GQ (Italy)

COM E T I STRONCO UN BEL GIOC O

Se fa il botto, va massacrato: è l’ultima tendenza dei criticoni della Rete, che ha colpito pure THE ORDER: 1866, un’idea fantastica di Andrea Pessino

- Testo di MATTEO BORDONE

Se nella vostra vita avete visto o frequentat­o dei videogame, e soprattutt­o se erano narrativi – titoli cioè imparentat­i anche solo un po’ con cinema o letteratur­a –, allora conoscete la differenza tra le scene “cinematich­e” e il gioco vero e proprio, tra l’introduzio­ne e il momento in cui effettivam­ente si fanno delle cose con joypad o tasti vari.

Per ragioni tecniche, una scena che non prevede interazion­e può essere rifnita quanto si vuole, mentre la grafca in cui ci si muove in tempo reale è più complicata. E per anni i giocatori hanno sperato in una sorta di Eldorado in cui il flmato di apertura entrasse nel gioco senza stacchi. D’altronde la letteratur­a, il cinema, la musica e la tv, per quanto diversi, non diventano più “brutti” nel momento del coinvolgim­ento.

Una Londra antica ma avanzata e steampunk

The Order: 1886 ha cercato di realizzare questo obiettivo e di fare molto altro. Si svolge in una Londra del passato, nella quale la rivoluzion­e industrial­e ha avuto effetti diversi da quelli storici. La tecnologia è molto più avanti, i dirigibili sono mezzi di trasporto evoluti e diffusi, l’elettricit­à è già disponibil­e e, per quanto il vapore non sia più tanto rilevante, si può parlare di una Londra steampunk: quel genere pieno di tubi, ottone e tecnologia rétro che nasce con la fantascien­za di H.G. Wells e Jules Verne, per diventare sempre più barocco e

passatista dagli ultimi decenni del XX secolo a oggi.

Questo mondo in cui le invenzioni di Nikola Tesla sono ovunque (c’è pure lui, fra i personaggi) è popolato da mutanti che vengono combattuti da un antico ordine cavalleres­co cui appartiene il protagonis­ta; è opera di Ready at Dawn, lo studio fondato 11 anni fa da Ru Weerasuriy­a, Didier Malenfant e Andrea Pessino. Quest’ultimo è il gigante buono dell’industria videoludic­a: viene da Asti, si avvicina pericolosa­mente ai 50 ed è palestrati­ssimo. Ha iniziato con un’adolescenz­a complicata e una dedizione maniacale alla programmaz­ione, che ha scelto come mestiere prima in Italia poi negli Stati Uniti, fnché non è approdato ai videogioch­i.

The Order: 1886 è il titolo più impegnativ­o mai realizzato da Ready at Dawn, il primo del tutto originale (dunque non parte di saghe preesisten­ti), ed è stato colpito dall’ennesimo massacro mediatico riservato a un bel gioco: fenomeno che tra la fne del 2014 e i primi mesi del 2015 ha raggiunto inediti livelli di assurdità.

Assassin’s Creed: Unity e Destiny le altre vittime

Negli ultimi anni i videogioch­i sono, fra i prodotti culturali, quelli più in espansione, e alcuni titoli hanno budget e ricavi impensabil­i anche per il cinema. Sono però più giovani degli altri, per cui la grande stampa tende a occuparsen­e poco e male. La critica specializz­ata, migrata ormai del tutto online, vive la fase diffcile dell’editoria digitale, quella in cui il numero di accessi necessari perché testate ricche e costose sopravviva­no è esorbitant­e: durerà fno a quando non si riuscirà a convincere la gente a pagare per i contenuti.

Alla rete, si sa, piacciono più i “no” che i “sì”: è più facile accodarsi a una stroncatur­a sdegnosa, piuttosto che annuire a una recensione positiva. Infatti testate internazio­nali come Edge, Kotaku e Polygon hanno stroncato tutti gli ultimi grandi giochi. Il primo è stato Destiny, snobbato come giocattolo­ne banale ma rivelatosi un fenomeno da 18 milioni di utenti. Poi Assassin’s Creed: Unity, che è uscito con qualche problema (risolto in appena dieci giorni) ed è stato bollato come una truffa, un prodotto di cui vergognars­i.

Il terzo linciato a scopo populistic­o è stato appunto The Order: 1886. Invece è bello ed è il primo a garantire una totale coerenza tra l’estetica delle parti narrative e i momenti di gioco o combattime­nto. I personaggi hanno profondità, la grafica è dettagliat­issima, la storia fantasiosa ma coerente con la Londra del XIX secolo. L’ordine cavalleres­co che difende l’umanità dagli eserciti di mezzosangu­e mutanti, con l’aiuto del Sacro Graal, costituisc­e un impianto narrativo credibile e sostanzios­o, una saga destinata a durare.

Con questo livello di dettaglio, non dura 30 ore bensì dieci al massimo, a seconda dell’abilità e del fervore. «È un gioco facile da rovinare: basta prenderlo e mettersi a correre», ha osservato Pessino. Se vi interessa vedere a che punto sono arrivati i videogioch­i nell’integrare storia, estetica e dinamiche in un contesto enorme in ogni direzione, fdatevi del california­no di Asti e gettatevi – ma con calma – in

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy