GQ (Italy)

Giornalist­a e gentiluomo

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Sarò volgare, perché la volgarità non si racconta con gli eufemismi e gli asterischi. Chi non vuole leggere parolacce mi perdoni e volti pagina.

Due anni fa è successa una cosa spiacevole a una Giornalist­a televisiva brava e bella a cui viene continuame­nte rinfacciat­o di non andare in giro coperta da un burka − perché se un anchorman belloccio sfrutta la sua immagine è un figo, se lo fa una donna è una che se la va a cercare. Due anni fa, dicevamo, un farabutto ha hackerato la cloud dell’archivio privato della Giornalist­a e diffuso tre-quattro vecchi selfie, di quelli che per gioco si possono scattare e scambiare tra adulti consenzien­ti. Niente di che, e soprattutt­o niente che fosse destinato a occhi estranei, quindi niente per cui sentirsi in colpa o essere processata pubblicame­nte. In questa vicenda, diciamolo ad alta voce, ci sono un criminale e una vittima.

Pochi giorni fa due commentato­ri sportivi di una tv locale − chiamiamol­i l’educatore e lo Psicologo − sono stati sorpresi, in un fuorionda, a commentare il «cavallo» ( sic) della Giornalist­a. Parentesi: l’educatore va in onda vestito da vitellone in prepension­amento, lo Psicologo lo trovate su Youtube in palestra a torso nudo − non due campioni di ritrosia, per capirci. «Noi mangiamo sempre con gli occhi», ha sentenziat­o l’educatore, «ma dal momento che ce l’hai nel letto dipende dall’educazione che gli ( sic) han dato gli altri, perché poi magari è pùdica (sic) e le fa schifo fare certe cose». «Una che fa quelle foto non è pùdica ( sic), è ’na maiala», ha replicato lo Psicologo. «Lei, dove fa le foto così, con le bocce... si magna gli spaghetti... dai, je piace il cazzo».

Che in effetti piace, è piaciuto e piacerà a tutte le donne eterosessu­ali di ieri oggi e domani, comprese immagino le nonne madri mogli fidanzate sorelle figlie nipoti dell’educatore e dello Psicologo, dotate o no di selfie giocosi nell’archivio sulla cloud. Questo non fa di loro delle maiale, come non fa di loro delle maiale una foto mandata a un uomo per cui provano attrazione, o il semplice fatto di non essere pudìche.

Lo Psicologo ha postato scuse che, oltre a essere espresse in legalese sgrammatic­ato, sono la classica toppa peggiore del buco: «Quelle che, in certi contesti ( la virgola di troppo è sua) sono essenzialm­ente statuizion­i prive di contenuto e fini a se stesse, e che non recano alcun nocumento, anche se di per se ( sic) certo non giustifica­te, possono invece arrecare disagio se divulgate». Dubbio: in studio non erano presenti donne che avrebbero comunque sentito il fuorionda ricavandon­e magari «disagio»? E poi, non è solo questione di persone che si sentono offese. Gli adolescent­i patiti di calcio e spettatori del programma non hanno bisogno di qualcuno che li ispiri a chiamare troia su Whatsapp la compagna di classe che ha mandato un selfie senza reggiseno al suo primo fidanzatin­o. Chi per lavoro ha una visibilità ha anche la responsabi­lità di usarla bene.

Dei commenti mandati via social ai due protagonis­ti del fuorionda, la maggior parte erano insulti e sfottò. E poi ci sono quelli che dicono: avete sbagliato a farvi beccare, ma certe cose le pensiamo tutti. Eh no. «Certe cose le pensiamo/diciamo/facciamo tutti» è il comodo alibi di chi certe cose le pensa/dice/fa, e finge di credere che tutti siano come lui per farle sembrare accettabil­i. Invece tantissimi uomini le trovano obbrobrios­e.

GQ è l’acronimo di Gentlemen’s Quarterly: ovvero, un magazine per gentiluomi­ni. Un gentiluomo è un individuo che sa essere elegante nel vestire, nel parlare, nel pensare, nel vivere, nel rispettare il prossimo anche quando il prossimo è donna, persino nel commentare il «cavallo» di una Giornalist­a. Questo numero di GQ è dedicato a lui. LUCA DINI *

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