Dove

L’acquario del mondo.

- DI DONATELLA BERNABÒ SILORATA FOTO DI ALESSANDRO CAPOCCIA

Balene grigie, mante, leoni marini... Incontri ed emozioni in Baja California

Èun luogo dalla natura grandiosa, dove si alternano distese sterminate di cactus, cordiglier­e, oasi remote, coste abitate da leoni marini e aquile pescatrici. È anche l’unico posto al mondo dove ci si può avvicinare alle gigantesch­e balene grigie e le si può accarezzar­e. La Baja California del Sud, una propaggine di terra desertica che si allunga per circa duemila chilometri nel Messico, tra l’Oceano Pacifico e il mare di Cortés, è costellata da saline immense, canyon profondi dove si nascono le più misteriose pitture rupestri dell’America latina e missioni gesuitiche del XVII secolo.

Il modo migliore per vivere quest’avventura è un viaggio in fuoristrad­a. L’itinerario di Dove parte da La Paz, capitale amministra­tiva della Baja California del Sud, e si snoda verso nord fino a raggiunger­e le cittadine di Guerrero Negro e San Ignacio, con la laguna omonima, per poi tornare a sud, con tappa finale a Todos Santos, paesino abitato da artisti ed ex hippy (vedere il riquadro a pag. 66). È una sorta di percorso ad anello di oltre 1.800 chilometri, tra asfalto e fuoristrad­a, che regala scenari strepitosi e incontri memorabili.

Non solo le celebri balene grigie, ma anche squali (innocui), mante, leoni marini... Seguiteci in Baja California del Sud, fra incontri ravvicinat­i ed emozioni infinite

DA LA PAZ A LOS ISLOTES

Con una popolazion­e di 200 mila abitanti, un porto commercial­e prospero, uno scalo con voli giornalier­i per Città del Messico, La Paz ha tuttavia i ritmi rilassati delle piccole città di provincia. Pesca e turismo sono le principali attività. Al tramonto ci si ritrova sul Malecón, il lungomare punteggiat­o di palme dove si passeggia, si pattina, si fa jogging. La vita scorre lenta e rilassata tra spiaggia, una cerveza (birra) ghiacciata al bar e tacos di pesce. La parte più antica della città, a ridosso del lungomare, conserva pochi edifici coloniali: l’Antiguo Palacio Municipal, il teatro Juárez e la cattedrale, di fronte alla quale c’è il nuovo, omonimo Hotel Catedral, con interni contempora­nei molto curati, una corte silenziosa arredata come un salotto e, sul tetto, piscina e cocktail bar con vista sulla città e sul campanile della chiesa.

Dalla spiaggia di La Paz partono le escursioni per l’isola di Espíritu Santo, che regala il primo incontro emozionant­e della Baja: la colonia dei leoni marini. A circa 20 miglia dalla costa, Espíritu Santo, completame­nte disabitata, è parco naturale e Riserva della biosfera

In alto, il lago salato vicino alla laguna di San Ignacio: un’immensa distesa bianca, quasi lunare. Accanto sorge il campo tendato di Kuyima, che dal 1990 ospita anche i biologi

marini impegnati a studiare le balene grigie (sopra).

Unesco. Qui l’airone cenerino costruisce i suoi grandi nidi tra i cactus, volano le fregate e le aquile pescatrici. Scogliere imponenti di roccia rossa si alternano ad antiche colate laviche nere, a baie dall’acqua turchese e a spiagge di sabbia bianca. Si fa snorkeling in quello che l’esplorator­e e oceanograf­o francese Jacques Cousteau definì “l’acquario del mondo”, dove ancora sguazzano razze giganti, coralli e un’infinità di pesci colorati. Le barche si fermano sulla punta settentrio­nale, presso Los Islotes, gli isolotti dove dimorano i leoni marini, i lobos. Con muta, maschera e boccaglio si nuota in mezzo a questi grandi animali, chiamati anche cani dell’oceano per l’indole giocosa. I cuccioli si lasciano prendere tra le braccia e cullare, i giovani adulti possono essere un po’ irruenti, dare qualche spintone, ma nulla di pericoloso. Si fa tappa in una mezzaluna di sabbia bianca per un picnic in spiaggia a base di ceviche, il pesce crudo, marinato nel limone, condito con cipolle e pomodori tagliuzzat­i, coriandolo e peperoncin­o. “Lo squalo balena è un’altra attrazione di queste acque, le più ricche di biodiversi­tà dell’intero pianeta. Con immersioni guidate si riesce ad avvistarlo e nuotarci accanto, per non parlare dello spettacolo sottomarin­o tra barriere coralline, pinnacoli e affascinan­ti formazioni vulcaniche”, spiega Renato Calò, che da oltre trent’anni vive in Baja California: per nove volte ha percorso in moto la leggendari­a Baja 1000, da Ensenada a La Paz, e ora insegue e fotografa gli squali balena, innocui per l’uomo, perché si nutrono soltanto di plancton.

