IL QUESTIONARIO DI CHARLES DE GAULLE
lo organizzato, un network di imprenditori sparsi per il mondo che comunica via internet e si occupa, oltre che di K-way, anche di altri sette marchi del gruppo: Kappa, Robe di Kappa, Jesus Jeans, Superga, Anzibesson, Lanzera e Sabelt».
«Nessun restyling, adesso è soprattutto più resistente»
Qualcuno ha detto che il sistema Basicnet ha cambiato il paradigma del mercato dell’abbigliamento.
«I processi di acquisto e di vendita sono sempre gli stessi, la differenza è che adesso sono affidati a circa seicento imprenditori di Paesi diversi, collegati tra loro e alla holding attraverso internet. Una rete di partner che, su licenza, produce o commercializza nel mondo le collezioni disegnate e industrializzate da noi. Quindi, l’unico vero cambiamento di paradigma è stato fatto all’inizio: un grande investimento nella “information technology”. Da noi nessuno usa carta e penna».
Com’è cambiato, invece, il prodotto?
«Non abbiamo fatto nessun restyling, come succede di solito. L’abbiamo solo aggiornato tecnologicamente, rendendolo più consistente, con nuovi tessuti e una maggiore tenuta del colore, mantenendo la classica zip ma facendola più resistente, conservando il logo ma realizzandolo in un materiale che nessun lavaggio riesce a por tar via. Tutto questo è inevitabile che incida sul prezzo».
Come avete festeggi a t o l’anniversario: con una limited edition, un testimonial d’eccezione o cos’altro?
«L’amico Oliviero Toscani dice che, quando uno non ha niente da dire, usa un testimonial. Sono pienamente d’accordo. Il brand è forte di suo, così non abbiamo pensato a nulla di particolare. Una cena speciale tra i dipendenti dell’azienda, la rete mondiale delle vendite e alcuni vecchi amici».
Monsieur Duhamel è stato tra gli invitati?
«Ovvio. Gli abbiamo anche donato una delle prime Fiat Panda K- Way. Dico sempre che il marchio è nato in Francia e resta francese nell’animo. Ma la nostra italianità lo ha valorizzato. Tutto il mondo guarda come ci vestiamo. E se un marchio come questo ha successo qui da noi, può avere visibilità ovunque. La scommessa è utilizzare questo asset tutto italiano per globalizzare il brand che adesso è ancora ai primi vagiti, all’anno zero».
Il mercato più recettivo?
« L’ 80% del fatturato di K-way è tricolore».
Obiettivo per il 2015?
«Le vendite sono arrivate a +41%, e dal 2007 c’è stata ogni anno una crescita a 2 cifre, che è arrivata anche a sfiorare il 50% di crescita annua».
In soldoni?
« Entro il 2015 possiamo raggiungere vendite per 60 milioni di euro».
Il suo gruppo ha rilevato aziende fallite e le ha fatte rinascere. Il prossimo marchio su cui ha messo gli occhi?
«Non vorrà che glielo riveli? A ogni modo, se ce ne sarà un altro, è imprescindibile che abbia una storia seria, intorno alla quale si dovrà ritornare a scrivere come su un foglio bianco».