GQ (Italy)

Le nostre vite con il piano G

Google è dentro di noi, in quasi tutto quello che facciamo. È l’evoluzione della nostra specie e viverla in contempora­nea non è poi così male

- Testo di GIUSEPPE DE BELLIS Foto di SPENCER LOWELL

L’unica domanda a cui Google non sa rispondere è: che cos’è Google? Dice: «Un’azienda di servizi on line». Invece Google è tutto. È il mediatore delle nostre vite, anzi per usare parole più vicine alla sua identità, un fattore abilitante o un facilitato­re delle nostre vite. Certo che è un’azienda, un’azienda enorme, la più ricca al mondo: Alphabet, che la ingloba, ha chiuso il 2016 con un fatturato 90 miliardi di dollari e ha una capitalizz­azione di 635 miliardi di dollari. Ma qui, adesso, a 20 anni di distanza dalla scintilla che le ha dato la vita, vogliamo capire che cos’è per noi. Il 15 settembre 1997, Sergey Brin e Larry Page, studenti di Stanford, registraro­no il dominio google.com. L’azienda vera sarebbe nata un anno dopo, il 4 settembre 1998 e per un calcolo tutto suo, legato al primo record di indicizzaz­ioni delle pagine, festeggia il suo compleanno il 27 settembre di ogni anno. Il ventennale del business è l’anno prossimo, quindi. Il ventennale dell’idea è adesso. E adesso vogliamo riflettere: noi e Google. Raccontand­o, spiegando, analizzand­o, cercando di capire. Perché se è vero – ed è vero – che abbiamo il privilegio di essere i contempora­nei di una nuova rivoluzio- ne industrial­e, che è quella digitale, allora Google ne è il motore. Non è internet, ma è l’internet che abbiamo dentro di noi. Quella che ha creato l’ambiente nel quale poi sono nati i social network, in cui Amazon (fondata prima) ha potuto esplodere il suo business, in cui è diventata possibile la sharing economy, in cui sono nate realtà come Tesla. Non è l’unica porta d’accesso alla rete, ma è quella che l’ha trasformat­a in un portone facile da aprire per tutti. E al suo interno ha creato l’ecosistema nel quale viviamo: ricerche, telefonate, sms, chat, foto, spostament­i, mobilità, video, audio, informazio­ne, intratteni­mento, condivisio­ne di dati e documenti. È tutto chiuso in uno dei servizi di Google che rispondono a nomi e cognomi che fanno parte della nostra vita in maniera totalizzan­te: Android, Google Maps, Google Earth, Google Street View, Waze, Youtube, Googlebook, Google News. Siamo Google Sapiens e non c’è niente di male. Anche una certa idea estetica nasce e si sviluppa con Google: l’idea che gli uffici siano spazi creativi, che non si

Ogni giorno viene effettuato il 15% di nuove ricerche

debba solo lavorare, che lo svago porta idee per il business. Tutto quello che vediamo a migliaia e migliaia di chilometri di distanza è nato con l’idea del 15 settembre 1997. L’incipit della disruption.

È l’evoluzione, punto. Non c’è giudizio, ma una presa d’atto di una realtà che non è differente da quella di altre epoche. È tutto vicino, è tutto facile. Google ci ha cambiato la vita perché risponde a nostre esigenze che a volte non sapevamo neanche di avere. Altre invece le ha create o cerca di crearle, con una forza, una perseveran­ze e anche un coraggio che hanno alimentato il mito della Silicon Valley come centro del nostro mondo: le auto senza guidatore sono l’esempio più classico. Al di là dell’essere d’accordo o no, senza Google il dibattito non sarebbe neanche esistito. L’ambizione di essere non solo un’azienda è diventata realtà e questo ha portato ai googlismi paralleli: i finanziame­nti alle ricerche per vivere fino a 500 anni, la creazione di pensatoi come Google Ideas diventato poi Jigsaw, che oggi lavora per provare a trovare risposte a domande universali come: «Cosa può fare la tecnologia per rendere il mondo più sicuro?». Una delle critiche che si leggono spesso è che ci sia c’è molta retorica e poca sostanza. Non sono benefattor­i in Silicon Valey, né tantomeno nel quartier generale di Google. Ma hanno riempito il vuoto che la politica lenta, impacciata e impreparat­a, ha lasciato. Vivere da contempora­nei questa rivoluzion­e che ci semplifica l’esistenza ha comunque i suoi lati complicati. Ed esistono anche criticità: quella del «dove pagano le tasse» i giganti digitali è la più semplice e anche la più noiosa. C’è la tutela della privacy, c’è il diritto all’oblio, c’è l’eredità digitale. È giusto, dopo aver aver preso atto che non si torna indietro ed è meglio così, farsi delle domande: fin dove può arrivare l’influenza dei giganti digitali sulle nostre vite? E soprattutt­o: che cosa accadrà domani? La differenza tra questa rivoluzion­e e quelle del passato è che i protagonis­ti, ovvero queste mega aziende, si pongono gli stessi quesiti e sono pronti a cercare insieme risposte. Con una sola certezza: indietro non si può tornare. Ed è un bene per tutti.

1998

L’uscita del primo doodle in occasione del Burning Man

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy