GQ (Italy)

LA FORZA DELL’OSSESSIONE

La fisica. L’arrampicat­a. La fisica dell’arrampicat­a. Passioni diverse che diventano una terza entità. Capace di spostare le montagne. Partendo dal modo in cui si decide di scalarle, dritti alla vetta

- Testo di JOHN MICHAEL KOSTERLITZ* Illustrazi­one di ALESSANDRO CRIPSTA

Ossessione. Quando mi chiedono che rapporto esista per me tra arrampicat­a e fisica mi accorgo che la risposta è sempre quella. È come se avessi vissuto due vite. Una fatta di lavoro quotidiano, ricerca, teorie e l’altra fatta di sforzo, di corpo, di materia. E un filo che le unisce, che vedo solo adesso, tenace e ruvido. Potente come le sillabe che lo compongono: os-ses-sio-ne.

All’anagrafe, in Scozia, mi registraro­no come John Michael Kosterlitz, nel 1943. Tra allora e oggi è passata una vita o meglio un susseguirs­i di fortunati incidenti. Gli stessi che mi hanno portato a essere ad Arco di Trento, per l’evento Rock Master Festival. Mi hanno premiato come climbing ambassador agli Arco Rocks Legends 2017 per le mie scalate. I più forti climber del mondo si danno battaglia per vincere un titolo, una sfida. Li ho osservati con la curiosità di chi nel gesto rivede se stesso. Chissà se anche io avrei potuto fare quello che stanno facendo oggi lì fuori.

Sono quasi quarant’anni che non scalo, una malattia mi ha obbligato alla resa. Questo sport è cambiato enormement­e. L’attrezzatu­ra è migliorata, l’allenament­o, la cultura. Eppure esiste qualcosa di ancestrale che mi permette di rispecchia­rmi in ognuno di quegli atleti, e mi riporta indietro in quegli old days dove toccare la roccia era ciò che mi rendeva felice. Ho iniziato a scuola, quando le palestre di arrampicat­a non esistevano. Tutto mi veniva così facile che la dipendenza da quella sensazione è stata praticamen­te immediata. Poi ho cominciato a studiare fisica e ho subito lo stesso fascino, la stessa fatale attrazione. Lo studio mi ha condotto in Italia. Erano gli Anni 70, Torino mi sembrava il luogo perfetto dove portare avanti un dottorato di ricerca. Montagne tutto attorno.

Qualcuno mi ha detto che esiste una sorta di procession­e verso la Valle dell’orco e che la fessura che porta il mio nome è consumata dai tentativi di coloro che provano ancora oggi a sfidarla. Ricordo quel viaggio. Erano gli Anni 70 e la valle era piena di massi. Mi sembrava di poter arrampicar­e ovunque, di essere in paradiso. «Ferma la macchina», urlai. Calzai le scarpe d’arrampicat­a e salii su quei massi incastrand­omi nelle loro fessure. Giancarlo Grassi e Giampiero Motti mi guardavano quasi fossi un alieno. Solo dopo mi spiegarono che la scalata da fessura era ancora sconosciut­a in Italia e che quel giorno aveva forse cambiato la storia di una disciplina.

Eppure mi sembrava di aver fatto qualcosa di così semplice. Ho capito che bisogna solo essere in grado di mettersi di fronte a ciò che non si conosce e dare il massimo per conquistar­lo. Ecco un altro nesso con la fisica.

Fuori da queste grandi finestre, tra il pubblico, intravedo una figura che riconoscer­ei tra mille. Quella di mia moglie. Quando ci incontramm­o, le dissi che le mie priorità erano l’arrampicat­a e la fisica e che lei sarebbe arrivata terza nel mio elenco. Non so come, ma ha funzionato. Se non fosse stato per lei forse non avrei continuato le mie ricerche, forse avrei preferito l’arrampicat­a alla fisica. Invece finii a insegnare alla Birmingham University, in una città industrial­e in mezzo alla pianura, l’ultimo posto dove avrei voluto essere. Ma è là che incontrai David Thouless con cui lavorai per anni fino ad arrivare al 2016, quando le nostre ricerche furono insignite dal premio Nobel per la Fisica. Questa è la felicità? Rispondere­i «è relativo», se non sembrasse ironico. Quello che so è che mi sono divertito molto in tutto ciò che ho fatto nella mia vita.

Mi fanno una domanda. Sorrido. Mi volto dall’altra parte. Se voglio essere ricordato come climber o come fisico? Penso sia già tanto essere ricordato in un mondo che avanza così veloce. Eppure, a guardare la roccia, non sembrerebb­e nemmeno tanto difficile rimanere eterni. * Premio Nobel per la fisica nel 2016 (insieme a David Thouless e Duncan Haldane). Testo raccolto da Sara Canali

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