La montagna di Zeno.
A un secolo dalla nascita del grande Colò, sull’Abetone tutto lo racconta. Le piste, i rifugi, i luoghi legati alle sue imprese
“Ci si aspettava che il tagliaboschi trentenne scendesse dalla montagna con il suo solito stile spericolato e spettacolare, ma questa volta l’italiano dall’aspetto delicato sugli sci scintillanti è stato il ritratto della grazia”. Così scriveva, nel 1950, il New York Times parlando di Zeno Colò, in occasione della vittoria nella discesa libera ai Mondiali di Aspen, in Colorado. Un autentico fuoriclasse, capace di volare senza casco a 160 chilometri all’ora sugli sci di legno. E con un nuovo stile raccolto, preludio di quella che oggi tutti i praticanti conoscono come “posizione a uovo”. Nato ad Abetone un secolo fa, il 30 giugno 1920, il campionissimo (scomparso nel 1993) è celebrato dalla stazione sciistica toscana durante tutto l’anno, con feste, eventi e un tour nei luoghi importanti della sua carriera, da Cortina ad Aspen (vedere il riquadro a pag. 79).
Abetone deve molto all’illustre cittadino: la moderna cabinovia che sale al Monte Gomito, evoluzione dell’ovovia da lui fortemente voluta; la scuola di sci dove Colò insegnò; la rassegna giovanile Pinocchio sugli sci, tenuta a battesimo da Colò nel 1983; le mitiche piste, da lui disegnate, che portano il suo nome e scendono accanto a quelle intitolate ad altri campioni abetonesi: Celina Seghi (che a marzo compirà cent’anni), Gaetano Coppi, Vittorio Chierroni. “Questa concentrazione di grandi atleti non deve stupire”, spiega
A un secolo dalla nascita del grande Colò, siamo stati sull’Abetone, dove tutto racconta questa figura leggendaria dello sci. Le piste, i rifugi, i luoghi legati alle sue imprese
Giampiero Danti, maestro di sci. “Le discese dell’Abetone, pur non avendo il dislivello di quelle alpine, presentano percorsi impegnativi”. Una sorpresa, come lo spettacolo che si apre dai 1.890 metri del monte Gomito, il punto più alto del carosello: lo sguardo vola dal Mar Tirreno, con le isole di Elba, Gorgona, Corsica, alle vette innevate di Alpi e Prealpi, a Firenze, che si stende verso sud. E, sotto, le piste dei fuoriclasse di un tempo, oggi teatro di allenamenti di Giuliano Razzoli, oro olimpico nello slalom a Vancouver (2010). In questa geografia degli accostamenti apparentemente impossibili, gli oltre 60 chilometri di discese che si snodano nelle quattro valli del comprensorio - Val di Luce, dello Scoltenna, del Sestaione e di Lima - fanno dell’Abetone la maggiore stazione sciistica dell’Italia centrale. Benedetta perfino da una meteorologia capricciosa che, nonostante la vicinanza del mare, spesso scarica metri di neve su questi panettoni tra Emilia e Toscana.
PISTE DA CAMPIONI
È anche la posizione fortunata a sancire il successo dell’Abetone, a meno di due ore di auto da Firenze (poco più da Bologna). Una vicinanza che fa del comprensorio la meta privilegiata dei weekend, quando si affollano le piste e le vie dell’abitato. Organizzando qualche giorno di fuga, si approfitta delle riduzioni dello skipass infrasettimanale (30 €, invece dei 40 del festivo) e delle discese quasi in solitaria. “I versanti offrono piste con caratteristiche molto varie”, spiega il maestro Danti. “Dagli ampi pendii del monte Gomito, con le Zeno, ai boschi secolari delle Regine e della Selletta, dai larghi declivi della Val di Luce, dal carattere alpino, ai ripidi muri delle piste Coppi, al Pulicchio”. I più esperti si lanciano sulla nera Zeno 1, con uno stretto muro in contropendenza; Zeno 2, con ardue inclinazioni,
Il primo impianto sciistico all’Abetone fu realizzato nel 1937
che termina nel bosco; Zeno 3, con inizio panoramico e finale nella pista Stadio Slalom, sede di gare. Difficili, ma divertenti, pure la tecnica Coppi e la Stucchi, la più lunga del comprensorio. “La Zeno 1, grazie alla larghezza, è adatta anche ai meno allenati”, aggiunge Danti. “Come la pista Seghi, che inizia con un larghissimo muro per poi entrare con falsipiani tra gli alberi. E poi ci sono i tre grandi campi scuola per i più piccoli e i principianti”.
Tra le piste, colpisce l’imponente sagoma dell’ex albergo degli anni Trenta, trasformato nel rifugio Le Terrazze. E, ancor più, un vecchio slittone davanti al rifugio Selletta: è il rustico impianto che fece la sua prima corsa nel 1937. Dopo un restauro accurato, oggi fa bella mostra di sé nella neve, testimoniando la storia sciistica dell’Abetone. Ma qui giurano che abbia avuto anche un ruolo in quella di Aspen, in Colorado: sembra che sia stato replicato, al ritorno in patria, dai soldati statunitensi di stanza sulla montagna pistoiese nel ’44, dando avvio alla fortuna sciistica della stazione nordamericana, che, fra l’altro, dal 2015 è gemellata con l’Abetone, in ricordo anche delle vittorie straordinarie di Colò. Per vedere alcuni dei tanti riconoscimenti del campione si deve scendere in paese, nel b&b La casa di Zeno, ricavato dall’abitazione che Colò stesso costruì. Gestito dal nipote, Francesco Serancangeli, e dalla moglie Daniela, custodisce ricordi, trofei, foto, attestati. Le tre camere hanno i nomi dei luoghi che lo videro vincitore: Aspen, Oslo, St. Anton (a quest’ultima località è dedicato anche il reportage a pag. 98).
