GQ (Italy)

Ci vestiremo (di nuovo) bene

- Testo di PAOLA MONTANARO

Ognuno ha la propria inclinazio­ne: Piero Piazzi, oggi a capo dell’agenzia Women Management, sa scovare la bellezza nell’imperfezio­ne. Lo ha fatto per trent’anni: ha visto nel futuro di Kate Moss, Marpessa, Naomi Campbell, Valeria Mazza, Beatrice Borromeo, Linda Evangelist­a, Carla Bruni, Monica Bellucci, Mariacarla Boscono. E ha visto bene.

Piazzi aveva 17 anni quando si è allontanat­o da Bologna per Milano. «Ci sono arrivato per caso e per caso sono stato fermato da Beatrice Traissac, che allora guidava la migliore agenzia di modelli». Un classico. «Ho accettato l’ingaggio e intanto ho finito la scuola, mi sono iscritto all’università, ho iniziato a viaggiare. Tantissimo. Fino a trasferirm­i a New York, per quattro anni di intenso lavoro con gli stilisti del momento e i più grandi fotografi: Richard Avedon, Herb Ritts, David Bailey». E poi? «Poi ho lasciato: quando arrivi al punto più alto è il momento di cambiare strada. Beatrice mi aveva proposto di lanciare il reparto donna dell’agenzia, e così ho fatto». Il resto è storia: la direzione della Riccardo Gay, poi di Women Management, di Elite World, oggi la presidenza Worldwide di Women Management. Piero Piazzi è l’agente di modelle più conosciuto in Italia. E anche se oggi il ruolo è cambiato, resta al fianco delle ragazze: «In caso di bisogno, io ci sono. In questo mestiere l’ambiente di lavoro deve essere come una grande famiglia».

Il settore, nel frattempo, è cambiato. «Internet ha stravolto ogni cosa. Modelle e agenti non si incontrano più. Fanno tutto via mail. Un tempo c’erano le riunioni, ci si parlava tantissimo. Oggi ci sono i social media, e chi è in questo ambiente non può esimersi: bisogna postare, essere protagonis­ti delle proprie stories, altrimenti non si esiste. Ma i rapporti umani vanno creati e nutriti, sennò non funziona».

Ci sono regole per gli uomini che aspirano a diventare modelli? «Una, soprattutt­o: capire subito che in questo campo si guadagna meno delle donne. “Perché?”, mi si chiede. “E perché”, rispondo, “i calciatori sono milionari e le calciatric­i no?”. Così va questo mondo, l’unico in cui le donne hanno finanziari­amente la meglio». Ai suoi, Piazzi spiega un’altra verità. «Per fare la differenza,

l’uomo non deve seguire la moda, ma avere stile. E lo stile non è in vendita: è nell’attitudine, in un gesto, negli sguardi, nel modo in cui si cammina, ci si siede, si fuma una sigaretta. Penso a Colin Firth, a Jeremy Irons. Per fare il modello, invece, un uomo deve essere bello. Punto. Non serve molto altro. E qui penso a Helmut Berger». E l’obiettivo, adesso, qual è? «Capire com’è cambiato il mercato. Con le sfilate si guadagna poco, bisogna puntare sui look book e sull’e-commerce».

Le passerelle con soli uomini sono ormai poche. Maschi e femmine condividon­o sempre più spesso la scena. «È innanzitut­to una questione di costi: alle aziende conviene concentrar­li in un unico contesto. Ma non credo che le sfilate spariranno: un tempo erano un evento aspirazion­ale, una magia per pochi fortunati; oggi hanno una natura più democratic­a, con una base allargata dallo streaming, con le blogger in prima fila».

Nostalgia dei vecchi tempi? «Più che altro, prendo nota. Ricordo le campagne di Coveri, di Oliviero Toscani degli Anni 80: gli uomini avevano un’immagine sana, erano allegri, trasmettev­ano qualcosa. Oggi sono pallidi, con i visi aguzzi. Le fotografie di moda mancano di emozione. Si cerca la perfezione a tutti i costi, ma il mondo non è mai perfetto. Chiariamo: io non ho rimpianti. Guardo avanti, non indietro: le cose si evolvono e va accettato, questo me lo ha insegnato Franca Sozzani. Però l’italia ha perso molto del proprio sistema moda. Succede perché è stato venduto quasi tutto agli stranieri. Difendiamo chi resta, invece di criticare: Dolce&gabbana sono tra i pochissimi che hanno sempre sfilato in Italia e che danno un senso, un profumo, del nostro Paese all’estero. Ci sono loro, Armani, Prada, e pochi altri: questo sì mi rattrista, come il fatto che sulle etichette c’è il brand ma non più lo stilista, anche se Pierpaolo Piccioli, per esempio, sta facendo un lavoro meraviglio­so con Valentino».

Come si fa un buon lavoro? «Partendo dall’archivio. Da lì bisogna cominciare: il codice genetico di una maison va fatto crescere. Troppo spesso nella moda si procede solo per provocazio­ni, per esibizione. Io non amo l’eccesso, sono per una moda mettibile, indossabil­e, che renda migliore l’uomo: grazie al cielo c’è anche un ritorno al sartoriale, ai tagli puliti, ai tessuti pregiati, alle cose fatte per i signori maschi».

«Gli uomini delle campagne erano allegri, avevano l’aspetto sano. Oggi sono pallidi, con i visi aguzzi. Si cerca la perfezione a tutti i costi, ma il mondo non è perfetto»

 ??  ?? Piero Piazzi, 55 anni, il più noto talent scout italiano di modelle, è presidente Worldwide di Women Management, fondata a New York nel 1988. L’agenzia, che ha sedi anche a Parigi e a Milano, rappresent­a alcune delle più note top internazio­nali come Carmen Kass, Eva Riccobono, Izabel Goulart e Isabeli Fontana. Piazzi lavora nel settore della moda da trent’anni
Piero Piazzi, 55 anni, il più noto talent scout italiano di modelle, è presidente Worldwide di Women Management, fondata a New York nel 1988. L’agenzia, che ha sedi anche a Parigi e a Milano, rappresent­a alcune delle più note top internazio­nali come Carmen Kass, Eva Riccobono, Izabel Goulart e Isabeli Fontana. Piazzi lavora nel settore della moda da trent’anni
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy