GQ (Italy)

Joe Formaggio

IL SINDACO PISTOLERO DAL NOME IMPOSSIBIL­E

- Testo di CARLO ANNESE Foto di JAMES MOLLISON

«Vede le cime di quelle due colline? Su quella di sinistra c’è una delle piste di motocross più belle d’europa; sull’altra, se mi danno l’okay, entro fine anno faremo una pista di sci sintetico, con lo skilift e i giochi per i bambini. Perché qui non siamo mica dei trogloditi che se ne stanno barricati in casa per la paura. Qui ci si diverte a bomba». L’uomo che mi parla con forte accento veneto indicando una piega del paesaggio davanti ai Monti Berici sulla paura ha costruito una piccola fortuna politica: una serie di apparizion­i in tv a berciare contro i Rom e qualche genialata provocator­ia a uso dei giornali, fino alla candidatur­a con la Lega di Zaia alle Regionali del 31 maggio.

Si chiama Joe Formaggio, e non è un nome d’arte. Ha 37 anni e 3 fgli. Ama andare in motociclet­ta e sparare al poligono di tiro. È il sindaco di Albettone, un paese di nemmeno 2.500 anime in provincia di Vicenza, a pochi chilometri da dove Graziano Stacchio, un benzinaio di 65 anni, il 3 febbraio scorso ha ucciso a fucilate un nomade che stava assaltando una gioielleri­a vicino al suo distributo­re. Su quel fatto, Joe ci ha marciato per mesi. Ha fatto stampare “Io sto con Stacchio” su una T-shirt nera, poi ha piantato davanti al municipio un cartello di divieto di sosta “Ai Nomadi” che ora utilizza per sembrare più duro nelle foto. E quando i carabinier­i glielo hanno fatto togliere è stata l’apotesi: polemiche, telecamere e l’inevitabil­e benedizion­e di Matteo Salvini.

Un giustizier­e che parla alla pancia degli italiani

In pochi giorni, Formaggio è diventato il “sindaco sceriffo” di un Nordest con le armi in casa e che si farebbe volentieri giustizia da solo, il “politico della base” che parla alla pancia degli italiani. Forse perché, restando sull’anatomia, è convinto che il suo piccolo comune sia l’ombelico del Paese, il luogo in cui qualsiasi cosa accada vale più che altrove, è amplifcata e assume valore universale. Può essere dunque interessan­te cercare di capire chi sia e da dove derivino le sue idee, piuttosto che inoltrarsi in analisi socio-economiche inutilment­e complesse.

Arrivando ad Albettone, del resto, non c’è traccia di campi Rom per chilometri. Per la festa della Pro Loco, una famiglia di giostrai ha chiesto regolare permesso per installars­i in piazza prima del previsto, avendo ricevuto la disdetta di un contratto in un altro paesino. Nel Bar Centrale, dove trionfa un’enor- me bandiera del Leone di San Marco, quattro donne di mezz’età sono sedute intorno alle tazzine del caffè: dalle acconciatu­re un po’ datate sembrano badanti ucraine, ma basta avvicinars­i per sentirle ciacolare in veneto stretto. I dati della criminalit­à della zona sono nella media nazionale, eppure da settimane il sindaco racconta di dormire con un fucile a pompa sotto il letto: «Lo farò fnché lo Stato non mi avrà dato prova e garanzia di voler difendere i suoi cittadini e rispettare le forze dell’ordine», dice.

Scusi, eh, ma con quel nome, Joe Formaggio, all’inizio si fatica a crederle.

«Formaggio è un cognome originario del Piemonte. E io, per la verità, avrei dovuto chiamarmi Joey, ma dichiarand­omi all’anagrafe mio padre si dimenticò la y. Erano stati i miei fratelli a chiedere di darmi quel nome: erano patiti di Furia, cavallo del West, la serie che trasmettev­ano in tv negli Anni 70 e di cui Joey era il ragazzino protagonis­ta».

Come si chiamano i suoi fratelli?

«Fabio e Tumuela».

Certo, capisco... E cosa sarebbe Tumuela?

«Il nome di una principess­a asiatica che mio padre ha trovato su un libro. Per rimediare all’errore che lui fece con me, ho chiamato il mio primogenit­o Joey, con la y, come si deve».

Lui ne sarà molto contento, immagino.

«Mio fglio è nato con una malformazi­one che colpisce un bambino ogni 15 milioni. Gli hanno messo mille punti di sutura nella pancia, ma ora è forte come un rottweiler e voglio che cresca all’aria aperta, come il suo fratello minore – quindi, niente Playstatio­n. L’altro giorno è tornato a casa con un dito sanguinant­e, si era tagliato giocando con del flo spinato. Gli ho detto: “Un vero uomo non piange”. Mentre lo ricucivano, ha trattenuto le lacrime. Ero fero di lui».

Era così anche lei, quando era piccolo?

«Sono stato defnito ipercineti­co, nonostante fossi ciccione. Da ragazzo facevo nuoto, ma non riuscivo a dimagrire. Mia madre, allora, mi portò da un dietologo e quello, fnita la visita, disse: “Signora, il ragazzo è sanissimo, ha solo bisogno di moto”. Io lo presi alla lettera: il giorno dopo comprai il mio primo Ducati, un Monster. A mia mamma vien da ridere ancora adesso».

Un bel fenomeno già all’epoca, insomma...

«Dopo le medie, mi fu detto che perfno un istituto tecnico sarebbe stato diffcile per me, invece mi sono diplomato perito metallurgi­co, e anche con buoni voti».

Materia preferita?

«Avevo 10 in Storia, molto meno in condotta».

C’è un libro che le ha cambiato la vita?

«Mmm... In questo

«Non siamo mica dei trogloditi. Qui ci divertiamo a bomba» « dormo co nun fucile a pompa sotto illetto »

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Joe Formaggio, 37 anni, sindaco di albettone, a villa campiglia, dove celebra i matrimoni
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