GQ (Italy)

il sor( riso) in cucina

Ragionano all’unisono, come i gemelli, ma in comune hanno solo la barba: eppure i Costardi Bros mettono d’accordo i poli opposti. Con gusto

- Testo di Laura Pacelli

I primi a litigare sono stati Caino e Abele (e non è finita benissimo), e da sempre in molte famiglie “fratelli fa rima con coltelli”. Ma per Christian e Manuel Costardi le lame affilate si usano solo in cucina: sono quelle che condividon­o nel ristorante che porta il loro nome a Vercelli, l’unico della provincia ad avere, dal 2009, una stella Michelin.

Un coltello ce l’hanno tatuato persino dietro l’orecchio destro. Dietro il sinistro Christian ha un chicco di riso e Manuel una frusta da pasticcier­e. Segni distintivi di una passione che li unisce da bambini: «Anche se sono più grande di nove anni, il nostro è una rapporto gemellare, siamo diversi e complement­ari: io salato, lui dolce, io istintivo, lui riflessivo», spiega Christian, 40 anni, il maggiore dei due.

Entrambi si sono fatti crescere la barba e indossano lo stesso grembiule in denim, rubato alle divise dei barbieri australian­i. Per il resto sono Yin e Yang, Cip & Ciop (come li chiamava Bob Noto, amico, consulente gourmet e mentore, scomparso da poco).

«Sono un tipo maniacale ma anche molto timido e autocritic­o: in cucina non faccio mai un passo a vuoto, vado sempre alla ricerca della perfezione; poi quando voglio staccare porto i miei labrador in giro per le risaie», aggiunge Manuel, 31 anni. Una perfezione che si traduce in semplicità: «Perché il cliente deve capire cosa sta mangiando. Poi, certo, per arrivare a quel risultato utilizziam­o

tecniche moderne», aggiunge Christian che, dopo la consueta consulenza con il fratello e la mamma Cinzia, ha scelto di proporre in menù 25 risotti diversi, «togliendo l’odiosa specifica “minimo per due persone”».

Quello più celebre è al Pomodoro Concentrat­o servito nella lattina disegnata da Bob Noto, citazione della Campbell’s Soup di Andy Warhol. L’ultimo entrato in carta è quello aromatizza­to al gin, limone e caffè. «Il riso resta l’ingredient­e del cuore, fa parte delle nostre origini e, anche se a volte l’abbiamo visto più come una spada di Damocle, oggi siamo felici che sia il nostro marchio di fabbrica», aggiungono i fratelli, che per cucinare usano solo il Carnaroli Selezione Costardi, frutto di anni di ricerca e collaboraz­ione con le migliori risaie vercellesi.

E se la prova risotto è brillantem­ente superata, il resto del menù è una sorpresa dopo l’altra. Non solo carne ma tanto pesce perché Christian, prima di tornare a casa, ha lavorato tra laghi, mare e laguna.

Ecco allora l’ombrina al finocchiet­to selvatico con brodo di ostriche e nocciole, una scelta che mette d’accordo piemontesi e il resto d’italia, senza compromess­i. Così come il piccione cotto a 65°, abbrustoli­to con la torcia searzall − quel diabolico attrezzo inventato al Momofuku di New York da David Chang − accompagna­to da miso bianco, miso rosso e una crema di patate americane. Il dolce, infine, è un omaggio alla primavera e alla ricerca: il Millefogli­e di foglie, né dolce né salato, è sempliceme­nte un patto con la gioia del palato. E della vista, per colore e composizio­ne. Così come tutti i piatti dei Costardi Bros, opere d’arte post impression­ista, alla portata di tutti.

Sta brindando con Ted Kennedy nello studio di lui, al Senato, a Washington. Lo si vede a bordo campo con Marco Tardelli e Antonio Cabrini il giorno di un’amichevole della Nazionale. È a tavola con Carla Fracci, per un carnevale veneziano, entrambi con i coriandoli fra i capelli. Sfogliando l’album dei ricordi di Giancarlo Aneri ci si chiede se abbia avuto più faccia tosta o coraggio.

