CAMMINA, PREGA, AMA (IN FAMIGLIA)
Andy Serkis è un genio del cinema. Ma è in montagna che trova se stesso. E infatti con i suoi affetti più cari...
Quando va in vacanza Andy Serkis fa sul serio. Inglese di nascita, figura di spicco dell’entertainment che guarda lontano, è attore, regista, produttore e, con la sua società, la Imaginarium Production, è uno dei cervelli più innovativi nella performance capture, e cioè la trasformazione di un essere umano in altro, come Christian Bale che diventa l’orso Baloo in Mowgli. Serkis era in Italia per la Lake Como
Film Nights, il festival di cinema di Villa Erba, a Cernobbio, prima di tornare a occuparsi del suo prossimo film come regista, il cinecomic hollywoodiano Venom 2 (ottobre 2020). Ma la parte più avventurosa della sua vita, dice, riguarda la montagna.
L’inizio della sua passione è una bella storia, che parte davvero da lontano. Comincia un giorno, in metropolitana, con me bambino di sette anni: avevo in mano un libro di John Hunt, The Ascent of Everest, sulla spedizione che nel 1953 lo portò sull’everest con Edmund Hillary e lo Sherpa Tenzing Norgay. Leggere di quell’impresa è stato come essere colpito da un fulmine: da allora, il desiderio di arrampicare si è impossessato di me. A 13 anni ho fondato a scuola un club di alpinismo amatoriale, a 16 mi sono unito a una missione della British Exploring Society in Islanda; un’occasione unica, che mi ha permesso di mappare con i militari la calotta glaciale e i suoi mutamenti.
Oggi ha 55 anni. Fin dove si è spinto? Dove la montagna mi ha chiamato: negli anni dell’università, nel Lancashire, ho esplorato il Lake District, nel Nord ovest dell’inghilterra; lì le arrampicate sono straordinarie. Poi è stato il momento delle Alpi: nel 1996 sono andato sul Cervino, da solo, passando dal versante del
Matterhorn. E poi ci sono state le esplorazioni durante le riprese de Il signore degli anelli, in Nuova Zelanda. L’unica fase di stop coincide con la nascita dei figli: quando erano piccoli sembrava troppo pericoloso. Ma abbiamo ripreso alla grande.
E infatti: l’ultimo viaggio del clan Serkis al completo è stato in Nepal, fino al campo base dell’everest.
Un’occasione unica per stare in famiglia: io, mia moglie Lorraine e i nostri figli Sonny e Louis, 19 e 15 anni. Per farlo ci siamo allenati per diversi mesi: superare i 5.000 metri non è un gioco. Nemmeno per me che faccio sport da sempre, vado in bici e a sciare.
Qual è stato il vostro percorso?
Siamo rimasti il più possibile sulle tracce di Edmund Hillary: in 17 giorni di cammino da Katmandu verso il parco nazionale di Sagarmatha, facendo tappa a Phakding Namche e Pheriche, nei templi buddisti, lungo i laghi, per arrivare, appunto, a 5.364 metri.
Il trekking non è stato solo una bella vacanza: avete sostenuto anche una causa importante.
Quella di Best Beginnings (bestbeginnings.org.
uk), un’associazione che abbiamo conosciuto 10 anni fa grazie a un amico. È una charity che si occupa di dare le stesse chance di crescita ai bambini, anche a quelli inglesi: persino nel Primo mondo si può nascere in famiglie con forti difficoltà, senza accesso ai diritti basilari. Parliamo di tre milioni di famiglie aiutate dal 2006 a oggi.
Ha documentato la spedizione con una serie di fotografie, raccolte in Because It’s There, mostra allestita alla Leica Gallery, a Londra.
«Because It’s There» è una frase di George Mallory, che arriverà sull’everest 30 anni dopo Hillary: si riferisce ai motivi che ci spingono a rischiare la pelle, pur di arrivare a certe altezze. A me interessava mettere l’accento sugli sherpa, i compagni di viaggio di chiunque si spinga così lontano. Il loro lavoro è guardare la morte in faccia e salvare la vita di chi non appartiene a quelle terre. In più, si trovano sempre più spesso a fronteggiare le cosiddette spedizioni commerciali: gruppi di turisti senza arte né parte, ai quali il governo cinese concede i permessi di transito in cambio di bei soldi. Avete presente le lunghe code che costringono centinaia di alpinisti a passare ore fermi, al gelo, in attesa di proseguire con la salita o la discesa?
Che cosa ha scoperto di sé, invece?
Il fatto che pur non essendo io un credente, e non lo sono mai stato, in quei luoghi selvaggi trovo ogni volta una mia spiritualità. Parlo di una connessione data dalla natura: sento di essere più felice di quanto capiti mentre faccio cinema, che pure amo. La montagna per me è casa, definitivamente.