Sono come tutti
Si è tatuato la terra su un braccio per ricordare di tenerci i piedi sopra. A 19 anni, malgrado milio nidi follower, SHAWN MENDES è lontano dal cliché della popstar alternativa degli Anni 70 e 80: «Non mi sembra una brutta cosa essere come la maggior part
Shawn Mendes ha 19 anni e sta crescendo in pubblico, com’è inevitabile se si è una popstar con più di 23 milioni di follower su Instagram. Quando ci incontriamo, mi racconta che è appena andato a vivere da solo, evento epocale per qualsiasi adolescente, ma com’è che non c’è traccia di tutto questo nei suoi social? «In realtà non c’è molto da far vedere. Ho traslocato quattro giorni fa, ho portato solo un divano, la tv, un materasso e un tappeto che aveva quintali di polvere. Uno stress, tocca passare lo swiffer tre volte al giorno. Ho rivalutato la fatica che mia mamma deve aver fatto in tutti questi anni per tenere pulita la casa. Forse dovrei andare ad abbracciarla forte per questo». Solo una popstar diciannovenne può essere così involontariamente snob da farti sapere con nonchalance che è lui, e non una colf qualunque, a spolverare in casa.
L’armani Hotel dove ci incontriamo è assediato dalle fan accampate davanti all’ingresso. Al bar dell’albergo gli adulti sono perplessi. «Chi stanno aspettando?». Attendono un ragazzo canadese che a 15 anni ha fatto milioni di view postando cover di canzoni su Vine, ed è stato lanciato da un tormentone ( Stitches) e due album ( Handwritten e Illuminate), ballate pop che aspirano a essere intimiste e mainstream. Poi concerti sold out, un tour con Taylor Swift, definizioni come «il migliore prodotto pop canadese da esportazione dopo Justin Bieber», o « The
«Ci ho pensato un sacco, per molti giorni. È più giusto stare zitto? O è meglio rispondere? Alla fine ho deciso di smentire le chiacchiere. NON SONO GAY e l’ho voluto dire per sottolineare quanto tutto ciò non abbia alcuna importanza»
Real Deal » secondo le influencer di Teen Vogue. E ora è anche testimonial degli smartwatch touchscreen di Emporio Armani, per cui ha sfilato all’ultimo Milano Moda Uomo. Gli si illuminano gli occhi quando parla dell’incontro con Giorgio Armani: «Era la prima volta in assoluto che partecipavo a un fashion show e lui è stato fantastico, ci siamo incontrati e mi ha mostrato il posto e spiegato tutto. È incredibile come riesca a guidare un’azienda di quelle dimensioni e a curare ogni minimo dettaglio».
In comune con lo stilista ha la passione per le Tshirt nere. «Questa che porto addosso ce l’ho da quattro anni, ormai è sbiadita ma non la voglio buttare. Mia mamma mi prende in giro: “Sei pieno di abiti stupendi e continui a metterti magliette da cinque dollari”. Ne ho tantissime prese ai concerti, quella con Eddie Vedder è la mia preferita». Alle dita ha un paio di anelli: «Purtroppo non più quello di mio nonno. Ci tenevo moltissimo, era quello dei suoi 25 anni di nozze, temo di averlo perso sul pullman durante la tournée. Spero lo ritrovino. A mia nonna però non l’ho ancora detto… Per ora l’ho sostituito con questo verde, preso in Giappone».
Sta viaggiando molto, il ragazzo. Il tour mondiale di Illuminate, passato da Milano a maggio, andrà avanti fino a dicembre attraverso Stati Uniti e Canada, Australia, Cina e Thailandia. «Stavolta mi sono preso il tempo non solo di lavorare, ma di godermi la situazione, vedere altri concerti quando possibile, guardarmi intorno. Il posto che mi ha sorpreso di più è stata Amsterdam: sembra quasi finta da quanto è bella. Non sono stato nei coffee shop a fumare, però posso dirle tutto su quello che ho mangiato a un fantastico Food Festival». I tempi cambiano, le superstar millennials non giocano più col maledettismo. «Millennial lei lo intende in senso positivo o negativo?», mi chiede Shawn, sulla difensiva, «perché è una parola che non mi piace… Siamo solo un’altra generazione, già ne sta avanzando una che sarà più in gamba. Mia sorella Aaliyah a 12 anni, anzi no scusi, a 13 anni è molto più sveglia di quanto non fossi io a 15».