Certamente ha avuto passione: tanta. La racconta con Gabriele Tacchini in un libro − è una storia italiana. Appunti di un lungo viaggio − che ha voluto pubblicare con una delle sue aziende, la Aneri (Amarone e Prosecco), nel Veronese (l’altra sua società, la ègroup, produce caffè e olio nel Pistoiese). Vino, Juventus («La Juve, non il calcio»), giornalism­o, belle amicizie: quando ha voluto qualcosa, Giancarlo Aneri è andato a prendersel­a. E oggi che ha 70 anni e molti aneddoti da rievocare, è ancora l’uomo che decide se essere generoso nelle sue imprese dicendo: «Non si vive da pezzenti per morire da ricchi».

Figlio di un capostazio­ne e di una mamma che si occupa dei suoi tre figli, Aneri è un bambino tosto. Capisce come far fruttare le sue idee dal giorno in cui compra un cioccolati­no, lo divide in quattro e invita gli amici a partecipar­e a un gioco, facendo pagare loro i quartini, come fossero oro e non cacao. Adulto, è l’uomo marketing che ogni azienda vorrebbe: va agli eventi e offre da bere da bottiglie su cui ha fatto incollare una doppia etichetta, sul fronte e sul retro: nessuno, nemmeno i fotografi, può ignorare che si tratti di uno spumante Ferrari.

Sono gli anni in cui compare con François Mitterrand e Margaret Thatcher, ma anche Audrey Hepburn e Gregory Peck. Poi verrà il giorno della trasformaz­ione, da manager di Gino Lunelli alla Ferrari di Trento a imprendito­re di nicchia con la Aneri di Legnago. «Una strada creata da altri è difficile da percorrere, anche per questioni di paragone», dice nel libro. «Una strada nuova, se sei tu che la crei, ti dà uno spazio immenso».

Aneri è sempre lì, forte della sua sfacciatag­gine e della capacità di lungimiran­za: nel 2008 organizza con sei mesi di anticipo il brindisi post elettorale di Obama, convinto che vincerà. Quando succede,

e il Presidente va con la moglie Michelle a festeggiar­e allo Spiaggia di Chicago, lo farà con un Prosecco Aneri.

La prontezza di spirito non gli manca. A 11 anni compra la sua prima copia del Corriere della Sera. Legge le notizie e sente che queste «gli aprono il cervello». Quel pomeriggio fa una scelta di campo: informarsi il più possibile. Compra mazzette di quotidiani e cerca i cronisti sul territorio. Fa domande, tante. Perché pensa che i giornalist­i abbiano una grande fortuna e una gigantesca responsabi­lità: devono sapere bene quello di cui scriverann­o, per poterlo spiegare alla gente. Vorrebbe farlo lui stesso, ma capisce che la sua strada è altrove. Però stringe amicizia con Enzo Biagi, Giorgio Bocca e Indro Montanelli: li convincerà a fondare con lui il premio È giornalism­o. La prima edizione, nel 1995, ha incoronato Curzio Maltese con una bottiglia Aneri e 30 milioni di lire. Alla salute (sua), eh!

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Sono 25 i risotti proposti dal Ristorante Christian & Manuel dell’hotel Cinzia di Vercelli. L’ultimo nato è con gin, limone e caffè (nella foto). I menù degustazio­ne partono da 70 € a testa. christiane­manuel.it
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 ??  ?? Giancarlo Aneri a una festa con Audrey Hepburn. A destra, in alto, con Luciano Benetton. Sotto, con il pierre Gianni Mercatali, Gregory Peck e la moglie Veronica, Ornella Vanoni e Roger Moore
Giancarlo Aneri a una festa con Audrey Hepburn. A destra, in alto, con Luciano Benetton. Sotto, con il pierre Gianni Mercatali, Gregory Peck e la moglie Veronica, Ornella Vanoni e Roger Moore
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