I MIEI QUADRI PER UN CAVALLO
Se non fosse caduto da cavallo una volta di troppo, oggi Fabrizio Moretti non sarebbe un influencer dell’arte. Invece è nel board del Tefaf di Maastricht, l’appuntamento più importante del calendario internazionale, e in quello del Frieze Masters di Londra; ha tre gallerie ed è a capo della Biennale d’antiquariato di Firenze. E non ha ancora compiuto 40 anni.
Se è arrivato a questo punto, dice, è solo perché era scritto: «Credo nell’astrologia più che al libero arbitrio. Stiamo giocando un gioco che ha già un finale: si tratta solo di farsene una ragione». Eppure un tempo pensava unicamente all’equitazione: «Sono nato settimino, avevo difficoltà a camminare, qualcuno suggerì a mia madre di portarmi in maneggio». Da lì, pensa solo al salto a ostacoli. Gareggia a buon livello, ma il destino cambia le sue carte. All’università si innamora del Rinascimento. Il padre, ex mercante d’arte, lo affida a un amico che lo inizia al brocantage, «una cultura della strada che mi ha insegnato a essere scaltro, necessario in questo ambiente».
Moretti ha 22 anni quando apre la prima galleria, a Firenze. Colleziona contatti e buoni affari. Arriva un nuovo cavallo, sembra sia il momento di una nuova giravolta. Finché cade, e cade male: «Se volevo camminare, dovevo smetterla». Oggi sul comodino tiene un’allegoria del Tempo, un quadro del ’500. Gli ricorda che «tutto è in prestito». Perciò, in attesa di capire dove lo porterà la sua prossima vita, ha creato un centro di ippoterapia per bambini. Un altro modo di restare saldo in sella. _ (Cristina D’antonio)
Tre secondi: niente, un’eternità. Tre secondi per incalzare il tempo e rovesciarlo, per spingerlo più in là. Tre secondi per stringere le mani su una ruota e farla girare più in fretta. Tre secondi per arrivare, forse, alle Olimpiadi di Rio su una carrozzina.
Farhan Hadafo non è un caso umano: è un atleta. Ha diciannove anni, è somalo e vive in Italia da quando ne aveva sette. E sette anni prima, cioè alla sua nascita, i medici dissero ai genitori di Farhan che una malattia molto rara ne avrebbe condizionato l’esistenza. Già dal nome, “artrogriposi multipla congenita”, quell’avversario si presentava in tutta la sua terribile forza. Troppo, per un bambino. Anche per un bambino coraggioso. Ma il tempo ha molta pazienza e viene il giorno in cui qualcosa svolta.
Accadde davanti al televisore, quattro anni fa, quando Farhan Hadafo guardò le gare delle Paralimpiadi di Londra. Lo colpirono la forza e il coraggio di quei ragazzi come lui, e decise che avrebbe provato. Tutti i giorni un autobus lo porta dal quartiere torinese di Mirafiori, quello dell’antica Fiat, fino allo stadio Primo Nebiolo di parco Ruffini, dove sulla pista d’atletica comincia a spingere la carrozzina che gli hanno regalato gli amici della Ashd Novara, società sportiva e Onlus. Un attrezzo pesante ma prezioso. Il primo passo, anche se Farhan non cammina: lui ha le gambe di un bambino piccolo e la presa delle mani non è salda. Nulla di tutto questo basta a fermarlo, anche perché non è solo. Lo aiuta un allenatore amico, Manuele Lambiase, che gli insegna come si corre e capisce che quel ragazzo è uno scrigno di potenza e volontà. Avanti, dunque. Tutti i santi giorni.
Il cronometro è una sfida perenne: 20”70 sui cento metri, cioè tre secondi in più del tempo necessario per Rio. Tanti, pochissimi. E Farhan non molla. Il quotidiano La Stampa gli paga metà della nuova carrozzina, più leggera e adatta alle gare, attraverso “Specchio dei Tempi”. E il suo amico Manuele continua a darsi da fare, scrive al Comitato olimpico somalo che neppure risponde ma non importa: le uniche battaglie degne di essere combattute sono quelle difficili. Manuele avvia le pratiche per la richiesta di cittadinanza e racconta la storia di Farhan senza pietismo: cronaca e realtà sono più che sufficienti per una causa giusta. E siccome l’italia è un posto migliore di quanto si penserebbe, gli aiuti arrivano. Le Officine Ortopediche dell’ospedale torinese Maria Adelaide progettano per il corridore somalo un nuovo tipo di guanti che gli per-