GQ (Italy)

«UN UOMO CON LE IDEE CHIARE».

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conoscere Wendi. I gli hanno smesso di parlargli. I colleghi hanno fatto di tutto per sminuirla ai suoi occhi. Murdoch stava mettendo in pericolo miliardi. Ma Rupert e Wendi erano aggrappati l’uno all’altra, anche sicamente: carezze, smancerie, lui che corre fra le braccia di lei appena lascia il palco di un meeting annuale. Rupert è uno degli uomini più diviso in compartime­nti che esistano e in quel momento era nel compartime­nto amoroso. La sua vita è diventata quella di Wendi. Una rinascita. O piuttosto un bizzarro, stupefacen­te sequestro di persona.

Il Los Angeles Times ha minacciato di pubblicare un articolo in cui si sosteneva che Wendi aveva una relazione con Chris Dewolfe, allora a capo di Myspace, che Murdoch ha acquistato nel 2005, anche su suggerimen­to della compagna. Gli avvocati dell’azienda hanno sottoposto entrambi a un terzo grado: un’inquisizio­ne umiliante (per ottenere due versioni congruenti della storia) che ha fatto in fretta il giro dell’azienda. Per lui, tuttavia, sarebbe stato peggio ammettere una scon tta nel matrimonio. Molte volte, nel periodo in cui lo intervista­vo per il libro, sembrava fosse entrato in casa un minuto prima del mio arrivo, magari con una ventiquatt­rore con i vestiti per una notte ancora in mano. Lei, decisa a ben gurare nella biogra a di Rupert, insisteva perché intervista­ssi il suo caro amico Tony Blair. Il quale mi ha descritto, per un’intera giornata a Londra, il ruolo decisivo di Wendi nel dramma della famiglia Murdoch.

Se i media sono rimasti sorpresi dalla ne del loro matrimonio, nel 2013, i più intimi lo sono stati dall’ira e dalla determinaz­ione di Rupert. La rottura è avvenuta dopo che, da alcuni mesi, circolavan­o voci di una sua nuova relazione: Murdoch ha chiesto il divorzio all’improvviso, cogliendo Wendi di sorpresa e facendo trapelare nello stesso tempo i dettagli di una relazione che lei aveva avuto con Tony Blair.

Così, a 82 anni, è tornato single e ha iniziato una sorta di inquieta esistenza selvatica, mentre le mogli degli uomini più importanti di Manhattan si impegnavan­o allo spasimo per “sistemarlo” e i gli si dannavano l’anima per in uenzare le sue scelte. A preoccupar­e loro e i collaborat­ori più vicini era anche la presenza di Natalie Ravitz, la giovane donna che il vice presidente di News Corp. Joel Klein aveva nominato capo del personale durante la crisi delle intercetta­zioni. La Ravitz aveva un account Tumblr dal titolo Qui Murdoch (come lui risponde al telefono), n troppo adorante anche per una dipendente: si è licenziata la primavera scorsa, sembra in seguito alle pressioni di James, glio minore di Rupert.

Questo è il genere di romanzo che vogliono oggi i lettori. Amore, trama e tanto sesso. C’è qualcosa di maledettam­ente… conturbant­e nel modo in cui descrivi le scene di sesso che…». Qui la voce gli era cambiata, era calata di un’ottava e aveva preso a bisbigliar­e raccontand­omi i passi più spinti del libro, come se non li avessi scritti io. Arrivò a farmi intendere che quella notte, grazie al mio romanzo, era riuscito addirittur­a a fare una cosetta con sua moglie. A farla breve, mi sono ritrovato con un contratto da rmare. C’è stato, in verità, chi mi ha avvertito di farlo controllar­e a un avvocato. Tra quelle righe scritte piccole piccole erano nascosti mille tranelli, mille gabole con cui l’editore ti lega per sempre, si prende tutti i diritti. Ma io non ho ascoltato nessuno, ho rmato senza atare, temendo che, nonostante l’entusiasmo di Malossi, se avessi provato a contrattar­e mi avrebbero mandato a quel paese. Non era già un grande risultato non dover pagare per essere pubblicato? A me bastava che il mio libro fosse sugli scaffali delle librerie. Mi era suf ciente Non voglio annoiarvi con i dettagli. L’editing è stato veloce. Una ragazza, anzi la voce annoiata di una ragazza, perché io non l’ho mai vista in faccia, mi ha corretto le ripetizion­i, sciolto le frasi più contorte, diviso il romanzo in capitolett­i. La copertina non mi piaceva, ma chi ero io per dare consigli? In basso un culo, sì, un paio di chiappe femminili imitavano il pro lo lontano di due colline e il disco solare, avvolto da bagliori rosati, ci tramontava proprio in mezzo. Il mio titolo era PNEUMA, tutto maiuscolo; il loro era, L’ATTRAZIONE DELLA CARNE. Generosame­nte, mi avevano concesso il maiuscolo. Il giorno in cui il libro è uscito, alle 10 precise, ero davanti alla Feltrinell­i di piazza Argentina. E quando l’ho visto lì, sul tavolo delle novità, in bella vista, accanto al libro di Roth e a quello di Caro glio, per poco non ho avuto un mancamento e non mi sono accasciato sul reparto Fantasy. Avrei voluto urlare: «Quel romanzo l’ho scritto io! Marco Crisostomi sono io! Prendetelo. Vi giuro che è buono. Lì dentro c’è il mio sangue, le mie speranze, il mio futuro. Leggetelo e se non vi piace vi ridò i soldi. Lo giuro». Poi ci furono un paio di settimane di sospension­e. Sembrava che il mondo avesse rallentato il suo moto e quello di tutti i suoi abitanti. Probabilme­nte lo stavano leggendo, ma troppo piano per le mie necessità. Non riuscivo a capire se lo avevano comprato; se da qualche parte della penisola, seduto su un divano, in un treno o nella sala di attesa di un dentista ci fosse un lettore con il mio romanzo stretto tra le mani. E i miei amici? Che diavolo facevano? Perché nessuno mi cercava? Pure mia madre e mio padre non si facevano sentire. Poi, da un giorno all’altro, come se si fossero messi d’accordo, cominciaro­no a chiamare. Sembrava piacere. Mi facevano i compliment­i, eppure non sentivo l’entusiasmo genuino di Malossi. Percepivo nelle loro parole la fatica di organizzar­e una critica positiva. E il sesso li lasciava interdetti. «Bello, bellissimo… Però, glio mio, non mi sarei mai immaginato che avessi queste fantasie. E io che pensavo che fossi ancora un ragazzino. Non mi dire che con la povera Silvietta facevi quelle porcherie. Era una ragazzetta così carina. Adesso capisco perché ti ha lasciato». «Dai mamma, ti prego…» L’unico vero entusiasta, l’unico che gridava al capolavoro, era Adriano Julio (non chiedetemi perché ha due nomi), l’af ttuario di una stanza del mio appartamen­to. Adriano Julio veniva da Catanzaro, studiava all’accademia d’arte drammatica per diventare attore e leggendolo si era commosso. «Sei un maestro, un talento naturale, altro che Verga e De Roberto». Gli unici scrittori che gli avevano fatto leggere a scuola. Mi aveva confessato, senza nessuna vergogna, che si era «segato no alla consunzion­e» leggendo le avventure sessuali di Roberta P. E poi voleva, anzi

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