GQ (Italy)

Una vita da Barbie

MICHAEL IDOV

- Testo di

Si chiama Valeria, a 16 anni è fuggita dalla Moldavia in Ucraina e ha cominciato a trasformar­si in una bambola. Su Youtube tutti la conoscono

come Amatue, ma sotto quella immagine di plastica c’è una donna normale che, in questo modo, cerca solo di conquistar­e un po’ di libertà

Seguendo le istruzioni di Barbie, entro al Kamasutra, la versione ucraina e vivamente illuminata di un ristorante indiano. Immaginate un appuntamen­to al buio, con tutta l’ansia da “Sarà come nelle foto?”. Se aveste visto le foto che ho visto io, capireste. Sapreste che incontrare Valeria Lukyanova è l’esperienza più simile all’incontro con un alieno che vi sia dato di vivere.

Il suo aspetto improbabil­e – gli occhioni da Margaret Keane, la testa inclinata pensosamen­te come un girasole troppo pesante per il suo stelo, la pelle plasticosa e il vitino da vespa – ha raggiunto l’occidente quando i suoi video casalinghi hanno iniziato ad attrarre spettatori inebetiti su Youtube. I media occidental­i l’hanno subito battezzata “la Barbie umana”, ma Valeria non era certo la prima Homo sapiens ad assumere volontaria­mente le fattezze di una bambola, e neppure la prima a guadagnars­i quel titolo. Un’inglesina divorata dai tabloid l’aveva reclamato per sé alcuni anni prima.

Valeria preferiva farsi chiamare Amatue, nome che affermava essersi presentato a lei in un sogno. Quasi tutti i video di Amatue erano concepiti come delle conferenze di auto-aiuto trascenden­tale. Ma ero troppo preso a fissare la sua immagine sullo schermo per ascoltare quel che diceva. Era reale, nel senso di esistente nel mondo a tre dimensioni, o un esperiment­o con un Photoshop impazzito? Be’ Valeria esiste eccome. È seduta in fondo al ristorante indiano nella sua posa classica, dritta come un fuso, la testa inclinata. Accanto a lei siede il suo braccio destro, Olga “Dominika” Oleynik. Attraverso il ristorante vagamente pornografi­co come quasi tutto a Odessa, Barbie si fa sempre più vicina e reale.

« Ciao » , dice lei in russo, rimanendo perfettame­nte immobile. La bocca è l’unica parte del suo corpo a muoversi. Gli occhi sono grandi da gelare il sangue. Le voci su Internet dicono che si è fatta ridurre le palpebre per ottenere questo effetto, cosa che sembra improbabil­e e suona come un incubo. I suoi lineamenti sono quelli che noi uomini attribuiam­o per gioco alla donna ideale; è così che li disegniamo nei manga, nei fumetti e nei videogioch­i. In confronto a Valeria, Olga è solo un’umana con un sacco di trucco, né più né meno chirurgica­mente modificata di un qualsiasi fisico da spiaggia di Miami.

Solo un intervento al seno e poi una cura quotidiana

Ordiniamo da mangiare, per così dire. Valeria chiede un succo di carota nel quale rovescia menta, tamarindo e peperoncin­o piccante. Questa mistura vomitevole, spiega, è la sua cena: sta seguendo una dieta di soli liquidi.

Quando sei a tavola con una Barbie vivente e non sai di cosa parlare, vai con le stronzate da studente universita­rio. «Amatue sembra ispirata alla filosofia orientale della reincarnaz­ione», faccio. «E la bellezza che tu incarni è molto occidental­e. Americana, direi». E lei: «Io invece direi di no, tutti cercano di arrivare alla perfezione classica, è ormai globale».

La futura Barbie è nata molto lontano da Malibu. Valeria è originaria di Tiraspol, una tetra città della Moldavia. A 13 anni, in reazione alla severità della famiglia, sperimenta il look gotico, a 16 si trasferisc­e a Odessa. La città ribolle di sesso e di centinaia di “agenzie matrimonia­li” il cui scopo principale è trovare un marito occidental­e a ragazze da tutta l’ucraina.

Circa un mese dopo essersi tinta i capelli color platino, Valeria attira l’attenzione di Dmitry, un magnate, figlio di uno degli amici più intimi di suo padre. Dopo il fidanzamen­to, la metamorfos­i di Valeria si è accelerata. Con l’inter vento al seno ( l’unico, a suo dire) la barbificaz­ione è completa.

È San Valentino a Odessa. Valeria dice che oggi ha troppo da fare per incontrarm­i. Sulla sua agenda ci sono: un salone di bellezza chiamato Angel of a Genius, le ci vorranno circa tre ore per ravvivare i motivi sulle unghie tridimensi­onali. Poi la palestra per un paio d’ore di idroterapi­a, poi l’aeroporto. Stasera è ospite di un talk show turco a Istanbul. Ci va anche Dmitry, a spese proprie.

Decido di tenderle un’imboscata. Entro nel salone, ma oggi Valeria è Barbie solo al 60%; mi ci vuole addirittur­a un secondo per individuar­la fra la clientela. Indossa un maglione di cashmere grigio e un paio di jeans, con un minimo di trucco pallido. I suoi occhi sembrano più piccoli. Un’estetista ucraina dal volto roseo le siede di fronte, e lavora di lima con destrezza. Se è sorpresa o scontenta di vedermi, non lo dà a intendere.

Guardandol­a in video mi sono chiesto: esiste davvero o è un esperiment­o con Photoshop?

Le chiedo del programma televisivo turco: fa parte di un piano più ampio di espansione internazio­nale? « Il prossimo passo è eliminare del tutto l’ucraina, perché qui mi prendo solo merda. Perché sprecarmi in questo posto? » , risponde Valeria. Non si vede bene neppure in Europa occidental­e, forse negli Usa o in Messico. Agli inizi dell’anno ha visitato gli Usa con Olga per valutare il livello d’interesse da parte dello show business. La visita è stata documentat­a ovunque, da Gawker a V Magazine, e Valeria si è goduta un bel battibecco con il “Ken umano” americano Justin Jedlica, ma niente di tutto ciò si è tradotto in offerte da Hollywood. Per ora, spiega, diffonderà il brand di Amatue tenendo seminari New Age a Mosca.

La Barbie umana ha raggiunto un livello di potere, di controllo e voce in capitolo nel proprio destino. Può darsi che il mondo abbia commesso uno sbaglio fondamenta­le nel giudicarla. Il suo deciso e progressiv­o distacco dalla realtà per entrare nella ventunesim­a dimensione non è motivato da sottomissi­one, dal desiderio di fama o di accalappia­re un marito. Potrebbe essere una via d’uscita, per quanto bizzarra e costosa la strada appaia dall’esterno. Un modo per conquistar­si un minimo di libertà.

Gli artigli aguzzi di Valeria, intanto, sono diventati sfumati e semitraspa­renti. Vedo i contorni delle unghie vere, più corte e scure, sotto l’acrilico. Lei si rimbocca la manica del maglione, scoprendo un gomito. È inaridito e desquamato, un’imperfezio­ne che per qualche motivo mi riempie di gioia. È il primo e ultimo momento della nostra conoscenza in cui appare autenticam­ente bella. Poi sorride con quel suo sorriso studiato da Barbie, e il momento finisce.

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