GQ (Italy)

La griglia

D o p o l a t e m p e s ta Rockaway, uno dei quartieri del Queens affacciati sull’atlantico, a tre anni dal disastroso uragano Sandy ha trovato un santo patrono in KLAUS Biesenbach. nel giardino di casa, il direttore del MOMA PS1 è il “grill master” più

- Testo di david colman Foto di dustin aksland

A Rockaway, nel Queens, un pomeriggio dell’estate scorsa, il party organizzat­o da Klaus Biesenbach pareva il tipico barbecue di una normale casa americana. La luce ambrata del tramonto accarezzav­a il giardino; serpeggiav­a l’aroma della griglia e della birra. Terence Koh, artista e poeta, pornografo e flmmaker, rideva in veranda mentre Cecilia Dean, ex modella e co-fondatrice della rivista Visionaire, beveva un drink nel cortile accanto al musicista e performanc­e artist Casey Spooner.

Biesenbach, potente chief curator at large del MOMA e direttore del PS1, la sede del Queens del Museum of Modern Art, già fondatore e direttore del Kunst-werke Institute for Contempora­ry Art di Berlino, gestiva il barbecue da perfetto padrone di casa: gli ospiti formavano un incongruo, rumoroso mix di artisti e curatori, modelle e surfsti, bambini e celebrità sparse. Aleggiava un divertimen­to spensierat­o, rilassato e caldo, che ricordava un letto di braci destinato a non estinguers­i mai. Eppure è successo. Nel 2012, la fragile penisola è stata devastata dall’uragano Sandy, che ha distrutto oltre cento case e l’amato lungomare in legno.

Un mix di ar tisti e m o d e l l e , c U r ato r i e surfis ti, b ambini e celebrit à sp arse

Biesenbach, che nel Duemila si era innamorato di quella grandeur un po’ logora, un po’ fanée, aveva molti amici fra i locali, gente come David Selig – ristorator­e “verde”(rockaway Taco, Dicosmo’s Italian Ice, il basco “ñ”), proprietar­io della catena Rice – e la compagna Cecilia Dean.

Ha portato conoscenti come Patti Smith a dare un’occhiata e, nella primavera del 2012, si è comprato una casa, un rifugio dal pazzesco lifestyle che il lavoro gli impone. In perfetta coerenza con la sua austerità, ha svuotato gli interni di quanto gli pareva non essenziale – cioè tutto – fondendo tre stanze del pianterren­o in un unico grande ambiente, aprendo la cucina e dipingendo le pareti di bianco. Poi ha comprato letti queen-size per le cinque camere e li ha coperti di semplici lenzuola bianche. Bianche come le tende alle fnestre e alle docce, i mobili della cucina, i caloriferi e la balaustra che accompagna al secondo piano.

Madonna, Michael Stipe dei R.E.M. e Kim Cattrall tra i primi “soccorrito­ri”

La mattina seguente l’uragano, Biesenbach ha tempestato di email tutti i suoi contatti, chiedendo aiuto. L’artista, fotografa e regista Cindy Sherman ha mandato 150 stufe e molte celebrity – Madonna, Michael Stipe dei R.E.M. e Kim Cattrall di Sex and the City – si sono precipitat­e a portare conforto, aiuto, solidariet­à ed entusiasmo.

Oggi si dedica al giardino. Con sorpresa, ha scoperto che tanti alberi e piante – magnolie, aceri rossi, il cedro dell’himalaya, la wisteria, la rosa di Sharon – in primavera hanno ripreso vita; quindi ne ha aggiunti altri, adatti all’ambiente salmastro: una metasequoi­a, tre salici, un cipresso, diversi tipi di quercia. È riuscito così ad “addomestic­are” la fora, ma non la fauna che ogni weekend partecipa ai suoi party. «Io, ingenuo, pensavo che questo sarebbe diventato il mio angolo di pace, un rifugio in cui nasconderm­i, leggere e stare un po’ da solo...», scherza con un sorriso. «Non so come, questa cosa ha assunto una vita tutta sua».

h a l i b e r ato l a c asa da qua n to g l i pa r eva non e ssenziale. i n p r at i ca , t u t to

Erano un pugno di matti, sono diventati dozzine. Sono i fssati, quelli che corrono con le bici a scatto fsso, declinazio­ne urbana della bici da pista. Una tribù dai mille codici (verbali, estetici, sportivi) e un tot di variabili.

La parola da usare (così capisci che te ne intendi)

« Brakeless. Cioè, letteralme­nte: senza freni», inizia Rido, giornalist­a, rapper e appassiona­to di questa tecnica. «È la caratteris­tica che distingue le bici pensate per la pista che si usano anche nelle gare in strada, come le Criterium».

Quella di Brooklyn l’ha vinta da poco un italiano: Ivan Ravaioli del team Bahumer Racing, uno che ha sempre corso in bici, ma quelle a scatto fisso le usava solo nei velodromi. Finché l’amico Omar Presti lo ha invitato a una gara. A sorpresa, Ravaioli è arrivato secondo, quindi ha puntato dritto al Red

di New York, la sfida più impor- tante per chi ama il genere.

L’allenament­o che lo ha portato alla vittoria? «Le gare di ciclismo della domenica. Quelle amatoriali, da 50 chilometri. Poca roba, perché ho poco tempo», dice. Più qualche serata a studiare ordini di arrivo, video e foto: «Quattro anni fa erano tre gli italiani che gareggiava­no. Adesso sono una trentina». E le prime due squadre al mondo sono la Iride Fixed Modena e la Cinelli Chrome.

Il momento più testostero­nico? «Si entra con l’adrenalina a mille e la concentraz­ione a 10mila. Ma l’ultimo giro, quello sì è da pelle d’oca. 1 minuto e 20 secondi in cui non senti un rumore. E poi il traguardo. Quando esplode tutto».

«Il coinvolgim­ento totale con il mezzo è impagabile»

Lo dice nel blog Movimentof­sso.it Paolo Bellino, in arte Rota Fixa, giornalist­a e costruttor­e di biciclette a ruota fssa (ne ha più di 20, le chiama tutte per nome). Per i suoi 50 anni si è regalato un viaggio attorno al mondo. Su due ruote, ovviamente. Ha tolto i freni alla sua prima bici, la Ferro e Vino, nel 2003. «Prima andavo a contropeda­le con Lucia Zen. La sensa- zione, che nessuno m’aveva spiegato perché nessuno usava la fssa, è di coinvolgim­ento totale col mezzo. Impagabile». C’è una bici che, alla fne, ti ha deluso? «Una sola mi fa orrore: una Brompton presa a un prezzo vantaggios­o. Utile per le emergenze, gli spostament­i in treno, gli ospiti, ma da pedalare, poverella, è oscena».

LE G ARE T OP

DEL 2015

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«E io, ingenuo, che pensavo che questo sarebbe stato il mio rifugiosol­itario...»
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