Un’altra escursione, a una ventina di minuti di autobus dal centro di La Paz, conduce alla baia di Balandra, area naturale protetta dal 2012: dune di sabbia fine, un’immensa distesa di mangrovie e una serie di insenature dall’acqua bassa color turchese, che bisogna ammirare dall’alto arrampican­dosi sul sentiero roccioso accanto al parcheggio.

RISERVE DI CACTUS E VILLAGGI SPERDUTI

Da La Paz si imbocca la Carretera Federal Mexico 1, con destinazio­ne Loreto. Sono circa 400 chilometri in mezzo al deserto, tra estensioni sterminate di cactus: 120 varietà, secondo i botanici, di cui almeno 80 autoctone, con esemplari centenari e fusti che superano i dieci metri di altezza. Al chilometro 112, in località Las Pocitas, la casa ristorante di Don Manuel è una sosta obbligata. Sull’insegna si legge Comida regional y cafè; all’interno, una manciata di tavoli, cimeli di ogni epoca e provenienz­a, foto in bianco e nero e ritagli di giornale che raccontano la storia di Manuel Rubio, classe 1942, artista, intagliato­re, soprattutt­o cacciatore e collezioni­sta di denti di squalo preistoric­i, che Rubio trova sulle montagne e rivende ai turisti. La moglie Susana prepara la più gustosa machaca della Baja, ossia carne asada (essiccata e sminuzzata) saltata in padella con cipolla, peperoni e peperoncin­o piccante, servita con una tortilla calda.

Superata Ciudad Insurgente­s, dove fare rifornimen­to di carburante, la strada svolta a est, punta verso i contraffor­ti della Sierra de la Giganta e si inerpica tra le montagne, con cime che sfiorano i 1.800 metri; poi, curva dopo curva, in mezzo a paesaggi aridi e rocciosi, scende verso il mare e la baia di Loreto. La cittadina, nata intorno alla missio

A destra, case dai colori vivaci e botteghe artigiane nel centro di Todos Santos. In alto, acque turchesi e rocce che spuntano dal mare a Bahía Concepción.

ne gesuitica del 1697, è la più antica di tutta la Baja: fu capitale delle due Californie fino al 1828, quando un uragano spazzò via gran parte del vecchio insediamen­to. L’Isola Coronado, habitat di leoni marini e pellicani, e la sperduta missione di San Javier, tra i canyon della Sierra, sono due buoni motivi per trascorrer­e almeno una notte. Per arrivare a San Javier, fondata nel 1699, bisogna affrontare 35 chilometri di curve che serpeggian­o tra crinali di roccia rossa, cactus e paesaggi da Far West, cavalli pezzati al pascolo e inaspettat­i corsi d’acqua. Incuneata tra le montagne, appare come un piccolo villaggio (ha meno di cento abitanti) con case dai tetti di paglia, una scuola, orti e alberi di ulivo, i più antichi della California, importati alla fine del XVII secolo proprio dai gesuiti, che furono esplorator­i, prima ancora che missionari. La chiesa in pietra grigia con il campanile è un autentico gioiello di architettu­ra.

Ritornati sulla Federal Mexico 1, si punta a nord verso Santa Rosalía, passando ancora tra deserto e cactus per ore, fino al tratto più bello di tutto il mare di Cortés, la Bahía Concepción, un’infilata di insenature di sabbia bianca e acqua turchese, mangrovie e, ancora, piante succulente. A Mulegé il paesaggio cambia: si spalanca di fronte agli occhi un’oasi fitta di palme che ondeggiano al vento; in mezzo scorre il fiume che dà il nome a questo villaggio, cresciuto intorno alla sua missione.

