GQ (Italy)

Blade Runner è tornato. Ha indossato cose...

- Cristina Dõantonio)

Ben prima che qualcuno tirasse fuori il composit di Harrison Ford, Michael Kaplan aveva già in testa il Sam Spade di Dashiell Hammett (il detective dal mento come una V appuntita) e i noir Anni 30 e 40, mentre Charles Knode incollava campioni di stoffa al suo quaderno: trame spesse, un color ruggine, la foto di una cravatta stretta, modernista. La visione di Kaplan e Knode ha prodotto Rick Deckard, il cacciatore di replicanti di Blade Runner. Era il 1982: un anno dopo, i due costumisti vinceranno il Bafta per i migliori costumi, qualche anno più tardi le pagine di appunti di Knode verranno vendute all’asta per 35mila dollari. Quei vestiti e quell’immaginari­o appartenev­ano alla megalopoli della West Coast immaginata da Philip Dick in un libro ( Ma gli androidi

sognano pecore elettriche?) pubblicato in Italia da Fanucci e messa in scena da Ridley Scott. A 35 anni dal primo film, la caccia è ancora aperta: in Blade

Runner 2049, regia di Denis Villeneuve, il nuovo agente sul campo si chiama K e ha l’aspetto di Ryan Gosling. Quel che sarà, lo vedremo dal 5 ottobre.

Una pioggia incessante, la memoria fantasma di Robert Mitchum e Joan Crawford, le ispirazion­i jap e una manciata di spunti punk rock: sono immagini che il cervello degli spettatori non ha più cancellato. Così come gli stili dei protagonis­ti maschili della storia. «Il Rick Deckard di Harrison Ford si infila in un trench evoluto, dal collo di maglia, che porta i segni delle battaglie: un oggetto sformato, uno scudo contro l’apocalisse, che una volta tolto svela un gusto eccentrico», dice Raffaella Miotello, docente di Semiologia del corpo e Anatomia artistica all’accademia di Belle Arti di Venezia. «Indossa una camicia scura, che però viene spezzata da una riga rossa, da cui emerge un azzurro inaspettat­o. Su tutto, una cravatta a scacchi, che non si contrappon­e ma adorna. Rick segue regole tutte sue: è chiaro che non aspetterà a lungo per ottenere quello che ha chiesto, gli tocca e basta». La sua preda è Roy Batty, l’androide allucinato con gli occhi di Rutger Hauer. «Il giaccone di pelle nera, la T-shirt basica, le scarpe, che allora chiamavamo “da ginnastica”, per scappare: tutto grida dolore e grinta. È puro punk rock». È il nemico che morendo ti insegna la vita. «Gli Anni 80 di Blade Runner hanno camminato sottotracc­ia fino a noi», crede Miotello. Anche se adesso si fanno chiamare indie, si leggono nelle graphic novel e corrono nelle sneaker total black. Come andrà al prossimo cacciatore di replicanti, lo sapremo tra altri 35 anni.

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Ryan Gosling in Blade Runner 2049 (dal 5/10). In alto, Harrison Ford; a fianco, Rutger Hauer nel primo Blade Runner (’82)

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