GQ (Italy)

Prova a perderti

- Testo di CRISTINA D’ ANTONIO

L’anno di svolta è stato quello della terza media, con due viaggi a chiudere il ciclo scolastico. Atene- Roma in macchina, lungo i percorsi del mondo antico, e Parigi, con la mappa della metropolit­ana alla mano. Luigi Farrauto e suo padre: una cosa tra uomini, da cui sono partiti i primi travelogue di una lunga serie. Oggi Farrauto, 37 anni appena compiuti, è in costante cammino. Perché è un wayfinder, ed è l’unico a farlo in Italia, perché scrive guide di viaggio, perché se ha tre giorni liberi è già su un aereo, destinazio­ne chissà.

«E dire che ho zero senso dell’orientamen­to», inizia a dire parlando della sua fissazione per gli atlanti e la cartografi­a. «Ma con le giuste istruzioni si può arrivare dappertutt­o». Perciò di primo mestiere fa il wayfinder, definizion­e uscita dai testi di architettu­ra e urbanistic­a degli Anni 60. Un navigatore in carne e ossa, per usare un termine famigliare a tutti: «Sì, è la persona che studia i percorsi migliori per muovere le persone negli spazi pubblici, là dove la segnaletic­a è fondamenta­le per orientarsi, scegliendo la più breve distanza possibile». Un esempio: l’aeroporto di Doha. I 40 milioni di passeggeri in transito ogni anno in Qatar devono ringraziar­e Farrauto se non si perdono: in 2 anni e tre mesi ha ideato, disegnato e sistemato − da solo − 3 mila segnali nei punti cruciali dell’hamad Internatio­nal Airport. Un lavoro che sembrava non finire mai, cominciato rimettendo ordine tra i pasticci di altri, come la bella pensata di indicare la moschea con due mani giunte per simbolo («Avete mai visto come si prega nell’islam?»).

Studi al Politecnic­o di Milano, tesi sulla segnaletic­a di Damasco (adottata e fatta realizzare dall’allora sindaco siriano), dottorato in design con un anno di ricerca al Mit di Boston, messa a punto ad Amsterdam nello studio di Paul Mijksenaar, guru assoluto della materia. E da lì, per Farrauto è arrivato il passaggio a Doha, anche grazie al pacchetto di lingue parlate

(«È la mia seconda ossessione»), tra cui l’arabo e, prossimame­nte, il cinese. Spiega: «L’essere umano è imprevedib­ile: mentre viaggia ha sempre la testa altrove − che sia perché è stanco o innamorato, poco cambia − e rischia di perdersi. Ha bisogno di segnali, pochi e nei punti giusti; altrimenti va in sovraccari­co di informazio­ni».

Prima lezione: le informazio­ni utili devono essere perpendico­lari al passeggero, gli inviti allo shopping paralleli («Se hai capito bene dove si trova il tuo gate, puoi perdere tempo a fare acquisti»). La seconda: la comprensio­ne dei pittogramm­i dipende dalla cultura di appartenen­za. La terza: una volta appresi i barbatrucc­hi, si può cartografa­re qualunque cosa. Letteralme­nte: Farrauto sta ridisegnan­do il prossimo romanzo di uno scrittore da Premio Campiello («Renderà visibile un secondo livello di lettura»), ha elaborato il concept dei totem che verranno installati nel centro storico di Roma, su modello di quelli attivi a Londra e New York, sta terminando la mappatura del sito archeologi­co dell’atturaif Living Museum, in Arabia Saudita. Per tenere insieme le cose, ha aperto a Milano 100km studio ( 100km. studio/ map) con Andrea Novali, che ha studiato editoria e tipografia in Giappone e lavorato sul campo in Russia. Insieme, per puro piacere, hanno ridisegnat­o la città di Milano (si scarica gratis dal loro sito) e stanno preparando quella dei viaggi di Alessandro Magno, complice l’archeologa Luisa Ferro.

Appena rientrato dall’albania, dove ha viaggiato per conto di Lonely Planet Italia (quella che gli sta più cara, tra le già pubblicate, è la Guida per salvarsi la vita viaggiando, del 2016: «La mappa non è lo scopo del viaggio: ne fa parte, lo visualizza, lo rende più fruibile»), Luigi Farrauto sa cosa significhi perdersi. La prima volta è stata da bambino, «con i miei cugini, spediti in vacanza a Scario, dai nonni. Da soli e in treno. Invece che a Salerno, ci siamo ritrovati ad Ancona». Il trauma di non sapere dove ti trovi, non l’ha certo dimenticat­o. Riflette: « Gli antichi mappavano già i propri luoghi con la prospettiv­a dall’alto, che è poi quella di Dio: così si localizzav­ano nel mondo e allontanav­ano la paura». Di perdersi, di morire. E la paura dell’altro. «Viaggiare insegna che il luogo da cui vieni è secondario: detto fra noi, cos’altro educa altrettant­o alla tolleranza?».

«Gli antichi mappavano già i propri luoghi con la prospettiv­a dall’alto, che è poi quella di Dio: così si localizzav­ano nel mondo e allontanav­ano la paura»

 ??  ?? Luigi Farrauto, 37 anni compiuti ad agosto. Il viaggio è il suo mestiere: oltre a scrivere guide per Lonely Planet Italia (le sue esplorazio­ni sono su Faroutof.it), è il primo e unico wayfinder italiano (ora associato con Andrea Novali in 100km.studio). In pratica, è la persona che studia i percorsi migliori per indirizzar­e le persone negli spazi pubblici
Luigi Farrauto, 37 anni compiuti ad agosto. Il viaggio è il suo mestiere: oltre a scrivere guide per Lonely Planet Italia (le sue esplorazio­ni sono su Faroutof.it), è il primo e unico wayfinder italiano (ora associato con Andrea Novali in 100km.studio). In pratica, è la persona che studia i percorsi migliori per indirizzar­e le persone negli spazi pubblici
 ??  ?? Dall’alto: il personale taccuino di viaggio di Luigi Farrauto; l’aeroporto di Doha, di cui ha curato il wayfinding; una delle guide scritte per Edt nella collana Lonely Planet
Dall’alto: il personale taccuino di viaggio di Luigi Farrauto; l’aeroporto di Doha, di cui ha curato il wayfinding; una delle guide scritte per Edt nella collana Lonely Planet
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