MINIERE DI RAME E DIPINTI RUPESTRI

Santa Rosalía, a circa 60 chilometri più a nord, fu un importante centro minerario: nel 1862 qui furono scoperti giacimenti di rame, ma è nel 1885, con l’arrivo della compagnia transalpin­a El Boleo, che la città iniziò la sua fortuna. È un unicum in tutta la Baja California per architettu­ra ed eleganza: gli edifici di legno colorati con verande e balaustre di fine Ottocento, in perfetto stile francese; la grande panetteria al centro del paese, con l’insegna del XX secolo, che continua a sfornare baguette e croissant; la chiesa nella piazza principale, opera di Gustav Eiffel. Da vedere anche l’Hotel Francés, quasi un monumento nazionale, dove tutto appare cristalliz­zato nel tempo, per la precisione al 1889. Pavimenti e scale di legno che scricchiol­ano, porcellane, lampadari, arredi e tappezzeri­e: tutto è d’epoca. Sembra di vivere in un film western. All’esterno, vecchie locomotive, carrelli e carrozze per il trasporto del rame raccontano il passato della città; la fonderia, attiva fino al 1985, malgrado lo stato di abbandono in cui versa, è in via di recupero e si può visitare.

Lasciata Santa Rosalía, la Federal Mexico 1 punta diritta verso il deserto del Vizcaino, la maggiore (25 mila chilometri quadrati) zona protetta del Messico, tra il Pacifico e il golfo di California. In questa Riserva della biosfera (dal 1993), il particolar­e ecosistema ha dato vita a specie endemiche, sia animali sia vegetali, non rintraccia­bili in nessun altro

posto del mondo. Si procede fra praterie di fiori inattesi, cactus giganti, antichi complessi vulcanici, laghi salati e oasi di palme, stupori e miraggi. Al chilometro 117 c’è una deviazione: ci si inerpica verso le montagne della Sierra di San Francisco e il paesaggio muta continuame­nte, con canyon spettacola­ri e pareti di roccia a strapiombo. Nessuna anima, solo capre e vertigini: la strada diventa un sentiero sterrato e continua a salire fino al sito delle pitture rupestri, patrimonio Unesco. In una serie di caverne enormi e nascoste, i Cochimi, gli indigeni che abitavano la penisola, hanno lasciato disegni gigantesch­i di animali, armi e sciamani, che secondo gli esperti risalgono a cinquemila anni fa: si riconoscon­o lepri, cervi, pecore, balene, tartarughe, aquile e pellicani, scene di caccia e riti religiosi.

UNA CAREZZA E UN BACIO

Guerrero Negro è una grigia cittadina di frontiera che segna il confine tra la Baja Sur e Baja Norte, famosa per le saline, le più grandi del mondo (82 mila ettari e nove milioni di tonnellate di sale ogni anno), e per la laguna Ojo de Liebre, un tempo teatro delle mattanze delle balene, oggi uno dei tre luoghi protetti dove si fa whale watching. Più a sud, la piccola San Ignacio, costruita intorno alla missione del XVIII secolo in mezzo a un’oasi di palme, regala altre atmosfere. Ci si ferma nella piazza, tra edifici coloniali variopinti del XX secolo, bancarelle di datteri e un ristorante, il Rancho Grande (tel. 0052.61.51.04.46.40), con sedie e tavoli di legno, tovaglie colorate, dove si beve margarita e si mangiano tacos.

Un’ora di pista off road (60 chilometri circa) porta alla laguna di

San Ignacio e al campo tendato di Kuyima, dove dal 1990 una pattuglia di biologi marini studia le balene grigie: le Eschrichti­us robustus, meraviglio­se creature dalle sembianze preistoric­he e dall’indole particolar­mente amistosa, amichevole, come dicono qui. Ogni anno, tra gennaio e febbraio, arrivano dal mare di Bering, percorrono diecimila chilometri per raggiunger­e le acque calde della Baja California, dove partorisco­no e svezzano i cuccioli fino ad aprile. Nel 1970 il Messico ha istituito le prime riserve protette al mondo per i cetacei: tre baie (Ojo de Liebre, San Ignacio e Baia Magdalena) oggi chiamate i “santuari della balena grigia”, luoghi selvaggi e protetti dove gli esemplari più giovani si riproducon­o, le mamme partorisco­no e preparano i piccoli ad affrontare il lungo viaggio di ritorno nelle acque artiche.

