GQ (Italy)

UN AMARO SENZA G H I ACC I O

I dati emersi dalla nuova mappatura dei GHIACCIAI ITALIANI danno i brividi: sono il 30% in meno rispetto al 1962. E può solo peggiorare

- Testo di ANGELO PANNOFINO

Quel grande cocktail chiamato Riscaldame­nto globale ci sta lasciando on the rocks. Letteralme­nte: i ghiacciai si ritirano, e a noi rimane la roccia sottostant­e. È questa la foto scattata dal 19° convegno europeo di glaciologi­a ( in particolar­e di quella alpina). Gli studiosi dell’università di Milano, con l’associazio­ne EV-K2-CNR e il sostegno economico di Levissima, hanno presentato un vero e proprio catasto, una mappatura molto dettagliat­a dei cubettoni di ghiaccio che rinfresca(va)no la nostra penisola. La situazione, manco a dirlo, è nera. Ci tocca aggiornare le cartoline del nostro immaginari­o montano: cara Heidi, non solo le caprette ma ora anche i ghiacciai ti fanno “ciao” e si ritirano.

Stiamo svuotando le nostre riserve in casi d’emergenza

Dopo l’ultimo censimento nazionale, che risaliva al 1962, dal nuovo catasto emerge che in Italia i corpi glaciali sono aumentati, dagli 835 del ’62 ai 903 attuali. Sembra una buona notizia ma non lo è, poiché la superfcie complessiv­a è diminuita del 30% (pari a 157 km²): in 50 anni, in pratica, ci siamo giocati un Lago di Como fatto di ghiaccio. A oggi i ghiacciai coprono 369 km ² , quanto il Lago di Garda, per continuare con i paragoni lacustri.

In altre parole: i ghiacciai si stanno frammentan­do e rattrappen­do allo stesso tempo. Ne abbiamo parlato col pr ofessor Claudio Smiraglia, responsabi­le del progetto e professore ordinario di Geografia fsica e Geo- morfologia all’università degli Studi di Milano.

Professore, quali sono le conseguenz­e pratiche di questo scioglimen­to?

«Le conseguenz­e possono essere di tre tipi: paesaggist­iche, idrologich­e e turistiche. Prima di parlarne, però, vorrei sfatare un mito: spesso sento dire “i ghiacciai si ritirano, resteremo senz’acqua”. Non è vero. Alla Pianura Padana, per esempio, forniscono meno di un decimo del fabbisogno idrico. Sono una riserva strategica, questo sì, una sorta di conto in banca d’emergenza a cui attingere in situazioni eccezional­i, come durante l’ondata di caldo del 2003: quell’estate fu proprio l’acqua dei ghiacciai a permettere ai nostri fumi di non prosciugar­si. Dal punto di vista energetico, invece, il peso dei ghiacciai è maggiore: molte delle nostre valli alpine hanno delle dighe che servono a produrre energia idroelettr­ica e, in quel caso, l’acqua dei ghiacciai fornisce circa il 50% del fabbisogno necessario a sostenere le zone limitrofe dell’arco alpino. Ma l’ultima e forse più importante questione riguarda la nostra frequentaz­ione dell’alta montagna: il ghiacciaio è una risorsa turistica e paesaggist­ica importanti­ssima e, quando la gente pensa alle montagne, le immagina bianche e innevate. Ebbene, stiamo assistendo

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