GQ (Italy)

Mi vesto, dunque sono

Basta un ABITO FORMALE per cambiare la nostra idea del mondo. Lo dicono anche nuove ricerche: una giacca addosso ci fa sentire più forti

- Testo di JOE PINSKER Foto di FRANCESCO BERTOLA Styling di ANDREA PORRO

L’abito non fa il monaco? Chi lo sa. Ma una cosa è cer ta: fa il convento. Nel senso che ciò che indossiamo influenza la nostra percezione del mondo.

Un recente studio scientific­o infatti ha esaminato quanto un abbigliame­nto formale cambi i processi di pensiero delle persone. « Vestire un “completo” ci fa sentire più forti e modifica alla radice la nostra visione del mondo » , sostiene Abraham Rutchick, professore di Psicologia alla California State University di Northridge. Assieme ai suoi co-autori ha scoper to che un look non casual stimola un modo di pensare più aperto, più olistico, meno ristretto e ancorato ai dettagli. Un abito, insomma, incoraggia l’individuo a usare l’astrazione invece dell’analisi pedestre. Un altro studio ha già dimostrato che quando un soggetto veste un camice apparentem­ente da medico, gl i astanti prestano grande attenzione. Non accade lo stesso se ritengono che quel capo appar tenga a un pittore. Ma gli effetti psicologi c i dell’abbigliame­nto sono stati identi- ficati solo in un paio di tipi di reazione del cervello agli stimoli. In ambito lavorativo, il dover indossare un abito formale comporta specifiche implicazio­ni sui processi di astrazione. «Pensateci: uno sgradevole feedback negativo sul luogo di lavoro deprime probabilme­nte in modo più pesante la vostra autostima » , spiega Michael Slepian, professore di Management alla Columbia Business School e co-autore dello studio. I ricercator­i hanno raggiunto queste conclusion­i dopo una serie di esperiment­i condotti sugli studenti del campus. Il primo prevedeva che si presentass­ero senza aver ricevuto indicazion­i sul modo di vestire, che ciascuno giudicasse il livello di formalità del proprio abbigliame­nto. È emerso che la coscienza di essere vestiti in modo non casual aveva una correlazio­ne diretta con la capacità di astrazione del “paziente”. Ma dal momento che, a detta degli studiosi, «gli studenti di questo campus vestono in modo molto sportivo», nel secondo test sono state date loro precise indicazion­i sul tipo di abiti da adottare, per evitare che arrivasser­o in tuta. Sottoposti al test, quanti si erano cambiati come se dovessero affrontare un colloquio di lavoro hanno

P O R TA R E U N COM P L E TO STIMOLA UN

PENSIERO P I Ù A P E R TO

mostrato maggiori capacità di astrazione degli altri cui era stato detto di presentars­i «come se doveste andare a lezione».

«L’abito elegante avrà sempre un grande potere simbolico»

Proprio questo risultato ha consentito di stabilire un nesso di causalità. Ma ciò vale sia per chi si veste ogni giorno in modo formale che per chi lo fa sporadicam­ente? « Non importa la frequenza con cui una persona indossa un completo: quando lo fa, significa che probabilme­nte si trova in un contesto poco intimo e rilassato», spiega Slepian. «Quindi, che accada ogni giorno o solo ai matrimoni, credo che l’effetto sia simile perché quel tipo di abbigliame­nto è vissuto come formale in entrambe le situazioni».

Più il vestire casual diventa la norma in un numero crescente di ambienti di lavoro, più sembra logico ritenere che il “potere simbolico” dell’abito “elegante” dovrebbe via via diminuire. Non secondo Slepian: «Se l’abbigliame­nto formale venisse riservato solo alle situazioni in assoluto più formali, al contrario si potrebbe addirittur­a prevedere un’accentuazi­one di quell’effetto». Poi continua: «Ci vuole molto tempo perché i simboli, e la loro interpreta­zione, cambino: dubito che l’immagine del completo come simbolo del potere svanisca rapidament­e». Invece non esistono ricerche formali – solo aneddoti – su come cambi la visione del mondo per chi indossa un dolcevita nero e un paio di jeans.

Una mostra open air sulle origini dei tessuti di Albini Group, con foto, video e installazi­oni che girano attorno al cotone

haute de gamme.

Per capirne qualcosa di più abbiamo incontrato Jack Sepetjian e Silvio Albini, presidente dell’omonimo gruppo. Per il primo, il segreto del successo di Anto Beverly Hills sta «nella qualità e nella grande offerta di tessuti, oltre 2.500 tipologie diverse».

Secondo Albini risiede invece nella visione comune e nell’aver migliorato, come fornitori della materia prima, il servizio al cliente finale passando dai sarti: «Lavoriamo insieme da tanti anni, l’evoluzione oggi è il servizio su misura Bespoke: tessuti di Thomas Mason (marchio inglese di proprietà di Albini Group, ndr) realizzati ad hoc per le camicie su misura».

«Il segreto? Grande qualità e 2.500 tipologie di tessuto»

Tra le novità anche la possibilit­à di ordinarne una attraverso il sito www.antoshirt.com. «Non c’è bisogno di volare fino a Los Angeles», assicura Sepetjian. «Grazie a 12mila fit diversi, possiamo garantire ai nostri clienti la camicia che desiderano, curando ogni dettaglio». Solo loro la sanno fare così, almeno da quella parte del mondo.

Prezzi? Si parte da 350 euro, ma è così bello pensare che la tua stessa camicia è la preferita di Clint Eastwood.

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