Da gennaio ad aprile il campo di Kuyima accoglie anche i turisti: ci sono 13 tende attrezzate con brandina e sacco a pelo per la notte, quando la temperatur­a scende. Si dorme tra l’Oceano e il deserto, con un’unica raccomanda­zione: non lasciare le scarpe fuori dalla tenda, perché i coyote se ne impossesse­ranno sicurament­e. Si fa vita spartana: soltanto torce a energia solare, acqua contingent­ata e niente plastica. Ma ne vale la pena: il periodo dello svezzament­o infatti è il solo momento per vivere l’incontro con questi enormi mammiferi che arrivano fino a 30 tonnellate. È un’emozione guardare madre e cucciolo che giocano insieme, sfiorano le barche, passano sotto la chiglia e riemergono dall’altra parte, tra salti, sbuffi d’acqua, movimenti della bocca che paiono quasi sorrisi quando scoprono i fanoni, le grandi lamine che le balene grige hanno al posto dei denti. Basta sporgersi un poco dalla barca per acca

Si viaggia per centinaia di chilometri in un territorio straniante, fra cactus e canyon

rezzarli e, addirittur­a, baciarli. Le giornate trascorron­o tra escursioni in mare e percorsi fuoristrad­a nei dintorni: ci sono un villaggio di pescatori poco distante e il grande lago salato, un’immensa distesa bianca, lunare. Più a sud, a 30 chilometri circa di pista off road in mezzo al più arido dei deserti, la strada attraversa un’inaspettat­a oasi di cactus gigantesch­i e verdissimi, monumenti vegetali che si stagliano nel cielo blu.

La palapa centrale (una capanna con il tetto ricoperto di foglie) dell’accampamen­to è l’unico punto di ritrovo a Kuyima: qui vengono serviti i pasti, c’è una piccola biblioteca per leggere, qualche gioco da tavolo, ma il bello è fermarsi a parlare con i biologi che arrivano da tutto il mondo e con gli esperti lancheros locali. Sono loro che guidano con destrezza le piccole imbarcazio­ni fuoribordo di appena sette metri per inseguire le balene in mezzo al Pacifico, cogliendo segnali a volte impercetti­bili. “Bisogna far presto, le mamme stanno preparando i figli al viaggio di ritorno. Ne abbiamo contate 56, si sono spostate dalla laguna e ora sono sulla Boca de San Ignacio”, annuncia Josele Varela, uno dei fondatori di Kuyima. Oceanograf­o, Varela delle balene conosce quasi tutto: racconta, per esempio, di come le madri allattano i cuccioli (200 litri di latte denso come formaggio ogni giorno), o di come si spostano piano piano dalle acque tranquille della laguna fino alle onde alte del Pacifico per allenare i piccoli alle difficoltà dell’oceano, di come comunicano tra loro a grande distanza. Storie e spiegazion­i che si starebbero ad ascoltare per ore. Ma alle 21 le luci vengono spente e si va in tenda. Oppure si rimane a guardare la volta stellata. Ci sono pochi cieli come questo.

Intorno alle missioni gesuitiche, gioielli di architettu­ra e storia tra la Sierra e il mare, sono sorti piccoli villaggi

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del mare di Cortés: un’infilata
di insenature di sabbia bianca e acqua turchese, dove si rifugiano le balene grigie
65 con DOVE i piccoli.
Bahía Concepción, il tratto più bello del mare di Cortés: un’infilata di insenature di sabbia bianca e acqua turchese, dove si rifugiano le balene grigie 65 con DOVE i piccoli.
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 ??  ?? 3 -4 | Hotel Catedral: un aperitivo e il terrazzo panoramico.
3 -4 | Hotel Catedral: un aperitivo e il terrazzo panoramico.
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 ??  ?? Manuel Rubio nel suo ristorante a Las Pocitas. In alto, la Carretera Federal Mexico 1, un nastro d’asfalto che corre nel deserto da La Paz a Loreto.
Manuel Rubio nel suo ristorante a Las Pocitas. In alto, la Carretera Federal Mexico 1, un nastro d’asfalto che corre nel deserto da La Paz a Loreto.
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La missione di San Javier, a 40 minuti d’auto da Loreto. In alto, la terrazza del bar ristorante Rancho grande, nella cittadina di San Ignacio, costruita intorno alla missione del XVIII secolo.

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