GQ (Italy)

Ora il progetto è di espandere N E L MO N D O Il Pellicano con altri, nuovi Pellicano magari in AME R I C A O I N E U RO PA .

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Loren o di Marisa Berenson, e le vele color vinaccia di Gianni Agnelli che va a trovare la sorella, che sarà sindaco di Monte Argentario, le ville intorno dove sta Jacqueline Kennedy con Gore Vidal, e più in là la principess­a Margaret e i reali deposti di Grecia, e Greta Garbo che fa il bagno nuda. E Bing Crosby, Britt Ekland, i Maharani di tutte le Indie. Ma tutti in shorts, lì per non farsi vedere. «Una notte c’è un chiasso in nito, gente un po’ alticcia che festeggia. Un ospite di Los Angeles continua a chiamare il portiere di notte per lamentarsi», mi racconta Sciò. «“Fateli smettere!”, dice. Finché il portiere, timidament­e, gli confessa che si tratta della regina Giuliana d’olanda. “Fateli continuare, allora”».

Oggi, ancora, al Pellicano scendono tutti, sportivi, attori, designer, giornalist­i, vignettist­i, collezioni­sti, nanzieri, le attrici che si registrano con il nome del danzato per discrezion­e. Il quaranta per cento degli ospiti ritorna, alcuni vengono ininterrot­tamente da cinquant’anni. Anche Sciò, dal primo anno che ci ha messo piede, non è mai mancato. E nel 1974 ha comprato la villa dove stava Charlie Chaplin: «Non ho trattato sul prezzo». In quel periodo, però, gli affari non vanno bene: «I Graham pensavano di stare in India, non in Toscana». E Patricia si ammala. E così un giorno Sciò riceve la telefonata di un avvocato che gli chiede se conosce un investitor­e per un albergo a Porto Ercole. È proprio Il Pellicano. Sciò non dorme la notte, e quando si sveglia corre da Graham: «Ho trovato il compratore. Io». Non è un investimen­to, è un desiderio; vuole che nessuno distrugga l’incanto. Col tempo, quel luogo protetto diventa un modo di fare hôtellerie. Nel 1994 Sciò, a quasi sessant’anni, lascia ogni altro business e va a studiare negli Stati Uniti alla Cornell University.

Oggi, vicino alla piscina d’acqua salata, lungo i gradini e le corde, nelle feste sotto le stelle, c’è la glia, Marie-louise. Anche lei pensava di non occuparsen­e, una carriera avviata dagli studi alla Rhode Island School of Design. È che poi il padre le chiede se può rifare due bagni. E presto, all’inizio del Nuovo Millennio, si decide di ristruttur­are tutto, e tocca a lei parlare con gli architetti, che le propongono stile provenzale, o total white, o tutto acciaio. No, non va bene. Marie-louise decide di seguirlo lei direttamen­te, di farlo come se lo ricordava, quando da bambina si nascondeva tra i cespugli per vedere le donne vestite Missoni o Valentino. Lo vuole così; estivo, leggero. C’è un altro hotel di famiglia, La Posta Vecchia, e c’è il progetto di espandere il Pellicano nel mondo, con altri Pellicano in America o in Europa, c’è il lavoro di ristorazio­ne con il gourmet e il Pelligrill, la boutique. C’è, soprattutt­o, quell’anima che resiste al tempo, una radice. Perché qui “Pellicano” o “Pellicanos­o” sono come un aggettivo, di acque limpide e asciugaman­i bianchi e gialli, di dvd di Fellini e Pelican Martini, racchette da tennis e colori dei ori. E si sente, come qualcosa di chi c’è stato, un’eleganza, una vita, di chi qui ha portato le sue gioie, i suoi amori, qualche tristezza e il cocktail giusto. E poi c’è qualcosa in più. Capalbio e Ansedonia, in lontananza, il Telegrafo alle spalle. Tutto che scende verso questo Tirreno grande, tutto che lo guarda. Certe volte, così, non sai come, ti sembra che ci sei solo tu e il mare, e niente importa più.

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