Parliamo allora di modelli, quelli con cui è cresciuto. John Mayer, cantautore e chitarrista americano, ombroso, cresciuto a blues e country. E poi c’è Justin Timberlake: «Sono molto diversi tra loro, Timberlake è più elegante, Mayer è più il tipo da tatuaggi, collane e sciarpe. Io mi sento a metà strada fra loro. Se parliamo di stile, amo come vestivano i teddy boys, le camicie, le giacche con i risvolti in velluto, i pantaloni a sigaretta, sapevano come essere cool anche venendo dai quartieri più miserabili».
A proposito di Justin: da canadese, chi ama di più, Bieber o il premier Trudeau? Ride: «È vero, siamo pieni di Justin! Ho avuto modo di incontrare il primo ministro di recente; non riuscivo a crederci, lui era così calmo e rilassato. Sono entrato nella stanza e mi sono sentito subito a mio agio. Prima faceva l’insegnante, forse è per questo che ha il carisma della persona qualunque con cui puoi parlare. Anch’io mi sento così: un ragazzo normale, con una carriera per niente normale». Cosa intende per normale? «Non mi sembra una brutta cosa essere come la maggior parte della gente. Allo stesso modo, essere diversi non significa necessariamente fare il contrario di quello che fanno gli altri. Piuttosto, credere in se stessi. Tanti hanno talento ma se ne stanno chiusi in una bolla perché non ci credono».
La sua bolla in compenso è assediata da milioni di fan. «Li amo tutti, ci sono ragazze che vedo così spesso ai concerti, agli eventi, che sono diventate facce familiari, siamo praticamente amici. E poi hanno deciso loro il mio tatuaggio, lo sa? Attraverso Twitter. È questo ( me lo mostra): una lampadina come simbolo di Illuminate, il blu che è il colore del tour, i fiori sono orchidee, le preferite di mia madre, e la terra perché è importante restare coi piedi per terra». È il secondo che ha fatto, sullo stesso braccio più in basso ne ha un altro con la silhouette di una chitarra «che in realtà è anche il riflesso sull’acqua dello skyline di Toronto, qui c’è la Cien Tower, vede? Ed è pure la riproduzione grafica dell’onda sonora dei miei genitori e di mia sorella che dicono “I love youó ».
Shawn è figlio di un businessman portoghese emigrato a Toronto e di un’agente immobiliare inglese, non ha un’infanzia tormentata su cui scrivere canzoni, ma la saggezza di dire che «questa è un’arte che va imparata con molto lavoro: a volte sei là che butti giù delle melodie ma pensi di non aver nulla da cantarci sopra, e invece le storie arrivano. È come in amore, dipende dalla tua capacità di metterti in ascolto. Al momento non ho una fidanzata, la ragazza giusta non l’ho ancora trovata, per cui posso mettere tutta la mia energia nel lavoro». Perché ha sentito il bisogno di dichiarare, con un video su Snapchat, di non essere gay? «La mia frustrazione non era legata alle chiacchiere e alle insinuazioni sul fatto di esserlo o meno; mi sembra assurdo che alla gente gliene debba importare qualcosa. Sul serio, fa qualche differenza? Ci ho pensato un sacco, per giorni. È più giusto stare zitto? O è meglio rispondere? Alla fine ho deciso di parlare. Non sono gay e l’ho voluto dire proprio per sottolineare quanto tutto ciò non abbia alcuna importanza». È difficile crescere in pubblico. «Già. Ma devo concedere a me stesso anche la possibilità di sbagliare, provare, sentirmi bene se faccio la cosa giusta, sapere come sto anche quando sbaglio. Altrimenti, dove diavolo la troverò l’ispirazione per le mie canzoni?».