GQ (Italy)

Italiani Maiuscoli SENZA UNA SCIVOLATA

D I G I OVANNI MONTANARO

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Un melone gonfio, rosso di tintura di iodio. E tutt’intorno, per più di trenta centimetri, delle graffette punzonate, che paiono quelle di un cartolaio. Ecco com’è ridotto il suo ginocchio. Non sembra neanche più una gamba; magra, sottile, pare un terzo braccio. A SaintÉtien­ne i medici parlano francese, ma gli fanno capire che è andato tutto bene, per come poteva andare. Camminare, tornerà a camminare. Correre, calciare, chissà. Adesso non esageriamo. Le finestre degli ospedali sono sempre uguali, mostrano il cielo, gli alberi, il passato e il futuro. Ti dicono sempre che sei lontano da tutto. Roberto Baggio guarda fuori. Pare trascorsa un’eternità, ma è solo che la sua vita è successa all’improvviso. Diciotto anni compiuti a febbraio, le labbra spesse di Andreina, con cui già pensa di sposarsi per sempre, dodici gol nel campionato di C1, la promozione vicina, le nazionali giovanili e la Fiorentina che lo ha comprato per 2,7 miliardi di lire. E poi l’erba del Menti, la gente che inneggia dalle tribune, la maglia biancoross­a del Vicenza, i dribbling, i capelli ricci che fanno impazzire le ragazzine. È che è venuto quel 5 maggio 1985. Quarto minuto. Sotto porta. Un cross, lui che calcia, il vantaggio sul Rimini di Arrigo Sacchi e la possibilit­à di distanziar­e il Piacenza, avversario per la serie B. Ottavo minuto. Centrocamp­o. Un avversario con la palla, lui va in scivolata, non la intercetta, un passaggio, e Roberto si butta di nuovo, vuole il pallone tra i piedi, ma sente subito il ginocchio che si piega all’indietro; come una lama che ci entra dentro. Rottura del crociato anteriore e del legamento collateral­e. Rottura della capsula e del menisco. Le finestre degli ospedali sono brutte a prescinder­e. Ma Baggio preferisce guardare quelle che il suo ginocchio da Alien. Come dargli torto? Aveva due gambe forti come un toro, ma agili, troppo veloci per gli altri. Adesso non riesce a tenerle distese. «Mamma, uccidimi». «Non fare lo scemo. Tornerai più forte di prima». Che cos’è che fa grande un uomo? Talento, fede, fatica. E delle donne intelligen­ti intorno. Baggio ritornerà a giocare dopo un anno e mezzo. Sì, non farà più scivolate in vita sua, ma gli servirà a poco; qualche giorno dopo il debutto con la Fiorentina, subirà un altro infortunio al menisco. Fuori tutta un’altra stagione. È che niente, ormai, può fermarlo. Quello è il suo ginocchio, non ne avrà altri. Gli farà sempre male. Non gli impedirà di diventare il più forte. Dovrà mentire agli allenatori, che non lo farebbero giocare. Dovrà tacere nelle interviste, per impedire che gli avversari si approfitti­no di quella fragilità. Dovrà allenarsi più degli altri. Soffrirà anche nella partita più importante, la finale dei Mondiali. Dirà che il dolore è stato un’amante fedele, discreta, insaziabil­e. Chi l’ha visto giocare, ha sempre saputo che la felicità che ha dato, tutta quella gioia che faceva col pallone veniva da qualcos’altro, aveva una profondità diversa. Tutti dicono che, senza quel ginocchio malconcio, Baggio sarebbe stato più grande. Io credo, invece, che sia vero il contrario.

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