Abetone è anche una meta per gli amanti del freeride, con pendii sicuri e facilmente raggiungibili con gli impianti. “Soprattutto in primavera, quando le condizioni climatiche creano il firn, il sottile strato polveroso su un fondo resistente”, spiega Silvia Petrucci, maestra di sci e guida ambienta
le. “Il più facile è il Classico: si scende dalla croce del monte Gomito dopo una salita di una quindicina di metri. Valle Primavera è più arduo, ma regala buona neve, grazie all’esposizione a nord, e una discesa lungo tutta la Val di Luce”. Che questa zona dell’Appennino sia particolare lo indica anche la Valle del Sestaione. “Eliminati gli impianti di risalita, da anni è stata restituita a escursionisti e scialpinisti, che trovano neve fresca, vecchie piste e canalini”, aggiunge Petrucci. Tra le uscite con le pelli merita quella che porta in cima all’Alpe delle Tre Potenze. Il monte prende il nome dalla posizione sul confine fra il granducato di Toscana, il ducato di Modena e quello di Lucca. Da lassù lo sguardo vola alle Apuane, al massiccio del Giovo, al Rondinaio, al monte Gomito e alle altre vette della catena appenninica, fino alla stretta gola dell’orrido di Botri. All’intorno si stende una natura selvaggia, ideale per attività più lente. “La riserva naturale statale del Campolino, dove è perfino vietato l’ingresso, protegge la popolazione di abeti rossi, che crescono più a sud. Con le ciaspole si sale al vicino Lago nero, nella magia del silenzio tra gli alberi innevati, dove vivono cerbiatti, tassi, volpi”.
Quante opportunità
per chi scia: i pendii del Monte Gomito con le piste Zeno 1 e 2, i boschi delle Regine,i declivi della Val di Luce, i muri delle piste Coppi
In paese stupiscono, per la loro incongruenza, le due tozze piramidi, volute alla fine del ‘700 dal granduca di Toscana e dal duca di Modena per celebrare la realizzazione della strada di comunicazione tra i due stati. Un’opera a cui il borgo deve anche il nome, in seguito all’abbattimento di un’enorme conifera. Oggi l’Abetone offre occasioni di shopping e après ski piuttosto semplici. I prodotti basati sul vanto del luogo, i mirtilli, protagonisti anche di un festival durante la raccolta di agosto, si trovano nel negozio della vicina azienda agricola Il Baggiolo: frutta da spalmare, salse agrodolci con aceto balsamico di Modena, liquori, grappe e sciroppi, formulati con ricette originali. Per il doposci, ecco il Ciustè Pub, in piazza dell’Abetone, con dj set, o, di fronte, il Grog, tipico pub dal sapore familiare, mentre sulle piste è affollato il rifugio Chalet Le Rocce, al fondo della pista Seghi, con terrazza-solarium. Ma, rispettando il carattere ruspante della località, per i più il relax a fine giornata è una cioccolata calda alla pasticceria La Casina, accompagnata da crostate di more o mirtilli. Il tipico chalet in legno, con stufa in maiolica e camino, ha anche un buon ristorante: in menu pappardelle al cervo, tagliatelle con funghi porcini, cinghiale con polenta.
DUE TRADIZIONI IN CUCINA
A cavallo tra Toscana ed Emilia Romagna, l’Abetone rivela la sua fortunata posizione anche in cucina. Le specialità fondono le due tradizioni gastronomiche: la sfoglia tirata a mano e i tortellini emiliani accompagnano la cacciagione e le carni toscane. Sono saporite ricette montanare, da gustare persino sulle piste. Come il rifugio Baita del Pulicchio, tutto in legno, con self service e ristorante in una saletta affacciata sul Corno alle Scale, sul Monte Cimone, con lo sfondo delle Alpi, dove assaggiare tagliatelle alla lepre, coniglio alle olive, stinco al forno.
Si scende con piacere anche nel centro storico di Cutigliano, piccolo gioiello dalle strette vie e con angoli suggestivi. La piazza del Municipio è dominata dal facciata del palazzo Pretorio, con i tre ordini di finestre sovrapposte e ben 95 stemmi in pietra e terracotta policroma: sono le insegne araldiche che ricordano il mandato dei Capitani della Montagna, tra il 1444 e il 1742. Si entra volentieri da Bacci, per trovare oggetti curiosi e artigianato locale. In un palazzo del ‘500, la trattoria Da Fagiolino interpreta la cucina della tradizione, con i crostoni, il risotto ai funghi dormienti (ancora sottoterra), la mamma di carciofo ripiena. Ha anche quattro camere arredate con gusto, che si distinguono nel panorama piuttosto scarno dell’accoglienza in zona. Fa eccezione il Val di Luce Spa Resort, nella valle omonima, con suite in stile alpin chic e atmosfere calde, eleganti. Curiosa la Spa con la grande piramide in vetro che copre la piscina, per nuotare guardando i monti e gli alberi innevati. Chissà, forse senza Zeno Colò si scierebbe ancora tutti ritti. Come i tronchi di conifere dell’Abetone.