica de Micheli, dietro il progetto di Volumnia ,a Piacenza. L’ex chiesa cinquecentesca dedicata a S.Agostino, abbandonata da anni, è stata affidata in gestione a
Il calo delle vocazioni sacerdotali e la minore pratica religiosa portano
allo svuotamento delle parrocchie
e alla chiusura dei luoghi di culto
de Micheli dopo un bando demaniale ed è diventata, dallo scorso anno, un polo espositivo, che propone mostre di design e di modernariato. Sono previste anche l’inaugurazione di un bistrot, all’esterno, e la creazione di una libreria-biblioteca d’arte nella sacrestia. Piacenza vanta un’altra bella chiesa sconsacrata (SS. Nazzaro e Celso, edificata nel 1025), sede dal 1989 dello Spazio Rosso Tiziano: ospita conferenze sull’arte, presentazioni di libri, concerti di musica classica e mostre di pittura e scultura: l’ultima, conclusasi il 31 dicembre, è stata una celebrazione del trentennale, con un’antologica di 70 artisti (rossotiziano.com).
A Milano il dialogo fra arte contemporanea e luoghi di culto non è strettamente influenzato dalla secolarizzazione. Merita di essere visitata, la parrocchia di S. Maria Annunciata in Chiesa Rossa, nell’omonimo quartiere a sud, per Untitled, dell’americano Dan Flavin: un’installazione di luci colorate al neon che esalta l’architettura e rende suggestiva la partecipazione al culto. Sono invece due le chiese sconsacrate e riconvertite in spazi artistici nel centro storico. La prima è il museo Francesco Messina, nel tempio di San Sisto al Carrobbio, cuore della Mediolanum romana. L’ar
tista siciliano (1900-1995) la ottenne in comodato dal Comune nel 1974 per farne il proprio studio-dimora e si occupò del restauro sia della chiesa, sia della canonica. Dopo la sua morte, l’edificio è diventato sede della Fondazione Francesco Messina e di un museo che espone sculture e opere grafiche dell’artista. All’incrocio fra corso Italia e piazza S.Eufemia sorge la struttura di San Paolo Converso, che era formata da due aule liturgiche: una aperta al pubblico, l’altra destinata alle suore di clausura (XVI secolo). Sotto Napoleone il convento fu chiuso e la chiesa sconsacrata; negli anni Sessanta fu una sala di registrazione della casa discografica La voce del padrone (qui incisero Maria Callas e Mina). Ultimamente gestita dallo studio Locatelli Partners, che ha organizzato nell’ex chiesa vari eventi d’arte, architettura e design, da gennaio 2020 è sede di Fondazione Converso, istituzione no profit che sotto la guida del direttore creativo Alexander May, proporrà mostre, performance, progetti site specific. In un contesto davvero scenografico: l’interno della chiesa, perfettamente conservato, ospita decorazioni scultoree e affreschi d’epoca manierista dei fratelli Vincenzo, Giulio e Antonio Campi.
Per i vescovi va
privilegiata la trasformazione in musei, librerie, centri culturali
Il riuso delle chiese sconsacrate come luogo privilegiato per progetti d’arte contemporanea vede casi interessanti in Piemonte. Nelle Langhe, a La Morra (Cn), nel 1999, l’americano Sol Lewitt e il britannico David Tremlett decorarono, su incarico della famiglia Ceretto, la Cappella del Barolo. Costruita nel 1914 e chiamata inizialmente Cappella di Santissima Madonna delle Grazie, non fu mai consacrata ed è ora un simbolo del dialogo fra arte e spazi religiosi. Lo stesso Tremlett ha poi firmato, nel 2017, a Coazzolo, la Chiesetta fra le vigne e, soprattutto, nella primavera 2019, Wall Drawing in Pastel for OPEN SPACE San Maurizio. Si tratta di un affresco permanente che decora, a Santo Stefano Belbo (Cn, il paese natale di Cesare Pavese) la Cappella di San Maurizio dell’omonimo monastero, un complesso cistercense fondato nel 1619 e oggi sede di un relais elegante fra in colli delle Langhe.
