La griglia
D o p o l a t e m p e s ta Rockaway, uno dei quartieri del Queens affacciati sull’atlantico, a tre anni dal disastroso uragano Sandy ha trovato un santo patrono in KLAUS Biesenbach. nel giardino di casa, il direttore del MOMA PS1 è il “grill master” più
A Rockaway, nel Queens, un pomeriggio dell’estate scorsa, il party organizzato da Klaus Biesenbach pareva il tipico barbecue di una normale casa americana. La luce ambrata del tramonto accarezzava il giardino; serpeggiava l’aroma della griglia e della birra. Terence Koh, artista e poeta, pornografo e flmmaker, rideva in veranda mentre Cecilia Dean, ex modella e co-fondatrice della rivista Visionaire, beveva un drink nel cortile accanto al musicista e performance artist Casey Spooner.
Biesenbach, potente chief curator at large del MOMA e direttore del PS1, la sede del Queens del Museum of Modern Art, già fondatore e direttore del Kunst-werke Institute for Contemporary Art di Berlino, gestiva il barbecue da perfetto padrone di casa: gli ospiti formavano un incongruo, rumoroso mix di artisti e curatori, modelle e surfsti, bambini e celebrità sparse. Aleggiava un divertimento spensierato, rilassato e caldo, che ricordava un letto di braci destinato a non estinguersi mai. Eppure è successo. Nel 2012, la fragile penisola è stata devastata dall’uragano Sandy, che ha distrutto oltre cento case e l’amato lungomare in legno.
Un mix di ar tisti e m o d e l l e , c U r ato r i e surfis ti, b ambini e celebrit à sp arse
Biesenbach, che nel Duemila si era innamorato di quella grandeur un po’ logora, un po’ fanée, aveva molti amici fra i locali, gente come David Selig – ristoratore “verde”(rockaway Taco, Dicosmo’s Italian Ice, il basco “ñ”), proprietario della catena Rice – e la compagna Cecilia Dean.
Ha portato conoscenti come Patti Smith a dare un’occhiata e, nella primavera del 2012, si è comprato una casa, un rifugio dal pazzesco lifestyle che il lavoro gli impone. In perfetta coerenza con la sua austerità, ha svuotato gli interni di quanto gli pareva non essenziale – cioè tutto – fondendo tre stanze del pianterreno in un unico grande ambiente, aprendo la cucina e dipingendo le pareti di bianco. Poi ha comprato letti queen-size per le cinque camere e li ha coperti di semplici lenzuola bianche. Bianche come le tende alle fnestre e alle docce, i mobili della cucina, i caloriferi e la balaustra che accompagna al secondo piano.
Madonna, Michael Stipe dei R.E.M. e Kim Cattrall tra i primi “soccorritori”
La mattina seguente l’uragano, Biesenbach ha tempestato di email tutti i suoi contatti, chiedendo aiuto. L’artista, fotografa e regista Cindy Sherman ha mandato 150 stufe e molte celebrity – Madonna, Michael Stipe dei R.E.M. e Kim Cattrall di Sex and the City – si sono precipitate a portare conforto, aiuto, solidarietà ed entusiasmo.
Oggi si dedica al giardino. Con sorpresa, ha scoperto che tanti alberi e piante – magnolie, aceri rossi, il cedro dell’himalaya, la wisteria, la rosa di Sharon – in primavera hanno ripreso vita; quindi ne ha aggiunti altri, adatti all’ambiente salmastro: una metasequoia, tre salici, un cipresso, diversi tipi di quercia. È riuscito così ad “addomesticare” la fora, ma non la fauna che ogni weekend partecipa ai suoi party. «Io, ingenuo, pensavo che questo sarebbe diventato il mio angolo di pace, un rifugio in cui nascondermi, leggere e stare un po’ da solo...», scherza con un sorriso. «Non so come, questa cosa ha assunto una vita tutta sua».
h a l i b e r ato l a c asa da qua n to g l i pa r eva non e ssenziale. i n p r at i ca , t u t to
Erano un pugno di matti, sono diventati dozzine. Sono i fssati, quelli che corrono con le bici a scatto fsso, declinazione urbana della bici da pista. Una tribù dai mille codici (verbali, estetici, sportivi) e un tot di variabili.
La parola da usare (così capisci che te ne intendi)
« Brakeless. Cioè, letteralmente: senza freni», inizia Rido, giornalista, rapper e appassionato di questa tecnica. «È la caratteristica che distingue le bici pensate per la pista che si usano anche nelle gare in strada, come le Criterium».
Quella di Brooklyn l’ha vinta da poco un italiano: Ivan Ravaioli del team Bahumer Racing, uno che ha sempre corso in bici, ma quelle a scatto fisso le usava solo nei velodromi. Finché l’amico Omar Presti lo ha invitato a una gara. A sorpresa, Ravaioli è arrivato secondo, quindi ha puntato dritto al Red
di New York, la sfida più impor- tante per chi ama il genere.
L’allenamento che lo ha portato alla vittoria? «Le gare di ciclismo della domenica. Quelle amatoriali, da 50 chilometri. Poca roba, perché ho poco tempo», dice. Più qualche serata a studiare ordini di arrivo, video e foto: «Quattro anni fa erano tre gli italiani che gareggiavano. Adesso sono una trentina». E le prime due squadre al mondo sono la Iride Fixed Modena e la Cinelli Chrome.
Il momento più testosteronico? «Si entra con l’adrenalina a mille e la concentrazione a 10mila. Ma l’ultimo giro, quello sì è da pelle d’oca. 1 minuto e 20 secondi in cui non senti un rumore. E poi il traguardo. Quando esplode tutto».
«Il coinvolgimento totale con il mezzo è impagabile»
Lo dice nel blog Movimentofsso.it Paolo Bellino, in arte Rota Fixa, giornalista e costruttore di biciclette a ruota fssa (ne ha più di 20, le chiama tutte per nome). Per i suoi 50 anni si è regalato un viaggio attorno al mondo. Su due ruote, ovviamente. Ha tolto i freni alla sua prima bici, la Ferro e Vino, nel 2003. «Prima andavo a contropedale con Lucia Zen. La sensa- zione, che nessuno m’aveva spiegato perché nessuno usava la fssa, è di coinvolgimento totale col mezzo. Impagabile». C’è una bici che, alla fne, ti ha deluso? «Una sola mi fa orrore: una Brompton presa a un prezzo vantaggioso. Utile per le emergenze, gli spostamenti in treno, gli ospiti, ma da pedalare, poverella, è oscena».
LE G ARE T OP
DEL 2015