Il debutto italiano della Formula E
La corsa di Roma «diventerà leggenda». Parola dell’inventore del campionato, Alejandro Agag
Ex enfant prodige della politica, collaboratore storico del presidente spagnolo José Maria Aznar, Alejandro Agag, 47 anni, è il fondatore della Formula E, il campionato “elettrico” che per la quarta edizione sbarca per la prima volta in Italia, a Roma, il 14 aprile.
È vero che la Formula E è nata per caso? Quasi. Ero a cena con Jean Todt, si discuteva del futuro dell’automobile e lui disse: ci vorrebbe un campionato elettrico. Gli risposi di getto: «Lo faccio io». Presi qualche appunto su un tovagliolo di carta, il ristorante l’ha incorniciato.
Perché ha lasciato la politica? Per sposare mia moglie, Ana Aznar. Suo padre era il premier, ho dovuto fare una scelta: lei o la carriera. Oggi, dopo 15 anni e quattro figli, ne sono ancora felice. Abitiamo a Richmond, Ana insegna psicologia all’università, guidiamo un’auto elettrica. L’unico problema è che io viaggio tanto. Troppo.
Lei ha affermato che entro 40 anni quella elettrica sarà l’unica categoria del Motorsport.... L’unica in relazione all’industria dell’automobile. Le altre competizioni diventeranno storiche.
Debuttate a Roma con un circuito (all’eur) tra i più lunghi del campionato: 2,7 chilometri. Una bellissima prova, mi rammarico solo di non avere più posti, 15 mila in tribuna e 15 mila nella Nuvola, praticamente esauriti.
I due piloti italiani, Luca Filippi e Edoardo Mortara, non attraversano una grande stagione. Mortara ha quasi vinto una tappa. Credo che entrambi abbiano comunque buone possibilità.
Quanto conta il pilota in Formula E? Un terzo. Un altro terzo la squadra e uno la macchina. La differenza sta nella gestione della batteria: il pilota deve sapere quando spingere o risparmiare energia, ci vuole grande intelligenza strategica.
Gli spalti abbondano di celebrities. Quest’anno abbiamo provato a mettere una macchina da gara in mano a Orlando Bloom e a Chris Hemsworth, ma sono finiti tutti e due fuori strada. Leo Dicaprio invece non ha voluto guidare. A Marrakech però ha osato un giro al fianco di Lucas Di Grassi che ha fatto volare gli specchietti. L’ho visto urlare.
Al polso lei ha un TAG Heuer Monaco, come Steve Mcqueen nel cult Le 24 Ore di Le Mans. La Formula E potrà mai creare un mito così? Credo di sì. I miti ce li consegna la storia, e noi la stiamo facendo: le prime gare a Roma, Zurigo, Pechino diventeranno leggenda. _ (Elisabetta Colangelo)