TA N TO V A L E MIRARE AL PA R A D I S O
diversi punti di vista. A mantenerne uno solo mi sembrerebbe di sprecare il potere della scrittura».
Pensi che, nel tuo racconto, Johnny Depp dovrebbe morire?
«Sì. Penso che il finto Johnny Depp dovrebbe lanciarsi con la sua moto, invece che continuare semplicemente a vivere, perché così avrebbe più impatto sul mondo (devo chiarire che non voglio affatto che il vero Johnny Depp muoia lanciandosi con la sua moto)». e cogliere la voce degli altri. Mi ricorda il mio lavoro alla tivù: scrivere per diversi protagonisti e sapere che devono avere voci diverse dalla mia e anche fra loro. Quando ero piccolo la mia serie di libri preferiti era
Encyclopedia Brown.
Raccontava di un bambino aspirante detective che segretamente risolveva i crimini del suo papà poliziotto, non tanto bravo: questo per dire che, però, no, non ho mai voluto fare il ghostwriter del ghostwriter».
The book with no pictures?
«Stavo leggendo una storia al figlio del mio migliore ami- co e ho pensato a come fossi obbligato ad andare avanti con quel racconto, era una sorta di sceneggiatura che ero assolutamente forzato a leggere ad alta voce. Ho pensato anche al fatto che essere obbligati faceva ridere, e che avrebbe fatto ridere i bambini un libro magico che obbligava i genitori a dire cose senza senso e fare versi assurdi. Alla fine ho capito che senza illustrazioni avrebbe avuto ancora più forza».
Di cosa hai paura?
«Di tutto, di niente».
Credi in Dio?
(Lunga pausa) «Sì. Ma ho dovuto pensarci».
Qual è il senso della vita?
«La mia teoria dell’universo è che in realtà sia un progetto artistico realizzato da Dio. Per questo motivo c’è sempre così tanta tristezza e astrazione. Quello che è difficile capire, anche se siamo tutti d’accordo o quasi, è che c’è qualcosa di magico e prezioso in tutto questo. Il nostro lavoro sulla terra consiste proprio nell’interpretare quest’arte, o esperienza, al meglio delle possibilità».
Sei felice?
«Sì».