DALLA PAROLA DI DIO ALLE PAROLE DELL’UOMO
Nelle celebrazioni liturgiche l’ascolto della parola di Dio è centrale. Se le letture sacre non riecheggiano più, è plausibile accettare, come male minore, che la chiesa si trasformi in una libreria. Non è solo una preferenza delle gerarchie: ci sono già casi. A Pavia i tavoli e le mensole della libreria Feltrinelli occupano gli spazi dell’ex chiesa di San Rocco, sede di una confraternita che assisteva i condannati a morte. Nell’interno (prima di diventare libreria, fu anche un cinema, il Roma) è ben visibile un affresco raffigurante la Madonna. A Rieti una libreria Mondadori ha trovato spazio in una chiesa romanica dedicata a San Pietro e sconsacrata negli anni Settanta. Bello il portale marmoreo del XIII secolo; le pale d’altare furono rimosse e gli interni sono spogli; le pareti hanno intonaci settecenteschi che, nonostante i restauri degli anni Novanta, mostrano segni di degrado.
Era in condizioni di degrado avanzato anche la chiesa dedicata a Maria Matri divinae gratiae di via Poerio, nel quartiere di Chiaia, a Napoli. Aperta al culto nel 1912, versava in abbandono dagli anni Ottanta e sarebbe andata persa senza l’intervento di Marzio Alfonso Grimaldi, colto e raffinato editore partenopeo, che aveva già una propria libreria antiquaria. Grimaldi se l’è aggiudicata nel 2012 in seguito a un bando della Curia napoletana e ha curato un restauro accurato (l’edificio è sotto vincolo della Soprintendenza). Dai due locali sono stati ricavati uno showroom (l’ex sacrestia) e lo studio di Grimaldi (la stanza del prete); la cappella, con il
All’estero le riconversioni sono più numerose, fantasiose e
disinvolte. Alcuni riusi profani appaiono però discutibili
bel coro e l’altare, accoglie i clienti, con i titoli della casa editrice e libri di antiquariato, stampe antiche, gouaches. Davvero un luogo che ha un’anima. A Napoli merita di essere segnalata anche la chiesa barocca di San Giuseppe delle Scalze, che conservava la grande tela di Luca Giordano La sacra famiglia ha la visione dei simboli della passione (ora a Capodimonte). La struttura è gestita dalla rete di associazioni “Le Scalze. Laboratori di cittadinanza attiva” che promuove mostre, concerti, momenti di aggregazione per gli abitanti, eventi culturali (lescalze.org, vedere anche l’illustrazione della nostra Simo Capecchi a pag. 178).
NON È L’ULTIMA CENA
Uno dei riusi più controversi e delicati delle chiese sconsacrate ha a che fare con la trasformazione in ristoranti. Più della pratica commerciale in sé, è una questione teologica: per i cattolici il pane e il vino diventano un’altra sostanza, il corpo e il sangue di Cristo, perché nella messa si rinnova il gesto dell’Ultima Cena. Anche se sconsacrata, una chiesa non perde quindi la memoria ontologica di ciò che era. Ci sono però chiese sconsacrate da molto tempo che sono diventate ristoranti dopo altre vicende. A Verona , il ristorante Santa Felicita sorge in una chiesa romanica consacrata nel 1207 e soppressa nel 1806 in seguito alle riforme napoleoniche: il tempio fu adibito a usi civili prima di diventare un locale rinomato che conserva il bellissimo soffitto ligneo del XIV secolo e un affresco con il volto di Cristo nella zona absidale. In Campania, a Nocera Inferiore ,la chiesa di S. Angelo in Grotta, risalente al 1020, è stata abbandonata a lungo prima di diventare un ristorante. Attualmente il locale si chiama Graal. Suggestiva la cucina a vista, ricavata in posizione elevata dove una volta c’era un organo. Perché tutti vedano come lo chef officia il suo rito laico.